di Giordano Casiraghi
In un libro tutto quello che un nostro giornalista è riuscito a realizzare in una città alquanto complicata come New York. Franco Schipani ha dato alle stampe “Senza vizi è una vita di merda” (Baldini + Castoldi, 345 pagg. 20€), lui che ha vissuto oltreoceano per una quarantina d’anni, incontrando tantissimi artisti. Schipani era già a NY l’8 dicembre del 1980 quando venne assassinato John Lennon. Un episodio che ancora oggi gli risulta difficile da commentare.
Di certo ci ha saputo fare Schipani e leggendo il libro fa intendere, a noi che non c’eravamo, quanto fosse facile e naturale trovarsi al momento giusto nel posto giusto. Potevano farlo tutti allora? Non credo proprio, e ci si accorge dalle risposte che Schipani ci ha inviato. Da New York? No, dall’Italia dove ha presentato il libro cominciando dalla sua Calabria, e con il nuovo anno lo vedremo in azione a Napoli, Roma e in altre città dove porterà in visione anche il concerto inedito degli U2 da lui girato al Ritz di New York nel 1982. Il tutto con il linguaggio di tutti i giorni, lo stesso dell’intervista che segue.
“Senza vizi è una vita di merda” è un libro che si legge tutto d’un fiato, dove un appassionato di cose musicali può trovare curiosità e aneddoti sulle grandi star internazionali. Ve ne sono, ma soprattutto c’è la tua vita a New York. Un salto nel vuoto nel lontano 1979. Un botta di culo?
Alla fine degli anni Settanta avevo già fatto tutto il fattibile: scritto per le più importanti riviste musicali, prodotto dischi e concerti, fatto tanta radio dentro e fuori dalla Rai. Io volevo imparare a fare TV, ma con tante teste di cazzo in giro, gelose del proprio mestiere, nessuno ti insegnava niente. Io avevo già deciso di levarmi dalle palle: in Italia tirava una brutta aria nel 1979 per via degli Anni di Piombo. La botta di culo è stata Renzo Arbore, che produceva e presentava “L’Altra Domenica”, programma cult di Rai 2. Mi disse che se fossi andato a New York potevo dare una mano a Isabella Rossellini. Vendetti tutto: dischi, impianto HiFi, mobili e quant’altro. Racimolai tre milioni di lire, li misi nei calzini e comprai un biglietto di sola andata per Manhattan.
Restando in Italia che saresti diventato? Quello che inseguivi era osservare da vicino il mondo del Rock’ n’ Roll, ma oltre ai giornali musicali allora molto letti, possiamo dire che la fortuna è stata entrare in Rai a New York? E lì hai trovato anche le persone giuste che ti hanno affidato incarichi importanti. Eri bravo?
Il Rock non lo si osserva: o lo vivi o non serve a un cazzo. Per me Hendrix o Lou Reed sono necessari come l’acqua nel deserto. Alla Rai Corporation di New York, in attesa di iniziare con Renzo, ci ho messo piede anche grazie al mio amico Renato Marengo, che ha fatto letteralmente carte false per mettermi davanti al microfono di “Combinazione Suono”. Così ho incontrato gente meravigliosa che mi ha insegnato come allestire un set, dove mettere le telecamere, come lavorare con il Nagra e tante altre cose del genere. Mi chiedi se ero bravo ? Beh, in sei mesi ho prodotto il mio primo documentario “Woodstock: dieci anni dopo”, grazie a Joe Lodato sono diventato co editore di Rolling Stone Edizione Italiana, presentavo “Hit Parade” in onda in tutto il mondo su Rai International, ero ospite dello Studio 54 e del CBGB’s. Gli incarichi importanti sono arrivati dopo, quando avevo già dimostrato che le cose le sapevo fare. Restando in Italia il massimo che avrei potuto sperare era diventare un discografico di Serie B.
Quando sei andato a NY racconti che un manager italiano di nome Maurizio ti ha dato una mano per ingranare in una nuova città, quali altri provvidenziali aiuti hai avuto per consolidare la tua posizione. Ti è venuto tutto naturale e facile?
Maurizio Salvadori, fondatore e AD di Trident Agency, mi ha regalato un milione di lire, che erano tanti soldi. Era all’epoca, e lo è ancora, uno con una immacolata reputazione a livello internazionale. E un amico vero. In pratica il milione era un chip sul tappeto verde, una scommessa su ciò che avrei fatto in USA. Negli anni a seguire l’ho ripagato in mille modi, ma non ancora abbastanza. E poi Joe Lodato, al quale devo moltissimo. Le prime tre settimane a New York mi ha ospitato da lui, dandomi anche consigli preziosi. Insieme abbiamo vissuto le avventure di Rolling Stone Edizione Italiana e di Pino Daniele, degli Osanna e tant’altro. Naturale e facile chiedi ? Vedi, sono cresciuto a Centocelle, periferia sud di Roma. Fra tantissima gente per bene c’erano anche delinquenti di altissimo livello, Famiglie criminali e futuri brigatisti rossi. La violenza era sempre dietro l’angolo. Quando sono arrivato a New York e molti mi dicevano che era una città violenta io rispondevo che per me la Grande Mela era una Crociera ai Caraibi!
