Pinocchio e la diversità a Narni Città Teatro
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Pinocchio e la diversità a Narni Città Teatro

Il pubblico commosso abbraccia con un lungo applauso i Pinocchi e le Pinocchie di Davide Iodice al Narni Città Teatro festival

Pinocchio, che cos'è una persona - Narni Città Teatro festival - recensione di Alessia de Antoniis
Pinocchio, che cos'è una persona - Narni Città Teatro festival - Ph Azzurra Lucchetti
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19 Giugno 2024 - 00.43


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di Alessia de Antoniis

Cri cri, cri cri, cri cri. Vestito di verde, con la croce sulle spalle, il Cri-sto parlante del Pinocchio di Davide Iodice trascina i piedi sul palco del teatro Manini di Narni al Narni Città Teatro festival. “Pinocchio – Che cos’è una persona” diretto da Davide Iodice è forse lo spettacolo più potente, emozionante, struggente, incoraggiante del festival che ha animato l’antico borgo umbro di Narni (TR) dal 14 al 16 giugno.

“Cri cri, cri cri, mi hanno schiacciato sotto il peso della mia storia, sotto il peso della paura, sotto il peso di una diagnosi, del disamore”. Con queste parole entra in scena un Cristo che trascina sulle spalle una croce carica di libri. Ma anche di quello che celano: diagnosi, certificati, pratiche burocratiche; regole e leggi create per un uni-verso, un mondo obbligato ad andare in una sola direzione. Dove lo studio delle malattie non tiene conto della differenza di genere e i farmaci sono testati su maschi caucasici tra i 18 e i 35 anni. Dove Madre Natura ha creato fiori di infinite specie e colori, pronti a sbocciare in tempi, luoghi e stagioni diverse. Magari a modo loro. Ma dove un mago dei colori decide quali sono belli e quali no, quali tenere e quali eliminare. Quelli giusti e quelli sbagliati.

Scrive Davide Iodice sul sito della sua associazione: Pinocchio, in una prima stesura, finiva con l’impiccagione del burattino, come a segnare una impossibilità di uscita, poi corretta da Collodi con una definitiva, conciliante, benevola trasformazione in bambino, in Persona. Sì, ma cos’è una Persona?

Pinocchio è il figlio che Geppetto ha desiderato così tanto, da farselo con le sue stesse mani. Geppetto è un genitore solo, single, amorevole, che ha solo questo figlio, diverso; che vede la normalità nella diversità, che lotta perché tutti considerino quel burattino un bambino come tutti gli altri. Un padre anziano che lo insegue ovunque, lo salva, lo perdona, cerca di proteggerlo. Spesso al di sopra delle sue forze. Che intraprende un viaggio sulla strada della genitorialità lottando anche contro luoghi comuni e consigli non richiesti. Un viaggio rischioso, in solitudine. Fin nell’antro della balena. Che ama un figlio che chiede di imparare, di essere indipendente, anche di sbagliare.

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Sul palcoscenico del Manini di Narni Giorgio Albero, Gaetano Balzano, Danilo Blaquier e tanti Pinocchi e Pinocchie che sognano di avere un motorino, una ragazza, una macchina con la quale andare a trovare una nonna, una laurea, un lavoro di successo, una casa. Di poter essere degli sportivi, di avere figli, una famiglia propria. Giovani che chiedono: “Intanto che voi società cercate una risposta per il futuro, io cosa faccio?”

Davanti a una platea commossa, che non riusciva a trattenere l’emozione, è andato in scena un grande esperimento di teatro sociale, vero, reale. Non semplice strumento di vuota sensibilizzazione in una società che sta normalizzando violenza e razzismo. A tratti bisognosa di un lifting morale. I tanti Pinocchio, accolti per il tempo di una pubblicità progresso da una società respingente, nel teatro di Davide Iodice sono i ragazzi della Scuola Elementare del Teatro, laboratorio con accesso prioritario a fasce disagiate economicamente e socialmente, con disabilità intellettiva e fisica, creata dallo stesso Iodice. Pinocchio è frutto del lavoro di ragazzi con sindrome di Down, autismo, Williams, Asperger che compongono l’articolato gruppo di lavoro; delle ragazze e dei ragazzi accompagnati da una madre, un padre, un fratello, un cugino, la migliore amica; persone che vivono una condizione di fragilità, tutti diversi, ognuno unico. Come le loro disabilità: tutte diverse tra loro. Anche loro uniche.

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Pinocchi e Pinocchie che non raccontano la storia di Collodi: quella era la sua. Loro sono Gaetano, Marina, Serena, Giovanna, Stefano, Federico, Giorgio, Patrizia. E queste sono le loro storie, i loro rapporti, i loro sogni, i loro dubbi.

Cos’è quindi una persona in uno Stato la cui nuova legge di bilancio ha ulteriormente tagliato i fondi alle persone disabili? Cos’è una persona in una scuola che un ministro vorrebbe divisa in alunni raggruppati per capacità? Cos’è una persona che affronta una malattia rara non diagnosticata? Cos’è una persona che vive in simbiosi con un’altra dalla quale non potrà mai separarsi? Cos’è una persona che si vede invecchiare e deve rispondere alla domanda: e dopo?

Nella risposta di una mamma, la speranza di tanti: “Dai dai Tommaso, non pensiamo a dopo, è così bello adesso”. Nelle parole di un papà, la quotidianità di genitori che sono innanzitutto uomini e donne: “Vai avanti, sono sempre dietro di te, ma non ti girare”. Sempre. Non c’è un sempre, perché dopo un adesso così bello c’è un dopo. E dopo? Quello sì che arriva sempre. Ma la società del successo non ha né tempo né voglia di occuparsene.

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Pinocchio di Davide Iodice, prodotto in collaborazione con Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Teatro Trianon Viviani, Campania Teatro Festival, Scuola Elementare del Teatro è uno spettacolo imperdibile. Uno dei più belli e applauditi del festival Narni Città Teatro. E in scena, sul palco, c’erano proprio quei ragazzi, quelle ragazze, quei genitori, amici, tutor che una società sempre più inumana vorrebbe dietro le quinte.

Sul palco i bravissimi Federico Caccese, Stefano Cocifoglia, Giuseppe De Cesare, Simona De Cesare, Patrizia De Rosa, Gianluca De Stefano, Paola Delli Paoli, Chiara Alina Di Sarno, Aliù Fofana, Cynthia Fiumanò, Vincenzo Iaquinangelo, Marino Mazzei, Serena Mazzei, Giuseppina Oliva, Ariele Pone, Tommaso, Renzuto Iodice, Giovanna Silvestri, Jurij Tognaccini, Renato Tognaccini. Costumi di Daniela Salernitano e Federica Ferreri. Scene di Ivan Gordiano Borrelli.

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