Oggi Franco Battiato avrebbe compiuto 79 anni e per noi che abbiamo realizzato per ricordarlo il documentario La Voce del padrone il passaggio del tempo è, forse, perfino più “doloroso” di prima. Questo perché l’obiettivo primario del nostro lavoro è stato fare riflettere nel racconto sulle tante anime di Franco Battiato.
La voce del padrone, infatti, con oltre cento fotografie, consta di diversi capitoli fatti di incontri con artisti e personalità del mondo culturale come Alice, Vincenzo Mollica, Morgan, Eugenio Finardi, Andrea Scanzi, Mara Maionchi, Willem Dafoe e sua moglie la regista Giada Colagrande e molti altri che hanno voluto omaggiare Battiato ricordando incontri, dialoghi, telefonate, concerti e viaggi con parole commoventi e sincere. D’altronde, come riconosce giustamente Stefano Senardi co autore del progetto guida all’interno del racconto: «ognuno ha conosciuto un Battiato diverso, ma tutti hanno condiviso la bellezza della sua persona e della sua opera».
Battiato comincia dalla musica leggera, passando per il rock progressivo, fino al raggiungimento del successo con L’era del cinghiale bianco del 1979 che lo ha reso noto ai più non solo per l’eclettismo musicale, ma anche per le parole dei testi, scelte con accuratezza e intrise di cultura generale, geografia, storia, cinema e tutto lo scibile umano. Battiato era incapace di dire di no, indipendente, a volte temerario, «considerato troppo strano. Non aderiva, non apparteneva, sfuggiva, era infedele prima di tutto a se stesso», e ad ascoltare le sue canzoni potrebbe quasi sembrare una figura mistica, che si sposta leggermente dai campi del Tennessee a Istanbul, da Ninive a Tozeur, passando per Alexanderplatz e l’Irlanda del Nord. D’altronde, come disse anche lui: «Non è che io non sono cattolico e sono musulmano oppure buddista. Io non sono niente, lo voglio precisare. Sono una persona che cerca e che crede nella religione della vita, e basta. Mi interessa il sacro, l’aspetto mistico del vivere, senza nomi né ricette. Quello che sta sopra di noi è così totale e così universale che non può avere un nome: è semplicemente Tutto.»
Battiato ben presto si stufa di stare lì a “guardare davanti a sé solo la proiezione dell’ombra di ciò che accadeva alle sue spalle”, e decide così di lasciare la sua Sicilia, soleggiata e abbandonata, per emigrare verso la grigia – ma viva e già dispensatrice di buone opportunità – Milano. Il nostro lavoro è stato, quindi, rendere coerenti tutti gli aneddoti raccolti nel film sulla vita dell’artista in quegli anni, in cui amici e collaboratori raccontano momenti personali e divertenti condivisi con Battiato. Non volevamo, però, che questi costituisse una miscellanea di fatterelli: puntavamo ad un mosaico in grado di riflettere l’immagine di Battiato come tante tessere che viste da lontano restituiscono l’immagine e lo sguardo profondo di un volto. Il cantante Morgan anche lui amico del cantautore, invece, racconta che a Battiato piacque la versione di Prospettiva Nevski dei Bluvertigo (contenuta nel disco tributo Battiato non Battiato del 1996) e dialogando con Roberta Castoldi ricorda momenti passati con Battiato e soprattutto i loro discorsi relativi all’ambito musicale. Alla domanda “Chi è l’erede di Franco Battiato?”, Morgan risponde: Non c’è un erede da un punto di vista artistico. Ma c’è una responsabilità da parte di coloro che restano (e mi sento parte): è quella di gestire il suo lascito inteso come eredità culturale. Una responsabilità enorme perché si tratta di far continuare a vivere le sue idee.
Ovviamente non mancano neanche le narrazioni dei tanti concerti fatti, come quello a Baghdad del 4 dicembre 1992, al Teatro Nazionale Iracheno, accompagnato dall’orchestra de I Virtuosi Italiani e dall’Orchestra Sinfonica Nazionale Irachena. Molto più di un concerto, a dire il vero, dato che quell’esibizione faceva parte dell’iniziativa umanitaria per l’infanzia irachena Un ponte per Baghdad e, al ritorno, furono portati in Italia dieci bambini che avevano urgente bisogno di cure mediche specialistiche.
D’altronde, Battiato, a Baghdad fece un vero e proprio viaggio contro l’embargo e in una testimonianza dell’archivio RAI ci dice: «Fortunatamente nella vita ho imparato che non sempre il bene sta dove lo si annuncia e il male sta dove lo si addita: ci sono zone con milioni di colori. Trovavo veramente assurdo che dovesse essere sottoposto ad uno strazio simile un popolo che non ha niente a che vedere con un dittatore. Perché punire i bambini e le famiglie che non potevano prendere il latte o i medicinali. Ma siamo pazzi! Ho preso una posizione su quell’embargo. La mia chiara idea era quella di andare lì. Non sono un politico quindi non pensavo di smuovere chissà cosa. Era solo il gesto di un artista che ogni tanto fa vedere che si può anche “pensare”.» E non ha mai fatto mistero di quanto fosse affascinato dall’Oriente, forse perché – come soleva dire – in lui di siciliano c’era “la parte araba”. Toccanti, infine, sono le parole del giornalista Vincenzo Mollica che scrive: «Per tutto quello che ci ha donato sono convinto che non ci abbia mai lasciato. Una volta gli chiesi: “Cosa vorresti che rimanesse di te?”. Rispose allargando le braccia: “Un suono”. La Voce Del Padrone prova a raccontare tanta umiltà facendola diventare sistema di un racconto complesso, emozionante ed unico nella sua originalità.
Il nostro è un lavoro di grande impegno e responsabilità perché la sua eredità
culturale sia preservata e divulgata come merita e difesa nel modo migliore possibile. Ad ispirare il racconto quindi è soprattutto l’immensa cultura di Battiato e la sua discrezione sotto tutti gli aspetti, anche durante gli ultimi periodi della sua vita, la sua curiosità verso tutti i mondi musicali possibili. Proprio quella curiosità lo ha spinto sempre ad approfondire temi che andavano oltre la musica, dalla fisica quantistica al misticismo tibetano. Ha lavorato per tutta la vita allo studio del passaggio da un’esistenza all’altra ,