Negli ultimi giorni della settimana scorsa finalmente abbiamo avuto tre segnali molto positivi dall’ Europa che consentono di affrontare la crisi in atto con minori tensioni.
Il primo segnale è stato quello della Bce che riunitasi nella notte di mercoledì 18 marzo ha potenziato notevolmente il programma di QE fino all’ importo di 750 miliardi di euro con un incremento molto significativo rispetto all’impegno deciso appena una settimana prima che fissava gli interventi in 120 miliardi.
Il secondo è stato l’intervento della vigilanza bancaria che ha deciso di alleggerire i criteri che determinano gli assorbimenti di capitale sui prestiti oggetto di moratoria e assistiti da garanzie pubbliche; tale iniziativa si aggiunge a quella assunta in concomitanza con l’esplosione della epidemia con cui erano state ammorbidite le regole prudenziali creando in tal modo le condizioni per ampliare significativamente il potenziale di concessione dei crediti bancari alle imprese dell’area euro; una ipotesi tuttavia al momento solo teorica essendo aumentata moltissimo la percezione del rischio negli istituti di credito, così come si verifica normalmente in presenza di violenti chock avversi;
Il terzo è stato l’intervento del presidente della commissione europea Ursula Von der Leyen che ha annunciato la sospensione dei patti di stabilità europea e delle norme sugli aiuti di stato per consentire ai singoli paesi di pompare nell’economia tutte le risorse necessarie per fronteggiare il momento drammatico che tutti stanno, più o meno nella stessa misura, vivendo.
Questi tre interventi rappresentano indubbiamente una importante reazione alla situazione eccezionalmente grave sviluppatasi con particolare recrudescenza da circa un mese in tutto il mondo occidentale a seguito della diffusione della pandemia originata in Cina, e lasciano intravedere anche la possibilità di ulteriori ed altrettanto potenti nuove iniziative che vanno nella direzione auspicata nei precedenti articoli del 3, 11,17 e 19 marzo pubblicati su questo giornale.
Tutto ciò modifica notevolmente il quadro di riferimento all’interno del quale il nostro governo può agire e dovrebbe indurre a introdurre una corposa revisione del decreto “Cura Italia” al fine di renderlo più efficace e più efficiente, soprattutto sotto il profilo strategico, partendo dai seguenti imprescindibili presupposti:
è necessario intervenire con estrema decisione per salvaguardare pienamente tutto il nostro sistema produttivo; questa deve costituire una priorità assoluta se si vuole evitare di compromettere la capacità di rinascita del paese nella fase di ritorno alla normalità;
anche in presenza di un allentamento consistente dei vincoli nella gestione del bilancio si deve puntare con altrettanta decisione a cercare di utilizzare le risorse per salvaguardare la sostenibilità del nostro debito pubblico, attuale e prospettica, lavorando da subito per accrescere il potenziale di generazione di ricchezza del paese, altrimenti ogni sforzo con il tempo si rivelerà effimero; sarebbe un errore fatale credere che con le recenti iniziative prese in sede europea l’Italia possa avere mano libera nell’utilizzare il deficit di bilancio senza guardare agli scenari futuri conseguenziali; si pagherebbe un conto molto salato se così fosse quando la situazione sanitaria si normalizzerà; le nuove iniziative assunte in sede europea sono utili a dare un valido supporto per tentare di superare, con danni più contenuti, uno stato di emergenza ma non rappresentano un “free lunch” e non saranno permanenti.
Di conseguenza si propone di reimpostare il “Cura Italia” per la parte di agevolazione al sistema economico in generale suddividendo le linee di intervento su due assi principali:
la prima consiste nell’introdurre iniziative idonee a far affluire con tempestività una liquidità sufficiente a compensare le intere perdite di fatturato subite a partire dal 1° marzo 2020 da tutte le attività economiche (imprese piccole, medie e grandi, lavoratori autonomi, liberi professionisti, titolari di partite Iva in genere) intervenendo unicamente attraverso il sistema finanziario;
la seconda consiste nell’utilizzare la maggior parte del nuovo debito pubblico emesso, a seguito della maggiore libertà d’azione ricevuta, prevalentemente per accrescere il potenziale di creazione di nuova ricchezza del paese mediante la realizzazione di incisive riforme strutturali.
