L’ incubo coronavirus ha creato due scuole di pensiero strategico per affrontare la situazione.
La prima, adottata anche dall’Italia, punta decisamente a contrastare con misure molto restrittive la diffusione del contagio, sia per ragioni di carattere etico, sia al fine di ritrovare anche in campo economico la normalità nel più breve tempo possibile.
La seconda tende a non adottare misure restrittive di massa per contrastare la diffusione dell’epidemia ma al contrario, pur in assenza di un vaccino, punta sulla diffusione rapida del contagio ad una larga parte della popolazione per ottenere la cosiddetta “immunità di gregge”, ossia una situazione in cui l’agente patogeno non trova più soggetti da infettare. E lo scopo principale è quello di evitare, lasciando le attività economiche e le persone libere di agire, di provocare danni rilevanti al proprio sistema economico.
Chi adotta la prima strategia è consapevole che, in una prima fase, l’economia subirà un impatto negativo molto dirompente e poi nel momento dell’inizio della fase di rientro alla normalità, si dovranno affrontare molti sacrifici per riparare i danni rilevanti subiti dal sistema produttivo, commerciale e finanziario. Inoltre, deve considerare che l’ampiezza e la profondità degli effetti negativi da sopportare sono molto incerti perché del tutto incerto è l’arco temporale che intercorrerà tra l’inizio della fase di congelamento di moltissime attività economiche ed il ritorno ad una piena normalità, per effetto del ritrovamento di farmaci curativi efficaci o dell’azzeramento dei contagi, non solo nel proprio paese ma anche in quelli con cui sono intrattenuti la maggior parte degli scambi commerciali.
In ogni caso in un mondo aperto e ampiamente globalizzato questa strategia ha effettive possibilità di successo in tempi ragionevolmente brevi (3/4 mesi) solo se attuata in forma strettamente coordinata e stringente tra i principali paesi del mondo economico avanzato, evitando che alcuni di questi paesi tentennino nelle decisioni e/o assumano posizioni ibride.
Chi adotta la seconda strategia è consapevole che l’immunità di gregge si può raggiungere non prima che il contagio si sia diffuso sul 60/70% della popolazione del paese e ciò implica di dover accettare che un’alta percentuale delle persone muoiano ( ¾% della popolazione, ovvero più di un milione nel caso del Regno Unito), non essendo possibile sottoporre a cure adeguate tutti coloro che dovessero aver bisogno di terapie intensive.
Questa seconda strategia tende quindi a trascurare completamente il problema etico sanitario e punta a salvaguardare il più possibile la forza dell’economia del paese, per non compromettere le sue ricchezze e la sua capacità di competere sui mercati, in modo tale da trovarsi in posizione di vantaggio strategico nel momento in cui tutto il mondo ritorna alla normalità.
Anche l’adozione di questa strategia ritenuta complessivamente più “conveniente “per il paese che l’adotta, essendo di fatto sperimentale, è comunque densa di incertezze: non si conosce il momento in cui si raggiungerà una effettiva immunità di gregge; non si può dare per scontato che l’economia proseguirà il suo corso regolarmente e/o che il suo arretramento sarà contenuto.
Per contro è altamente probabile una completa atrofizzazione degli scambi commerciali con l’estero per un periodo molto lungo, ed è altrettanto certa una caduta molto accentuata della domanda interna (consumi+ investimenti) dovuta allo stato di depressione e scarsa fiducia nel futuro in cui cadrebbero famiglie ed imprese per l’impatto devastante sopportato sul fronte sanitario.
La possibilità di evitare il tracollo economico e finanziario anche di questi paesi sarebbe pertanto quasi nulla in quanto questa strategia trascura anche un altro elemento cruciale.
Nelle democrazie moderne in cui tutto è interconnesso non si può fare un esperimento di immunizzazione del gregge senza vaccino che contempla il decesso di centinaia di migliaia di morti, trascurando quale sarebbe la reazione istintiva delle persone, in ogni strato della società, che nel loro insieme formano il popolo. Pensando magari che anche in questa situazione valga la massima di Confucio che dice che :”Si può indurre il popolo a seguire una causa, ma non a far sì che la capisca”. E’ altamente probabile che la stragrande maggioranza degli individui messi ad un certo punto davanti alla prospettiva di dover scegliere tra la possibilità di rimanere in vita ed il rischio alto di morire e/o di perdere i propri cari, sarebbe portata per istinto naturale a fare scelte che privilegino la prima. Facendo di tutto quindi per scongiurare di entrare a far parte di quella quota del 60% che la statistica considera necessaria per raggiungere l’immunità collettiva.
Di conseguenza in quei paesi che dovessero adottare la seconda strategia, la massa della gente assumerebbe motu proprio gli stessi comportamenti assunti a seguito delle restrizioni imposte dai governi che hanno fatto ricorso alla prima, anche se in modo molto più spontaneo e quindi caotico.
Gli effetti sulle economie dei paesi della seconda strategia sarebbero pertanto in definitiva gli stessi di quelli subiti dagli altri paesi, se non peggiori, con l’aggravante che il caos e la rabbia che ne seguirebbero per tutti i sacrifici inutili sopportati, sarebbero forieri di ulteriori instabilità ed il ritorno alla normalità risulterebbe molto più complicato.
In conclusione la seconda strategia non è né folle né coraggiosa. E’ semplicemente stupida!
E pare che perfino BoJò che ha comunicato al suo popolo di prepararsi a perdere molte persone care prematuramente se ne sia già reso conto. Amen!
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