Lo "stop al genocidio" di Ghali fa infuriare l'ambasciatore di Israele (che ignora il monito dell'Aia)
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Lo "stop al genocidio" di Ghali fa infuriare l'ambasciatore di Israele (che ignora il monito dell'Aia)

Ritengo vergognoso che il palco del Festival di Sanremo sia stato sfruttato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile», ha lamentato Alon Bar su X.

Lo "stop al genocidio" di Ghali fa infuriare l'ambasciatore di Israele (che ignora il monito dell'Aia)
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11 Febbraio 2024 - 19.39


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Quando Ghali ha urlato “stop al genocidio” lasciando il palco di Sanremo nella serata finale, l’ambasciatore di Israele non l’ha presa bene: “Ritengo vergognoso che il palco del Festival di Sanremo sia stato usato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile”, ha lamentato Alon Bar su X.

Parole che hanno riacceso la polemica sul 30enne rapper milanese di origine tunisina che ha chiuso con un lusinghiero quarto posto nella classifica generale. Del resto la sua canzone «Casa mia casa tua» dedicata alla popolazione di Gaza aveva subito suscitato critiche da parte della comunità ebraica, per una strofa in cui si chiede: «Come fate a dire che qui è tutto normale, per tracciare un confine con linee immaginarie, bombardate un ospedale».

«Nella strage del 7 ottobre, tra le 1200 vittime, c’erano oltre 360 giovani trucidati e violentati nel corso del Nova Music Festival e altri 40 di loro, sono stati rapiti e si trovano ancora nelle mani dei terroristi», ha ricordato il diplomatico israeliano. «Il Festival di Sanremo avrebbe potuto esprimere loro solidarietà», ha aggiunto, è un peccato che questo non sia accaduto”.

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Ghali ha replicato all’ambasciatore israeliano a Domenica In speciale Sanremo, difendendo la sua denuncia per i morti civili nell’offensiva sulla Striscia: «Mi dispiace che abbia risposto in questo modo, c’erano tante cose da dire», ha detto il rapper, «ma per cosa altro avrei dovuto usare questo palco? Io sono un musicista prima di salire su questo palco: ho sempre parlato di questo fin da quando sono bambino». Per l’autore di `Habibi´ «stiamo vivendo un momento in cui le persone sentono che vanno a perdere qualcosa se dicono viva la pace».

«Ci sono dei bambini di mezzo: quei bambini che stanno morendo, chissà quante star, quanti dottori, insegnanti, quanto geni, ci sono lì in mezzo», ha insistito.

L’ad della Rai, Roberto Sergio, è intervenuto per ribadire la «convinta solidarietà al popolo di Israele e alla comunità ebraica»: «Ogni giorno i nostri telegiornali e i nostri programmi raccontano, e continueranno a farlo, la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas, oltre a ricordare la strage dei bambini, donne e uomini del 7 ottobre».

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La politica come prevedibile si è divisa sull’uso della parola «genocidio»: se Nicola Fratoianni di Sinistra italiana lo ha ringraziato lodandolo per «coraggio e verità» e ha definito «inopportune» le parole dell’ambasciatore, Osvaldo Napoli di Azione ha affermato che «solo l’odio contro Israele poteva far dire a Ghali, dal palco di un festival musicale, una menzogna tanto atroce quanto stupida».

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