Il 3 novembre 1924 nascevauna figura emblematica che ha segnato la storia dell’Italia moderna. Conosciuto come il “maestro d’Italia”, Alberto Manzi è diventato simbolo di inclusività e lotta all’analfabetismo attraverso un’opera pedagogica senza precedenti. Docente, pedagogista, scrittore e persona fu impegnato negli anni Sessanta con la trasmissione televisiva Non è mai troppo tardi affrontando una sfida storica: insegnare a leggere e a scrivere a oltre un milione e mezzo di italiani, per combattere il tasso di analfabetismo in un’Italia che stava cambiando.
“Ebbene, voi sapete che cosa vogliamo fare insieme. Conoscere, imparare il significato di questi segni che rappresentano un qualcosa, che ci fanno sentire la voce degli altri uomini”. Queste furono le parole, pronunciate da Alberto Manzi, che aprirono la prima puntata di “Non è mai troppo tardi”, andata in onda per la prima volta il 15 novembre del 1960 sul canale Nazionale, l’attuale Rai 1.
Manzi parlava e disegnava, sorrideva, guardando negli occhi chi era a casa davanti alla tv, rivolgeva domande curiose a un vasto pubblico fatto anche di bambini e bambine che andavano a scuola, ma che al pomeriggio rimanevano davanti allo schermo.
Come scriveva il Radiocorriere dell’epoca, il programma che conduceva Manzi era sostanzialmente “un corso di lezioni televisive per insegnare a leggere, a scrivere, e a fare di conto”, organizzato dal ministero della Pubblica Istruzione, che andava in onda a cadenza trisettimanale e consentiva agli allievi di sostenere gli esami volti al conseguimento della terza elementare.
Grazie alla sopracitata trasmissione televisiva, che è andata in onda fino al 10 maggio 1968, , anno in cui poté essere sospesa grazie all’aumento della frequenza alla scuola dell’obbligo, si arrivò all’unificazione linguistica in Italia, con l’analfabetismo che diminuì fino a quasi scomparire in alcune regioni.
“Non è mai troppo tardi” è solo la più nota di una lunga serie di trasmissioni e collaborazioni con la televisione e la radio italiana, dove Manzi realizzò e condusse programmi dal 1951 e al 1996, titoli che gli hanno dato fama mondiale.
C’è però un lato meno noto di Alberto Manzi: la sua indole ribelle, l’impegno per gli indios dell’Amazzonia, la sua penna di scrittore di romanzi per ragazzi. A tal proposito, dall’esperienza con i suoi studenti e studentesse, il nativo di Roma ha curato sussidiari, libri di letture, diari scolastici. Inoltre, ha avuto anche un’intensa attività di scrittore, con oltre 30 titoli tra racconti, romanzi, fiabe, traduzioni e testi di divulgazione scientifica tradotti in varie lingue che gli sono valsi riconoscimenti e premi (come la Croce di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana della quale è stato insignito nel 1961).
Il suo romanzo per ragazzi più famoso è “Orzowei” che, uscito a metà degli anni ’50, è stato tradotto in più lingue (almeno 32) e ha ispirato sia una popolare serie televisiva per ragazzi che un film. Il grande impegno di Manzi fu noto fino in Sudamerica dove, ogni estate, si recava per tenere corsi di scolarizzazione alle popolazioni indigene e per svolgere attività sociali.
Negli anni Novanta fu tra i primi a occuparsi dei nuovi cittadini che arrivavano in Italia da tutto il mondo, tanto che fu il protagonista di 60 puntate televisive, dal titolo “Insieme”, rivolte a persone migranti.
Fra gli incarichi illustri da lui ricoperti troviamo anche quello nella Commissione per la legge quadro in difesa dei minori nel 1993. Infine, nel 1994 venne eletto sindaco di Pitigliano (Grosseto) dove risiedeva.
Alberto Manzi si spense il 4 dicembre 1997 a Pitigliano, lasciando un’eredità pedagogica di portata storica. La sua figura continua a ispirare e ricordare l’importanza dell’istruzione come strumento di uguaglianza e libertà, come cento anni fa, quando, il 3 novembre 1924, nacque un maestro destinato a cambiare il volto del Paese.