Gli smart-workers ormai sono una realtà lavorativa solida, anche alla luce della recente emergenza sanitaria, che ha amplificato, negli ultimi mesi, i numeri del telelavoro: si parla infatti, oggi, di oltre un milione di italiani che lavorano da casa, nella cosiddetta “modalità agile”, all’interno dei più svariati settori.
Il trattamento fiscale di questi lavoratori è attualmente al centro di un acceso dibattito tra nazioni confinanti: il caso della tassazione lavorativa in Svizzera, che coinvolge numerosi telelavoratori dei paesi limitrofi – italiani compresi – ne è un esempio importante.
Gli interrogativi politici ed economici, in particolare, riguardano il periodo post-crisi, tenendo anche conto del fatto che – come confermato dagli ottimi rapporti lavorativi tra Italia e Svizzera -, numerose sono le professionalità coinvolte, non solo in ambito smart-working.
Molti sono infatti i pendolari che lavorano, a pochi chilometri dal confine, in negozi e luoghi fisici, così come numerose – stando agli annunci dei siti di ricerca di lavoro specializzati – sono le richieste per le badanti o le cameriere.
Lo stesso vale per gli insegnanti a distanza, che hanno dovuto sperimentare la teledidattica, ma anche per chi già lavorava in modalità telematica. Quest’ultimo è il caso degli operatori telefonici per i servizi al cittadino, ma anche di altre professionalità, come quelle che operano nell’ambito dei casinò svizzeri legali, tenendo conto del fatto che, stando alla nuova legge elvetica sul gioco, le aziende estere possono lavorare sul web solo se in partnership con operatori locali (recente è, a tal proposito, la collaborazione tra Casinò Davos e Red Tiger.)
Si parla dunque di un “faccia a faccia” più che mai a “viso aperto”, che coinvolge lavoratori, aziende e politici.
Nella situazione di confronto italo-elvetica in particolare, così come emerso dalle direttive dell’Agenzia delle Entrate della Lombardia, lo status di “frontaliero” si ha solo se ci si può spostare fisicamente, causa lavoro, in un Cantone vicino, con rientro quotidiano. In poche parole, coloro che lavorano, per forza di cose, a distanza, in base a una Convenzione risalente al 1974, non sono considerati “pendolari” di frontiera, e sono dunque assoggettati al regime tassativo del Belpaese.
Motivo per il quale Alessandro Alfieri, senatore varesino, ha posto l’attenzione sui nuovi provvedimenti governativi in vigore dal 3 giugno, nonché sulla riapertura dello spazio “Schengen” – inclusa, dunque la Svizzera-.
Tale situazione fa pensare, al netto della conferma bilaterale, al ripristino delle condizioni fiscali che vedono il lavoratore assoggettato alla “sede del datore di lavoro” – nel caso dei frontalieri italiani, la Svizzera -, come peraltro già esplicitato dal portavoce della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali.
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