Draghi e l'Italia che sarà: un piano da 248 miliardi che incassa l'applauso (anche) della Lega
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Draghi e l'Italia che sarà: un piano da 248 miliardi che incassa l'applauso (anche) della Lega

Duecentoquarantotto miliardi complessivi, sei missioni, riforme strutturali per un Paese che brucia ancora, messo in ginocchio da una pandemia che continua a mietere vittime e a far paura.

Draghi alla Camera
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27 Aprile 2021 - 06.46


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Mario Draghi affronta la prova dell’Aula – ieri la Camera, oggi sarà la volta del Senato- e scandisce la fiducia che ha nell’Italia, nel suo Paese, quella stessa fiducia che ha riversato sabato scorso, giornata interminabile, nel colloquio telefonico con la presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen, superando le resistenze sul Recovery plan messo a punto dall’Italia.

Dopo aver illustrato il Pnrr ieri, oggi il premier replica in Aula, poi il voto. Nel pomeriggio previsto il passaggio al Senato.

La seduta si apre tra qualche polemica politica -Fdi capofila e subito dietro la componente di ex grillini ‘L’Alternativa c’è’ e il leader di Si Nicola Fratoianni- sui tempi stretti concessi al Parlamento, con un testo lunghissimo, oltre 300 pagine per riscrivere il futuro del Paese, modificato appena due ore prima dell’intervento del presidente del Consiglio in Aula. Draghi ascolta attento e dunque inizia le comunicazioni con qualche minuto di ritardo, sguardo fermo, ricorda che dietro numeri, timing, tabelle e missioni del Pnrr c’è molto altro, c’è la vita degli italiani, il futuro del Paese, soprattutto dei bambini e dei giovani che si sono visti negare anche le aule di scuola, chiuse dalla pandemia.

L’ex numero della Bce, chiamato a guidare l’Italia poco più di due mesi fa, si rivolge al Parlamento, allo “spirito repubblicano”, invita a superare interessi di parte e miopie. Sa bene, Draghi, che le Camere saranno decisive in questa partita, con un timing serratissimo -appena 8 mesi- per realizzare riforme che attendono da sempre e da sempre sono al palo. E che saranno decisive, come rimarca nel suo intervento, per ottenere quei 222 miliardi che Bruxelles sbloccherà poco la volta -due tranche l’anno- ma solo se l’Italia avrà fatto i compiti a casa.

Ecco perché, in apertura del suo intervento, Draghi richiama il senso di responsabilità, rimarcando come sarebbe imperdonabile, per il futuro del paese, pensare a interessi di parte. Nel Pnrr, invita il presidente del Consiglio, “metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio. L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà. La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato”.

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“Ma, nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese. La misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale. La sua credibilità e reputazione come fondatore dell’Unione europea e protagonista del mondo occidentale”. Il Pnrr “non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere, ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare. Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite. Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio”.

Ora o mai più, esorta dunque Draghi, conscio delle fibrillazioni che muovono la sua maggioranza, e che potrebbero diventare ancor più vigorose quando si aprirà il semestre bianco. Si concede un’unica citazione, che va in questa direzione: è quella di Alcide De Gasperi, che nel 1943 rimarcava come ‘il funzionamento della democrazia economica esige disinteresse, come quello della democrazia politica suppone la virtù del carattere. L’opera di rinnovamento fallirà, se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini disinteressati pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune’.

“La buona riuscita del Piano – rimarca il presidente del Consiglio – richiede uno sforzo corale delle diverse istituzioni coinvolte e un dialogo aperto e costruttivo”. E si pone degli obiettivi che l’Italia dovrà centrare. Innanzitutto “riparare i danni economici e sociali della crisi pandemica”. Draghi snocciola i numeri di una tragedia che “ci ha colpito più dei nostri vicini europei”. Quasi 120.000 morti per il Covid-19, “a cui si aggiungono i tanti mai registrati”. Il Pil crollato dell’8,9% nel 2020, l’occupazione scesa del 2,8%, con i giovani e le donne che hanno pagato il prezzo più alto a questa crisi. E l’Italia che ne esce impoverita, drammaticamente. “Tra il 2005 e il 2019 – indica infatti il premier – il numero di persone sotto la soglia di povertà assoluta è salito dal 3,3 al 7,7%, per poi aumentare fino al 9,4% nel 2020”.

Il Recovery plan offre un’opportunità, affrontare “alcune debolezze che affliggono la nostra economia e la nostra società da decenni: i perduranti divari territoriali, le disparità di genere, la debole crescita della produttività e il basso investimento in capitale umano e fisico. Infine, le risorse del Piano contribuiscono a dare impulso a una compiuta transizione ecologica”. E qui, l’accento sulle riforme è fondamentale. “Queste non solo consentono di dare efficacia e rapida attuazione agli stessi investimenti, ma anche di superare le debolezze strutturali che hanno per lungo tempo rallentato la crescita e determinato livelli occupazionali insoddisfacenti, soprattutto per i giovani e le donne”.

