A Ferragosto le città d’arte, complici la chiusura di uffici e fabbriche e l’assenza dei turisti, hanno fatto registrare un calo dei fatturati tra il 30 e il 50%, mentre sul litorale non si trova un posto al ristorante fino al 24 agosto. I dati di Fipe Confcommercio non lasciano spazio a dubbi: il 70% circa delle attività cittadine ha ritenuto più conveniente chiudere, mentre chi rimane aperto incassa il 50-60% in meno rispetto a un anno fa.
In controtendenza le località di mare, dal Friuli alla Toscana alla costa adriatica, dove le prenotazioni sono in aumento con punte del 50% rispetto al 2019. Boccata d’ossigeno anche per le aree alpine e prealpine, dove il mese d’agosto si sta rivelando meno drammatico rispetto alle previsioni, grazie al turismo di prossimità e ai vicini valichi con la Svizzera e l’Austria: qui fatturati e occupazione registrano l’80% circa rispetto al 2019.
La lettura dei dati – “I dati positivi delle località balneari sono un’ottima notizia – sottolinea Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe – Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici Esercizi – ma è chiaro che si tratta di un pannicello caldo: due settimane di ripresa non possono compensare 6 mesi drammatici per il settore”.
“Tra l’altro- ha aggiunto – si tratta di un fuoco di paglia, destinato a durare fino al 23 agosto, quando gli italiani rientreranno nelle città. La speranza è che da settembre si comincino a riaprire gli uffici, allentando lo smartworking per dare ossigeno anche alle attività dei centri urbani e in periferia che ora vedono un crollo di fatturati del 50% e di un terzo degli occupati”.
Abbigliamento e moda in sofferenza – A Ferragosto dopo 15 giorni di saldi, in qualche regione anche oltre un mese, si registra un calo complessivo di incassi nei negozi e nelle boutique di circa 1,4 miliardi. I consumi si dovrebbero attestare a 2,1 miliardi contro i 3,5 miliardi dell’anno scorso. In particolare, secondo un sondaggio di Federazione Moda Italia-Confcommercio, il 74% delle imprese intervistate ha registrato un calo delle vendite rispetto ai primi 10 giorni di saldi del 2019. Le vendite sono stabili per il 14% e per un 12% positive.
Il 53% delle aziende che ha risposto ha evidenziato un calo del fatturato entro il 30% rispetto all’anno precedente, ma per la restante parte la perdita è stata superiore, arrivando a toccare un -70/80% nei centri delle grandi città che soffrono di più, a differenza delle periferie, dei centri minori e delle località turistiche che hanno registrato qualche soddisfazione. Gli acquisti hanno riguardato soprattutto t-shirt e polo, abiti donna, bermuda, camicie, calzature donna, pantaloni e sandali.
Da Federmoda Confcommercio fanno sapere che, per ripartire, servono presto contributi a fondo perduto, bonus per gli acquisti di abbigliamento e calzature, un credito di imposta per la svalutazione dei magazzini, perché sarà difficile, forse impossibile, recuperare la stagione primaverile completamente persa, con molti prodotti che resteranno invenduti.