Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha espresso, all’interno della sua relazione all’assemblea ordinaria dei partecipanti, una velata fiducia nel futuro nonostante ci siano molti dubbi sulle conseguenze riguardanti gli aspetti economici.
“La pressione sui sistemi sanitari è ancora forte.
L’avvio delle campagne di vaccinazione in Italia e nel resto del mondo induce a un cauto ottimismo per il futuro. Resta comunque forte l’incertezza sull’evoluzione della crisi sanitaria e, di conseguenza, sulle prospettive dell’economia”.
“La crisi globale senza precedenti causata dalla diffusione del Covid-19 continua a incidere pesantemente sull’economia e sul tessuto sociale.
Le misure di contenimento stanno richiedendo restrizioni all’esercizio delle attività produttive, limitazioni agli spostamenti personali, prolungati periodi di sospensione della didattica in presenza nelle scuole e nelle università”, ha aggiunto il numero uno di Palazzo Koch.
Visco ha poi illustrato i dati di Bankitalia. La redditività della Banca d’Italia, “dopo cinque anni di crescita ininterrotta, si è ridotta rispetto al 2019, pur restando molto elevata nel confronto con gli anni precedenti”, ha detto.
“L’effetto sui ricavi del significativo aumento dei volumi di bilancio è stato più che compensato da quello della riduzione dei tassi di interesse.
Il risultato lordo – prima delle imposte e dell’accantonamento al fondo rischi generali – resta comunque superiore ai 10 miliardi, ben al di sopra del livello di due anni fa. L’utile netto è di 6,3 miliardi, 2 in meno rispetto al 2019″.
“A valere sull’utile netto di 6,286 miliardi”, il numero uno di Palazzo Koch ha proposto “di attribuire ai partecipanti un dividendo di importo uguale a quello corrisposto negli ultimi sei anni, e cioè 340 milioni, pari al 4,5 per cento del capitale.
La posta speciale sarebbe conseguentemente alimentata per 40 milioni, attestandosi così a 200 milioni”.
L’utile residuo per lo Stato, dunque, ha sottolineato sarebbe pari a 5,906 miliardi che, in aggiunta a imposte di competenza per 1,409 miliardi, “porterebbero le somme complessivamente destinate allo Stato a circa 7,315 miliardi. Negli ultimi cinque anni l’importo cumulato riconosciuto allo Stato raggiungerebbe così l’ammontare di 25 miliardi, oltre ad imposte di competenza per 6,5 miliardi”.
La dimensione raggiunta dalle attività della Banca d’Italia a fine 2020 “è senza precedenti: il totale di bilancio ha sfiorato i 1.300 miliardi, 336 in più rispetto allo scorso anno”.
“Tale incremento”, ha aggiunto Visco, “si aggiunge a quello di 429 miliardi rilevato nei 5 anni precedenti. Dalla fine del 2014, il totale di bilancio è quindi cresciuto di quasi il 150 per cento, a causa dello straordinario incremento delle operazioni di rifinanziamento a lungo termine delle banche e degli acquisti di titoli pubblici e obbligazioni private per finalità di politica monetaria”.
“Con il trasferimento di circa l’8 per cento del capitale della Banca, anche nell’ultimo anno è proseguito il processo di riallocazione delle quote dei partecipanti; considerando tutte le transazioni avvenute dall’avvio della riforma dell’assetto proprietario, la percentuale di capitale trasferito è salita al 48 per cento”, ha spiegato.
“Degli attuali 172 partecipanti, 145 sono entrati dopo la legge di riforma (6 assicurazioni, 8 fondi pensione, 11 enti di previdenza, 40 fondazioni di matrice bancaria e 80 banche). Le quote in eccesso rispetto al limite del 3 per cento del capitale ammontano, a valori nominali, a circa 1,5 miliardi di euro, corrispondenti a quasi il 20 per cento del capitale; erano intorno al 27 per cento alla fine del 2020, al 65 per cento il 31 dicembre 2013”, ha aggiunto il numero uno di Palazzo Koch.
Visco ha espresso “l’auspicio che la ridistribuzione delle quote entro i limiti previsti dalla legge prosegua a un ritmo sostenuto; l’ampliamento della compagine dei partecipanti”, ha sottolineato, “è tra le finalità della riforma. Abbiamo valutato con favore la partecipazione al capitale della Banca da parte delle casse previdenziali, che oggi ne detengono complessivamente il 19 per cento. L’ingresso dei fondi negoziali, legittimato dalla legge di riforma, aumenterebbe il peso dei soggetti espressione del risparmio previdenziale”.