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Ma se l’Italia la spunterà, se farà le riforme, se dunque otterrà le risorse per affrontare gli investimenti che il Pnrr disegna, “nel 2026 il PIL sarà di circa 3,6 punti percentuali superiore rispetto a uno scenario di riferimento che non tiene conto dell’attuazione del Piano”. L’occupazione crescerà di “3,2 punti percentuali rispetto allo scenario base nel triennio 2024-2026”, e “l’accelerazione della crescita può essere superiore a quanto riportato nel PNRR se riusciamo ad attuare riforme efficaci e mirate a migliorare la competitività della nostra economia”.

Draghi fa il punto anche sulla ‘governance’, uno dei punti nevralgici del Pnrr tanto da decretare la fine del governo Conte, con i renziani sulle barricate. “E’ strutturato su diversi livelli – spiega il premier – L’attuazione delle iniziative e delle riforme, nonché la gestione delle risorse finanziarie, sono responsabilità dei Ministeri e le autorità locali, che sono chiamati a uno straordinario impegno in termini di organizzazione, programmazione e gestione. Le funzioni di monitoraggio, controllo e rendicontazione e i contatti con la Commissione Europea sono affidati al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Infine, è prevista una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, con il compito tra l’altro di interloquire con le amministrazioni responsabili in caso di riscontrate criticità nell’attuazione del Piano”. Dunque di spingere qualora qualcuno dovesse rallentare, mettendo a rischio gli obiettivi che il Pnrr si pone.

Il presidente del Consiglio entra nel vivo del Piano. Ne illustra una per una le missioni, raccontando l’Italia che verrà, come il Pnrr cambierà il volto del Paese. La digitalizzazione, con le aule cablate, la telemedicina, le imprese smart; la rivoluzione green, con un’Italia finalmente attenta al suo equilibrio fragile, la spinta alle energie rinnovabili, l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati. E, su questo, lancia il segnale che il M5S, ma anche Fi, gli hanno chiesto: sul superbonus al 110% “non c’è alcun taglio”, rassicura.

Dunque si sofferma sul capitolo infrastrutture, con un occhio attento alla rete ferroviaria che, soprattutto al sud e sulle tratte regionali, arranca; sull’istruzione e la ricerca, con ben 32 miliardi da investire; sulle politiche attive sul lavoro, con un occhio attento ai giovani e alle donne, alla necessità di infrangere il ‘tetto di cristallo’ che le tiene inchiodate, lontane da ruoli apicali; e poi la salute, con i riflettori accesi dalla pandemia, quasi 19 miliardi per cambiare il passo della sanità, fermare politiche miopi che hanno portato negli anni allo smantellamento progressivo del Ssn.

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Recovery plan vuol dire riscrivere le regole di base, ma anche offrire un’opportunità senza precedenti al Paese. Con più scuole materne e più nidi, fondi per l’imprenditoria femminile, superamento delle barriere che rendono la vita impossibile ai disabili, politiche per la famiglia che invertano la rotta di un paese che invecchia a non fa più figli: “meno di 1,3 figli per ciascuna donna – ricorda Draghi – contro quasi 1,6 della media Ue”. “Per mettere i nostri giovani nella condizione di formare una famiglia, dobbiamo rispondere a tre loro richieste: un welfare adeguato, una casa e un lavoro sicuro”, ragiona il premier.

E poi il Sud. La necessità di colmare un divario di cui si parla da sempre ma che resta sempre lì, davanti ai nostri occhi. “Non è una questione di campanili – mette in chiaro Draghi – se cresce il sud, cresce anche l’Italia. Più del 50% del totale degli investimenti in infrastrutture – soprattutto l’alta velocità ferroviaria e il sistema portuale – è diretto al sud”.

Per realizzare l’Italia che Draghi e il suo governo hanno immaginato, bisogna realizzare le riforme. A partire dalla Pubblica amministrazione, passando da una riforma potenzialmente divisiva come quella della giustizia. Con degli obiettivi ambiziosi da centrare: “ridurre i tempi dei processi del 40 per cento per il settore civile e almeno del 25 per cento per il penale”, illustra il presidente del Consiglio. E poi attuare “una continuativa e sistematica opera”, non meno complessa, “di abrogazione e modifica delle norme che frenano la concorrenza, creano rendite di posizione e incidono negativamente sul benessere dei cittadini. Questi principi sono essenziali per la buona riuscita del Piano: dobbiamo impedire che i fondi che ci accingiamo a investire finiscano soltanto ai monopolisti”, mette in chiaro il premier.

Per riuscire in tutto questo, occorre una maggioranza che remi nella stessa direzione, Draghi lo sa bene e mostra fiducia. “Sono certo che riusciremo ad attuare questo Piano. Sono certo che l’onestà, l’intelligenza, il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, la stupidità, gli interessi costituiti. Questa certezza non è sconsiderato ottimismo, ma fiducia negli Italiani, nel mio popolo, nella nostra capacità di lavorare insieme quando l’emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità. È con la fiducia che questo appello allo spirito repubblicano verrà ascoltato, e che si tradurrà nella costruzione del nostro futuro, che presento oggi questo Piano al Parlamento”.

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