La prima linea d’intervento dovrebbe essere attuata in questo modo:
dare a tutte i soggetti giuridici che svolgono una attività economica e che risultavano prima della data del 1° marzo 2020 in bonis con il sistema bancario, la facoltà di richiedere “linee di credito di emergenza” di importo massimo pari al 100% del volume d’affari che si prevede di perdere per un periodo di tre mesi, estensibili per un periodo di ulteriori 3 mesi, in caso di persistenza della situazione di crisi; sono da escludere da questo provvedimento le grandi imprese per le quali in caso di difficoltà vanno individuate all’occorrenza misure ad hoc;
far impegnare tutti i soggetti che riceveranno tali particolari facilitazioni creditizie a concordare con la propria banca un piano di ammortamento di lungo termine commisurato alle effettive capacità di ciascuno, così come si determineranno nel momento del ritorno alla normalità; I piani potranno essere gestiti in modo sufficientemente flessibile con inizio dei piani di ammortamento dopo 18/24 mesi e secondo tempistiche massime di durata dell’ammortamento concordate tra le associazioni di categoria;
tutte queste linee di credito dovranno essere assistite da garanzie dello Stato e/o da CDP per un importo pari al cento per cento dell’ammontare concesso e degli interessi maturati; la garanzia dovrà essere escutibile a prima richiesta e subordinata al semplice verificarsi di un evento di default;
l’utilizzo di queste” linee di credito di emergenza” deve esser vincolato alla sottoscrizione di un cogente vincolo a rispettare il regolare pagamento di tutti gli impegni dei soggetti beneficiari verso i dipendenti, i fornitori, il fisco; l’eventuale ricorso alla cassa integrazione per le mid cap e le pmi sarà rinviato ad una eventuale protrarsi della situazione di crisi aziendale dopo il ritorno ad una situazione di normalità;
il ricorso a tali linee di credito bancario deve vincolare inoltre i soggetti beneficiari a non licenziare alcun dipendente e a riassumere quelli licenziati dopo l’inizio della crisi in corso, fino al completo rimborso delle stesse; è di vitale importanza che le relazioni tra tutti i portatori di interesse di una attività economica procedano nel modo più regolare possibile e non si determino situazioni di corto circuito generalizzate;
la concessione di queste linee di credito da parte delle banche aderenti a questa iniziativa, essendo interamente garantite dallo stato per capitale ed interessi ed essendo la garanzia escutibile a prima richiesta, deve avvenire a semplice domanda dei soggetti interessati e deve comportare come unica verifica del merito di credito che il soggetto richiedente fosse in bonis con la propria banca di riferimento al 1° marzo 2020; la messa a disposizione delle linee di credito deve avvenire entro un termine molto breve e la garanzia dello stato deve diventare operativa con una semplice comunicazione al fondo centrale di garanzia;
le banche che aderiscono all’ iniziativa devono impegnarsi con l’avallo dei regolatori (vigilanza BCE e BI) a valutare il merito di credito delle imprese beneficiarie, per almeno 18 mesi, neutralizzando gli impatti negativi sui conti economici aziendali derivati dalla situazione di emergenza virus e concentrando la valutazione prevalentemente sulle prospettive dell’impresa;
I tassi applicati dalle banche su queste linee devono corrispondere ai tassi che lo stato sostiene per finanziarsi su durate medio- lunghe per tutti i soggetti beneficiari;
le banche devono escludere dalle valutazioni del merito creditizio dei propri clienti l’indebitamento creatosi a seguito dell’utilizzo delle linee di credito garantite dallo Stato al fine di confermare o concedere le altre linee di credito ordinarie, fino alla loro completa estinzione;
per tutte i soggetti non in bonis alla data del 1° marzo ma con piani che prospettano buone prospettive di rilancio, consentire l’attivazione di” linee di credito di emergenza”, da commisurare sempre all’entità del fatturato perduto a partire dal 1° marzo 2020, previa valutazione di validità del piano prospettico fatto dalle banche finanziatrici.
Per supportare tali misure sarebbe molto utile che in sede europea venga attivato il “Fondo di Emergenza” (v. articolo del 19.3 “perché il decreto “Cura Italia” non è una cura risolutiva”) per fornire agli stati che ne fanno richiesta risorse adeguate a fronteggiare la situazione di crisi, misura che deve inserirsi nel pacchetto di misure che mettono in sicurezza la capacità degli stati europei di gestire senza tensioni il ricorso al mercato del debito.
