Alcune testimonianze raccolte a Hollywood da Lucia Magi per l’Ansa dipingono un quadro preoccupante che riguarda gli Studios: gli scioperi e le produzioni bloccate dell’ultimo anno stanno facendo registrare la peggiore contrazione degli ultimi 30 anni nell’industria cinematografica americana.
La voce di una certa crisi del settore era arrivata lo scorso weekend anche a noi, al Red Film festival di Montalcino, durante una chiacchierata informale con una giovane organizzatrice di produzione, italiana ma già con una interessante esperienza negli Usa. Lei ci ha riferito come, in un periodo in genere ricco di troupe straniere in giro per la Toscana, il lavoro sia progressivamente calato molto rispetto agli anni scorsi. Per non parlare della nota situazione che sta mettendo in allarme tutte le maestranze del cinema italiano.
Le testimonianze raccolte dalla Magi non dipingono un quadro roseo: il produttore Michele Greco, 55 anni di cui gli ultimi 20 passati a Los Angeles, spiega come la città sia diventata troppo cara per girare, e che convenga farlo in Georgia, dove il tax credit non ha limite rispetto ai 330 milioni di dollari l’anno della California o ai 700 di New York, o addirittura all’estero, dove le paghe delle troupe sono molto più basse e ci sono incentivi fiscali vantaggiosi. Spiega Greco: “Gli Studios hanno finito i soldi, devono tagliare. Hanno approfittato dello sciopero per rescindere senza penale alcuni contratti onerosi e chiudere progetti poco remunerativi. Se prima producevano 10, ora producono 5”.
Anche Susie Mancini, scenografa milanese trapiantata in USA, conferma questo scenario: collabora con professionisti che hanno lavorato in film premiati con gli Oscar, che sono fermi da mesi, e si chiede preoccupata se si tratti solo di una crisi passeggera, o se qualcosa stia davvero cambiando.
Alcuni dati paiono confermarlo: nel 2024 usciranno 90 film, contro i 100 del 2023. Le serie prodotte saranno circa 300, parecchio in calo rispetto alle 481 del 2023 e alle 633 del 2022 (dati di Ampere Analysis). Ai conti in rosso, contribuiscono anche la fuga degli spettatori dai cinema e il calo degli abbonamenti alle piattaforme, dopo il picco del lockdown.
Walter Volpatto, torinese classe 1971, anche lui a Hollywood da 20 anni, professionista della color correction (dopo gli ultimi Jedi e Dunkirk, tra gli altri, l’ultimo film su cui ha lavorato è Megalopolis di Coppola) non ha niente in vista fino a gennaio, ed è convinto che sia già cambiato tutto: “Le Major ormai devono compiacere la Borsa più che produrre buon cinema”.
Non resta che stare a vedere, e sperare che questa crisi sia solo un passaggio necessario per un rinnovamento del settore in termini di qualità.
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