Effetti collaterali della pandemia: a causa del Covid l’Italia rischia un boom dei lavoratori in nero.
Lo rileva la Cgia osservando che i lavoratori irregolari sono già 3,3 milioni, per lo più al Sud.
A questo si aggiunge il fatto che la crisi determinata dall’emergenza sanitaria potrebbe far esplodere l’esercito degli abusivi e dei lavoratori in nero presenti in Italia. Stando alle previsioni dell’Istat, infatti, entro la fine di quest’anno circa 3,6 milioni di addetti rischiano di perdere il posto di lavoro, riferisce la Cgia.
Secondo l’Ufficio studi della Cgia una parte di questi esuberi verrebbe assorbita dall’economia sommersa. Gli ultimi dati disponibili dicono che in Italia ci sono oltre 3,3 milioni di occupati in nero e il 38 per cento del totale è presente nelle regioni del Sud, producendo 78,7 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso.
A livello territoriale la situazione più critica si presenta nel Mezzogiorno. A fronte di poco più di 1.253.000 occupati irregolari (pari al 38 per cento del totale nazionale), nel Sud il valore aggiunto generato dall’economia sommersa è pari a 26,8 miliardi di euro, che corrisponde al 34 per cento del dato nazionale. La realtà meno investita dal fenomeno è il Nordest: il valore aggiunto prodotto dal sommerso è pari a 14,8 miliardi di euro.
Secondo l’ ultima stima redatta dell’Istat e relativa al 1° gennaio 2018, in Calabria il tasso di irregolarità 2 è pari al 21,6 per cento (136.400 irregolari), in Campania al 19,8 per cento (370.900 lavoratori in nero), in Sicilia al 19,4 per cento (296.300), in Puglia al 16,6 per cento (229.200) e nel Lazio al 15,9 per cento (428.200). La media nazionale è pari al 13,1 per cento.
Le situazioni più virtuose, invece, si registrano nel Nordest. Se in Emilia Romagna il tasso di irregolarità è al 10,1 per cento (216.200 irregolari), in Valle d’Aosta è al 9,3 per cento (5.700), in Veneto al 9,1 per cento (206.400) e nella Provincia autonoma di Bolzano si attesta al 9 per cento (26.400).
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