Le finalità di questa prima linea di intervento sono:
eliminare ogni limitazione che impedisca alle banche di erogare credito in misura sufficiente a tutti i soggetti economici colpiti dalla situazione di emergenza, ed in primis la percezione del rischio di credito, al fine di mettere tutti tali soggetti nelle condizioni di non avere alcun effetto di restrizione sotto il profilo della liquidità a propria disposizione per superare sia la fase più acuta dell’emergenza che il graduale ritorno alla normalità; creando così una forma di sterilizzazione totale degli effetti avversi dello chock in atto sul piano finanziario;
far affluire risorse in forma certa e rapida nelle casse dei soggetti beneficiari tutta la liquidità di cui hanno bisogno per non entrare in sofferenza finanziaria e dotare il “Fondo centrale di Garanzia” di una somma pari a 15 miliardi (livello richiesto pari al 3/5% per fronteggiare le perdite attese su questa tipologia di interventi) per assicurare un effetto leva di circa 200 miliardi di prestiti; eventuali maggiori esigenze dovranno essere soddisfatte con il medesimo meccanismo;
far emettere nuovo debito pubblico allo stato per importi limitati e sostanzialmente predefiniti, coprendo nel contempo l’intero fabbisogno di liquidità dei soggetti colpiti dallo stato di emergenza;
mettere in condizione tutti i soggetti che dipendono dalla vita delle imprese: dipendenti, fornitori e lo stesso stato di continuare a riscuotere regolarmente le proprie spettanze;
mettere in condizioni le banche di operare con piena agilità, senza appesantimenti amministrativi e senza alcun rischio di credito verso i beneficiari al fine di evitare le problematiche burocratiche che contraddistinguono il “Fondo Centrale di Garanzia” con le modalità di funzionamento attualmente vigenti;
mettere in condizioni tutto sistema economico e produttivo di superare le difficoltà contingenti della crisi in atto evitando le ripercussioni derivanti dai default di massa delle imprese sul sistema finanziario, così come avvenuto nelle ultime due grandi crisi degli ultimi dieci anni che hanno poi costretto lo stato ad intervenire per salvare le banche in difficoltà;
comunicare agli investitori in titoli di stato e quindi ai mercati che il paese non sta appesantendo ulteriormente il bilancio statale con ulteriore debito pubblico per fare un assistenzialismo fine a sè stesso e poco lungimirante, ma sta operando per salvaguardare la principale ricchezza del paese e quindi le entrate future dello stato.
La seconda linea di azione come abbiamo detto deve riguardare tutti gli interventi per accrescere in modo significativo le potenzialità di sviluppo del paese nel momento del ritorno alla normalità.
Tali interventi dovrebbero riguardare:
il rilancio su ampia scala degli investimenti pubblici al fine di rilanciare la domanda interna avviando un vasto piano di ammodernamento e potenziamento del sistema infrastrutturale per portarlo entro cinque anni al livello dei maggiori paesi europei; ciò deve avvenire modificando radicalmente il codice degli appalti ed introducendo incentivi consistenti per le PPAA locali ed i loro managers affinchè creino le condizioni per favorire lo sviluppo dei singoli territori;
la riprogettazione della pubblica amministrazione in chiave moderna, trasparente ed integra, in modo che possa svolgere la propria missione di fornire ai cittadini e alle imprese un insieme di servizi capaci di rispondere in modo organico e completo alle loro aspettative, sia sotto il profilo della tempestività che dell’efficacia, da realizzare anche attraverso l’introduzione di robusti incentivi ad enti e dirigenti per favorire la crescita del pil sui territori;
modernizzare la giustizia civile e penale per adeguarla in tempi ragionevolmente brevi alle best practice europee;
adottare tutti i provvedimenti necessari per favorire la crescita della produttività delle imprese, favorendo con congrui benefici fiscali la ricerca e l’innovazione tecnologica e favorendo fiscalmente le aziende e i lavoratori che realizzano programmi di sviluppo della produttività aziendale;
l’adozione di tutti i provvedimenti idonei a rilanciare in misura rilevante il mercato dell’edilizia, favorendo piani di riqualificazione urbana su vasta scala, agevolando in misura adeguata la concessione del credito al settore immobiliare, avviando piani di edilizia popolare e sociale in esenzione totale di Iva;
interventi incisivi per rilanciare i consumi privati, rendendo deducibili dalle imposte dirette tutti gli acquisti di beni e servizi oltre determinati target di consumo, prevedendo bonus fiscali per chi supera determinate soglie di spesa in funzione del reddito percepito; una iniziativa che risulterebbe utile a contrastare anche l’evasione fiscale;
