La 38a edizione del Todi Festival continua a riservare al pubblico spettacoli coinvolgenti, come nel carattere di questa kermesse, sempre attenta a cogliere spunti e suggestioni innovativi. La terza giornata ha proposto due eventi di particolare interesse, di cui il primo nell’ambito della rassegna Todi Off, orientata sin dalla nascita alla formazione di spettatori e artisti per un loro avvicinamento al teatro contemporaneo e di ricerca.
Come evidenziato da Roberto Biselli, direttore del Teatro di Sacco e tra gli organizzatori della manifestazione, quest’anno si è deciso di valorizzare esperienze artistiche regionali solitamente non inserite nelle produzioni mainstream, agevolando – con il progetto “Rotte nazionali” – la loro presenza in Umbria grazie all’accordo con l’aeroporto internazionale di Perugia.
Ieri ha dunque esordito il poema vernacolare di Elia Marcelli Li’ Romani in Russia, diretto e interpretato da David Marzi, accompagnato dal violino di Elisabetta Paolini e dal pianoforte ed effetti sonori di Livio Calabresi, prodotto dall’associazione pugliese SenzaConfine, distintasi l’anno scorso per la pièce Malala, sulla storia vera dell’attivista pachistana Malala Yousafzai, Premio Nobel per la pace.
Il testo di Marcelli, riproposto nei suoi passaggi più significativi, narra l’orrore del Secondo conflitto mondiale con il verace disincanto di un semplice fante romano, tra i 220.000 giovani spediti dal regime mussoliniano nella disastrosa campagna militare per l’invasione della Russia. Il linguaggio dialettale, che mette a frutto la grande lezione del Belli, veicola le altezze dell’epica classica attraverso lo sguardo dell’uomo comune, aperto sulle tragiche vicende della storia spogliata d’ogni falsa retorica in un’esigenza insopprimibile di verità, come proclama espressamente l’acuta conclusione.
A conferire forza drammatica ad un testo già di per sé esplosivo, la recitazione densa di pathos ed accenti emotivi e di profonda partecipazione umana di David Marzi, attore sulla breccia da oltre un decennio, formatosi all’Accademia Nazionale d’arte drammatica “Silvio D’Amico”, che qui, nella forma del teatro canzone, riesce a rendere in tutta la sua brutalità l’insensatezza della guerra ma anche il cameratismo, la solidarietà, l’amicizia di ragazzi inviati a passo di marcia verso una disfatta annunciata.
L’epopea dei soldati è raccontata con registri diversi, dal grottesco al lirico, dal narrativo al tragico, arricchiti da musica e accenni di danza, con brani romaneschi inediti che alternano balli popolari a struggenti ballate, sempre nel rispetto della voce autoriale. Il protagonista evoca con convincente trasporto il dolore di madri e mogli lasciate sole e colora con taglio impressionistico e irradiante energia una narrazione venata di ricordo e rimpianto.
Grande merito di questo spettacolo è quello di ravvivare la memoria, emozionando e commuovendo, di una pagina fra le più funeste della nostra storia nazionale.
L’evento serale al Teatro Comunale ha visto debuttare in prima nazionale la pièce Corpo vuoto, tratta dal romanzo Tu dentro di me della scrittrice Emilia Costantini, per la regia di Piero Maccarelli, le musiche di Antonio Di Pofi e le luci di Javier Delle Monache.
I quattro protagonisti, Laura Lattuada, Vanessa Gravina, Gabriele Pizzurro e Irene Giancontieri, hanno infuso il dovuto trasporto ad un tema cogente e divisivo come quello della maternità surrogata, rivisitato alla luce del mito di Edipo. L’efficacia drammatica della vicenda, quella di una donna innamorata di un uomo molto più giovane – pianista di talento in grande ascesa – che potrebbe essere il frutto di una sua gestazione per altri, e della madre biologica del ragazzo, sua amica, ha forse risentito della circostanza che gli attori abbiano letto il testo, seppur con opportuna immedesimazione, dando vita a una performance accolta dal pubblico in maniera contrastante.
Segno, questo, dell’incisività dell’opera, poiché compito precipuo dell’arte è innanzitutto quello di suscitare dibattito e riflessione.