Tana French, un’americana d’Irlanda
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Tana French, un’americana d’Irlanda

In "Il cacciatore" di Tana French, l'ex poliziotto Cal Hooper indaga su sparizioni misteriose nell'Irlanda rurale, tra tensioni familiari e oscure minacce locali.

Tana French, un’americana d’Irlanda
La scrittrice Tana French
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11 Settembre 2024 - 00.44


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di Rock Reynolds

Non è una regola scritta. Forse, non è poi nemmeno una cosa tanto frequente. Eppure, nel nostro immaginario di lettori capita spesso di dare quasi per scontato che un romanzo proveniente dalla verde, accogliente e cristianissima Irlanda sia percorso da vicende fosche che si legano alla plurisecolare lotta del suo popolo contro l’invasore britannico.

Ne Il cacciatore (Einaudi, traduzione di Alfredo Colitto, pagg 500, euro 20), nuovo romanzo di Tana French – nata negli USA da padre di origini irlandesi e da madre italiana, cresciuta tra Irlanda, Italia e Malawi e attualmente residente nell’”isola di smeraldo” – praticamente di allusioni al patriottismo e alle sue manifestazioni più violente non ce ne sono. Forse un paio di velate allusioni, come questa: «Ci sono sempre quelli che odiano gli inglesi, specialmente qui, vicino al confine».

Il cacciatore è il nuovo capitolo di una saga noir apertasi con Il segugio e non concepita per essere tale. Protagonisti assoluti de Il segugio sono il poliziotto di Chicago Carl Hooper, trasferitosi in un cottage che lui stesso ristruttura ai margini di un paesino rurale e isolato nell’Irlanda nordoccidentale, e la ragazzina Trey, adolescente riottosa, di una famiglia numerosa e vagamente disfunzionale, alla costante ricerca di guai – guai che trova facilmente – e, soprattutto, non disposta a rassegnarsi all’oscura sparizione del fratello maggiore. Insomma, due personaggi tutto sommato anomali, soprattutto per il tipo di rapporto che instaurano, in un genere letterario che pullula di figure poco credibilmente fuori dagli schemi oppure esageratamente irreggimentate. Due protagonisti azzeccati come quelli, però, penso che chiedessero fin dal principio un seguito. E Tana French ha immediatamente accontentato il suo ormai vasto pubblico internazionale.

Il cacciatore parte sostanzialmente da dove Il segugio si era concluso. Ma i due romanzi stanno tranquillamente in piedi da soli e, dunque, si può leggere Il cacciatore senza aver letto Il segugio.

Tana French sa bene che di storie da raccontare – come pure di temi da sviscerare – non ce ne sono tanti. C’è chi sostiene che ci sia un’unica storia declinabile in modi infiniti e che in quella storia si possa parlare di tre cose soltanto: amore, Dio e morte.

Ebbene, di amore ce n’è tanto ne Il cacciatore, anche se spesso negato o col freno a mano tirato, e la morte aleggia su ogni parola scritta dall’autrice. Quanto a Dio, ognuno può immaginare dove si annidi, a maggior ragione nella cattolicissima – e, in verità, sempre più laica e godereccia – Irlanda.

Chi mi conosce sa che non amo raccontare trame, rischiando di togliere al lettore il piacere della scoperta persino di dettagli all’apparenza insignificanti. E vi garantisco che di dettagli nei romanzi di Tana French ce ne sono sempre tanti. D’accordo, la lunghezza non indifferente dei suoi romanzi in qualche misura lo lascia intendere: Tana French è considerata autrice di noir, anche se credo davvero che la definizione le stia stretta, ma il numero notevole di pagine supera la media dei romanzi dei colleghi.

Come si diceva, Tana French è più che consapevole della forza del classico canovaccio shakespeariano o, se preferite, omerico. Insomma, della storia per eccellenza: uno straniero giunge in paese e le cose non saranno mai più le stesse di prima. Il cavaliere della valle solitaria docet. Carl Hooper non ha certo l’aria del cavaliere senza macchia e senza peccato, ma, se per quello, nemmeno lo Shane interpretato da Alan Ladd nel capolavoro western del 1953 era privo di scheletri nel suo armadio. Forse, è proprio per prendere le distanze da quegli spettri che Cal si lascia alle spalle un mondo non sempre ridente ma certamente rassicurante nella sua quotidiana familiarità americana per trasferirsi ad Ardnakelty, un paese immaginario sulle coste occidentali dell’Irlanda. Ma, se ne Il segugio lo straniero che sconvolge il placido – non troppo, in realtà – tran tran della comunità è proprio Cal, ne Il cacciatore il ruolo del guastafeste se lo prende di prepotenza il padre di Trey, che ricompare a sorpresa, naturalmente portandosi appresso più guai di quanto l’ambiente locale chiuso e arcano possa metabolizzare. Per giunta, il padre di Trey è un uomo poco amato in famiglia, figurarsi dal resto del paese che lo considera uno sfaccendato, un voltagabbana, un poco di buono, insomma.

Uno dei grandi pregi di French è la maestria nella descrizione del paesaggio irlandese: brughiere, torbiere e colli boschivi. Se avete mai visitato zone come il Connemara, Mayo o Sligo, non farete fatica a riconoscere i tratti aspri, selvaggi, persino violenti di una natura che ha plasmato il DNA stesso del suo popolo. Dunque, Tana French può essere pure accostata ai grandi narratori della tradizione naturalista americana, oltre che a qualche esponente del giallo psicologico europeo. L’introspezione è la prima cosa e scavare nell’animo di personaggi la cui psiche non è separabile dai tentacoli del territorio e dalle maglie fitte di una società locale patriarcale in cui, però, le donne contano più di quanto gli uomini amino ammettere, sta particolarmente a cuore all’autrice. Va detto che l’attenzione per l’indagine psicologica dei personaggio non appesantisce quasi mai la narrazione e non inficia la suspense che resta un elemento cardine di qualsiasi noir. Quindi, non perderete mai la voglia di scoprire come andrà a finire la storia e, senza quasi accorgervene, vi troverete all’ultima pagina.

Non è un segreto che quella di Cal sia una serie e, dunque, nessun autore con un minimo di sale in zucca eliminerebbe mai un proprio personaggio riuscito, se non addirittura di successo. Quasi nessuno, per lo meno: tutti sanno cosa accadde a un certo punto a Sherlock Holmes, venuto brutalmente a noia al suo papà, Sir Arthur Conan Doyle. E tutti sanno pure cosa dovette fare Conan Doyle per correre ai ripari, di fronte alla rabbiosa insoddisfazione dei suoi lettori. Mi sento di dire che Cal Hooper non abbia dato ancora noia alla sua mamma, Tana French, e che possa tornare. Però, se volete scoprire qualcosa in più, questo libro dovrete leggerlo. Non vi costerà tanta fatica.

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