la introduzione di nuove forme di lotta all’evasione fiscale che oltre ad essere più incisive sotto il profilo della dissuasione siano basate anche in modo tangibile sulla creazione di meccanismi fiscali che inducano ed incentivino comportamenti virtuosi e che sappiano far emergere quindi la convenienza a non evadere;
l’attuazione di una seria riforma fiscale idonea a migliorare il rapporto tra fisco e cittadini ed imprese da realizzare attraverso una concreta semplificazione normativa conforme alle migliori esperienze europee;
lo sviluppo di investimenti pubblici e privati in ricerca ed innovazione, potenziando gli enti di ricerca pubblici nonché le remunerazioni dei dipendenti e rendendo totalmente detraibili fiscalmente gli investimenti in ricerca dei privati;
l’efficientamento e l’ottimizzare della spesa pubblica sapendola classificare in funzione del livello di produttività e benessere generato per la collettività, individuando metodologie di misurazione dell’efficienza e dell’efficacia nella realizzazione di opere pubbliche e adottando sistemi di incentivazione/penalizzazione per le pubbliche amministrazioni centrali e locali;
investimenti massicci nella scuola, nelle università e in tutto il sistema di istruzione;
la creazione di una task force dedicata ad individuare in modo sistematico forme evolute per dare slancio all’economia del sud con strategie mirate su ogni distretto territoriale;
investimenti robusti per il rilancio del turismo in tutte le aree a maggiore vocazione di attrazione in questo settore anche valorizzando maggiormente il patrimonio artistico e culturale;
investimenti per favorire la crescita demografica rifacendosi alle best practice europee;
la tutela dell’ambiente e dei territori posta al centro delle politiche di sviluppo economico.
Tutto questo deve essere messo in cantiere con immediatezza, anche se rese funzionali con il ritorno alla normalità, destinando non meno di 30 miliardi di euro di risorse pubbliche e mobilitando una somma di pari valore sul versante degli investimenti privati correlati all’attuazione dei piani di miglioramento dell’ambiente economico, e deve essere realizzato entro termini stringenti.
La finalità di questa seconda linea di azione è quella di utilizzare questo momento drammatico per dimostrare che stiamo utilizzando le risorse pubbliche non per fare assistenzialismo di basso profilo ma per prepararci ad affrontare il ritorno alla normalità in modo strutturale e risolutivo.
Qualcuno potrebbe pensare che questo è il momento di concentrarsi unicamente a spegnere l’incendio utilizzando a profusione l’estintore del debito pubblico per dare contributi a fondo perduto a pioggia. Sarebbe una soluzione fatale, una benzina sul fuoco che ci condurrebbe velocemente verso il baratro.
Dobbiamo al contrario mantenere ferma la consapevolezza che non siamo la Germania che con il suo rapporto debito/pil al di sotto del 60% si può permettere di utilizzare parecchie centinaia di miliardi di risorse pubbliche senza preoccuparsi della sostenibilità del proprio debito, ma siamo un paese che per errori strategici gravi pregressi ha una riserva molto limitata per ricorrere all’ombrello protettivo del debito pubblico.
Abbiamo, molte patologie pregresse che ci rendono estremamente vulnerabili e dobbiamo tener ben presente che apparteniamo a quella categoria di soggetti che se attaccati duramente dal virus e non curato con i farmaci appropriati possono morire, anche se sottoposti a terapia intensiva.
Se adotteremo quindi provvedimenti convincenti, dimostrando al mondo che sappiamo agire con la capacità di avere un occhio al presente ed un occhio sul futuro, daremo una svolta molto positiva alle nostre prospettive. Gli investitori e tutti i valutatori internazionali e nazionali percepiranno che stiamo trasformando questo forte momento di discontinuità a livello di Governance europea, tanto atteso, in un momento di svolta davvero virtuosa per le sorti del paese e per le sue capacità di competere sui mercati internazionali. Altrimenti, nonostante i cambiamenti di strategia in sede europea, rischiamo seriamente di impantanarci in una nuova profonda agonia, molto lunga e peggiore di quelle vissute durante le crisi del recente passato. Perché non saremo assolutamente pronti ad affrontare la spietata guerra economica che comincerà con la fine della battaglia contro il virus.
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