Giuseppe Sala rilancia la sua richiesta di porre fine allo smart working, per tornare fisicamente tutti a lavorare. In una lettera al Corriere della Sera il sindaco di Milano chiarisce però il suo pensiero, dopo le critiche che si sono sollevate, e scrive che in questa fase di lockdown per la pandemia di coronavirus “abbiamo evitato il collasso della nostra società intraprendendo nuove modalità di vita. Tra queste, il lavoro a distanza. È stato chiamato smart working, ma forse un po’ impropriamente. Ci sono nubi su quell’aggettivo, smart. Le persone che hanno lavorato da casa, spesso, lo hanno fatto con limiti variabili di tempo, al di fuori di un contesto di regole e tutele adeguate per questo nuovo strumento e, sicuramente in molti casi, con grande sacrificio”.
Tra queste, Sala indica “la costrizione che deriva dal non avere relazioni fisiche con gli altri”. Secondo il sindaco “lo smart working non è solo una grande opportunità, ma rappresenta un vero e proprio cambio di paradigma dell’organizzazione del lavoro”, ma la pandemia ha “costretto ad accelerare il ricorso a questo strumento, per forza di cose è stato un utilizzo in emergenza. Senza una gestione ordinata del processo di transizione”.
Secondo Sala, “lo smart working deve rientrare tra i diritti dei lavoratori nella nuova era digitale, in un possibile ripensamento adeguato ai tempi, dei diritti e dei doveri in generale. Forse di un nuovo Statuto dei lavoratori. Lo smart working è quindi uno strumento fondamentale per costruire un nuovo modello di sviluppo, ma non può essere preso in considerazione senza valutare sino in fondo anche tutti gli effetti collaterali e le ripercussioni che una adozione massiccia di questa modalità — ripeto, senza un percorso di transizione ben governato — può generare sulle città”.
Il sindaco milanese chiede che “dopo il virus non si contribuisca anche con scelte sbagliate ad aggravare la situazione di diversi comparti economici, non di certo per perpetrare una società troppo basata sui consumi, ma per aiutare chi oggi rischia di perdere il proprio lavoro a riorganizzarsi, a provare a reinvestire nella propria attività e adeguarla ad un nuovo modello, che andrà esplicitato, condiviso, costruito. In una sola parola governato”. Il timore di Sala che “il lavoro a distanza, non adeguatamente inserito in una strategia complessiva, lasciata al semplice vantaggio economico o alle «forze del mercato», possa aumentare la possibilità che posti di lavoro vengano tagliati. Anche di chi oggi è in smart working. È questa la mia preoccupazione. Corroborata da indizi che raccolgo ovunque e che lasciano presagire prossimi «piani di efficientamento» da parte di moltissime aziende”.
Di qui l’invito a “ricominciare a fidarsi. Tornare a riprendere la ricchezza delle nostre vite, che è anzitutto l’insieme di relazioni che intratteniamo. Una città, resa fantasma, è un incubo inaccettabile. Tornare a circolare, ad andare in ufficio o sul luogo di lavoro, riprendere la vita vivente”.