28 gennaio 1985. Ci troviamo a Los Angeles, più precisamente negli Studi A&M. All’interno si lavorò per tutta la notte, un turbinio di ansie ed emozioni, tutto scandito dal ticchettio dell’orologio. Il produttore Quincy Jones scrisse “Lasciate l’ego fuori dalla porta” e appese questa frase nella porta dello studio. Era un presupposto imprescindibile per quello che si sarebbe creato quella notte: We Are The World, il brano inciso a scopo benefico che raccolse oltre 80 milioni di dollari per fronteggiare la fame in Africa e soprattutto in Etiopia (nel bel mezzo di una delle più gravi carestie).
Il team non può essere descritto con un solo aggettivo, e i nomi parlano da sé: Lionel Richie e Michael Jackson (anche coautori della canzone), insieme fra gli altri a Stevie Wonder, Tina Turner, Bob Dylan, Bruce Springsteen, Ray Charles, Diana Ross, Billy Joel, Cyndi Lauper, Harry Belafonte, Dionne Warwick, Paul Simon, Willie Nelson, Bette Midler, Steve Perry, Kenny Rogers. Oggi quella notte viene raccontata grazie a filmati e testimonianze dietro le quinte nel documentario We Are The World: la notte che ha cambiato il pop, diretto da Bao Nguyen che debutterà al Sundance Film Festival per poi approdare su Netflix dal 29 gennaio.
La narrazione viene tracciata da Lionel Richie (qui nelle vesti anche di co-produttore) che ha deciso di mettere in moto la macchina organizzativa di USA For Africa dopo una chiamata con cantante e attore Harry Belafonte, il quale era intenzionato a creare qualcosa di simile al britannico Band Aid e il brano Do They Know It’s Christmas uscito un mese prima. “I più grandi artisti di una generazione si sono uniti per salvare delle vite ma abbiamo avuto solo una notte per farlo bene” racconta Richie che, dopo un tentativo con Stevie Wonder ha proposto di scrivere il brano insieme al re del pop Michael Jackson, che conosceva fin da piccolo grazie al periodo insieme nell’etichetta Motown.
A far riaffiorare i ricordi sono anche le interviste ai partecipanti come Dionne Warwick, Bruce Springsteen, Cyndi Lauper, Huey Lewis, Kenny Loggins, Sheila E. e Smokey Robinson. “Con il nostro film cerchiamo di immergere il pubblico in qualcosa che è molto presente, il ticchettio dell’orologio in quella stanza – spiega nelle note di produzione Bao Nguyen, già autore del documentario su Bruce Lee, Be Water -. Tutti erano sotto l’effetto dell’adrenalina”. Con il film “vogliamo avere un pubblico completamente immerso in quella notte” ma anche riflettere “sull’impatto che ha avuto quel brano e quell’evento”.
Ricordi che prendono vita anche grazie al lavoro fatto sul materiale video senza audio, rinato grazie al contributo di David Breskin (all’epoca giornalista del Time che fu incaricato di seguire ogni singolo passo dell’iniziativa). Ritroviamo momenti davvero intimi che facciamo anche fatica ad immaginare, come i tentennamenti di Bob Dylan su come eseguire i suoi versi e aiutato da Wonder o Diana Ross che chiede a Daryl Hall di autografarle il suo spartito. Ma anche l’entusiasmo di Ray Charles o le paure di Huey Lewis scelto per interpretare la parte inizialmente pensata per Prince. Il tutto con Richie e Jackson che per tutta la notte lavorano senza sosta su versi, rapporti e armonizzazioni fino all’ultimo. “L’uscita di quella canzone è stata un evento culturale globale – osserva la coproduttrice Julia Nottingham -. Era una cosa così difficile da realizzare, e stranamente guardando il nostro film, queste persone lo hanno fatto sembrare quasi facile. In un periodo di tre settimane due geni del songwriting si sono riuniti per un paio di giorni, e poi alcuni brillanti esperti di logistica hanno saputo portare insieme 46 artisti in quella stanza dove c’era una vera magia”. E “secondo Lionel, in quella stanza c’era anche da parte di tutti tanta speranza (per il mondo, ndr) che sarebbe difficile ritrovare adesso”.
a cura di G.C