Le tre componenti Sesso Droga & Rock n’ Roll fanno parte della tua vita da subito, perché li chiami vizi ? Era possibile rinunciare a una delle tre cose per rimanere al centro di quello che succedeva a NY ?
Sesso: nella mia New York tutti scopavano tutti, un pompino era come una stratta di mano, sarebbe stato ineducato rifiutare. Droga: non mi sono mai fatto una pera di eroina o fumato crack. Eroina sniffata o fumata certo. Fumo tanto, coca a volontà, LSD e Poppers. Ma non sono mai stato un tossicodipendente. Allo Studio 54 verso le cinque del mattino il DJ tirava sulla pista nuvole di coriandoli contenenti coca, capito l’andazzo? Rock’ n ’Roll: tanto. Sempre. Ovunque. Dai backstage con gli Stones a Johnny Rotten. Li chiamo vizi perché rischiano di diventare delle dipendenze. All’inizio ti fai le droghe per stare meglio, poi le devi per forza fare altrimenti stai male. Credetemi: a lungo andare le droghe diventano una grande rottura di cazzo !
Anche con il sesso è la stessa cosa. Una volta ero a letto con due tipe, una terza era in piedi e cambiava stazione con il telecomando sui canali porno. Capite che c’era qualcosa che non quadrava. Dal Rock ‘n’ Roll invece non riesco proprio a disintossicarmi. Ho una USB in macchina con un migliaio di pezzi e non ho bisogno di ascoltare la radio e tanta musica di merda.
Hai fatto in tempo a conoscere John Lennon? Quel giorno terribile eri a New York da più di un anno. Hai avvisato subito Gianni Minà in Italia. Che hai pensato?
Lennon e Yoko, soli o separati, li vedevo spesso in giro nei club. C’erano anche Bowie, Warhol, Jagger, i Talking Heads, Ramones e tantissimi. Ma nessuno gli rompeva il cazzo con autografi e foto. E neanche io con richieste di interviste ovviamente. E’ vero che ho avvisato Minà di Lennon appena assassinato, ma se non ti dispiace non vorrei dire altro: è una ferita ancora aperta, credimi.
A parte Lennon hai avuto a che fare con tantissimi artisti da Belushi a Robert Plant, Frank Zappa, Jagger, U2 al Ritz nel 1982, Bowie. Della serie “ho visto cose che voi umani…” Dobbiamo aspettarci un altro libro dove racconti la parte musicale che hai vissuto con loro?
Cazzo Giordano! Ma parli sempre di uomini? E Madonna, Cyndi Lauper, Laurie Anderson, Stevie Nicks, Pat Benatar, Joan Jett e le altre donne del Rock dove le mettiamo ? Un altro libro dici? Io questo l’ho scritto perché non avevo un cazzo da fare ! Ma dato che “Senza vizi è una vita di merda” è nei Top Ten di Amazon nella sezione musicale da quando è stato pubblicato, boh! Non mi va di parlare di me: io sono solo un co protagonista della mia vita. Non voglio fare la fine di tanti miei “colleghi” che hanno scritto fiumi di parole per auto celebrarsi e dire “io c’ero”.
Sei stato un punto di riferimento anche per vari artisti italiani che venivano a NY, tra gli altri Fortis, Arbore, Bocelli, Pino Daniele. Giusto Pino che hai favorito presentandogli il manager Joe Lodato. In proposito hai qualche ricordo particolare che hai lasciato fuori dal libro.
Fuori dal libro ho lasciato centinaia di cose su quelli che hai menzionato e tanti altri. Cerco di rimediare con i post di Facebook, ma è una lotta impari. E’ già stato complicatissimo mettere ordine nei miei ricordi per scrivere questo ! Cazzo Giordano mi stai incasinando la vita !
Nei tuoi post di Facebook c’è una foto con Battiato: come lo ricordi?
Di Enrico Berilguer tutti dicevano che fosse un uomo triste, scostante e con poco senso dell’umorismo. Di Franco si dicevano le stesse cose. Ma vi assicuro che non è vero, ci siamo fatti sempre delle grandi risate. E io lo conoscevo dal 1972, so quello che dico.
Il libro è stato presentato al Museo del Rock di Catanzaro nel dicembre scorso. Prevedi presentazioni in altre parti d’Italia?
Sono entrato nel Museo del Rock di Catanzaro per la prima volta un paio di mesi fa, per dare una mano all’amico Giorgio Verdelli e al suo bellissimo docufilm su Jannacci. E sono rimasto di merda ! Un posto magico, allestito con amore e competenza da Piergiorgio Caruso e i suoi collaboratori. La prima presentazione dovevo farla proprio lì. Io sono di origini calabresi, ma da piccolo, per ironia della sorte, ho abitato a meno di 500 metri dal museo. Da Gennaio vado in “tour”: sicuramente Napoli, dove gioco in casa, Roma diverse cose una delle quali con Luca Cucchetti, e poi Bologna e Milano. Mi porterò dietro un concerto inedito degli U2 girato da me al Ritz di New York nel 1982 e lo farò vedere gratis. Neanche gli U2 lo hanno mai visto. A proposito, caro Giordano, sei pregato di scrivere Rock sempre maiuscolo: di quello con la r minuscola non ce ne frega un cazzo ! Grazie.