Quello dei caregiver e dei loro inesistenti diritti è un argomento costantemente e regolarmente dimenticato. Parliamo di un esercito silenzioso di almeno un milione di persone solo in Italia, il 90% donne, alle quali non viene riconosciuta alcuna retribuzione, né tutela lavorativa. Sono persone che hanno dovuto rinunciare al proprio lavoro per fornire assistenza continuativa a un membro della famiglia, un figlio con gravi disabilità, un genitore non autosufficiente o un malato oncologico, non percependo alcun reddito, né supporto da parte dello Stato.
Inaccettabile che il Disegno di Legge per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare (DdL S.1461) sia fermo in Senato, essendo in corso di esame di commissione dal 28 luglio 2020. Non è ammissibile che lo Stato italiano non sia in grado di fornire strutture, servizi e personale a supporto del faticoso lavoro svolto dai caregiver familiari nelle proprie case, riconoscendo pienamente il valore sociale dell’attività che svolgono, con il conseguente diritto alle tutele previste, quali stipendio, indennità di malattia, ferie e pensione.
Per questo mi sono fatta portavoce in Europa della battaglia per il riconoscimento del caregiver familiare come lavoratore, accogliendo le istanze dell’Associazione “Genitori tosti in tutti i posti”, difendendo la loro petizione in Commissione Petizioni che, a seguito del mio intervento, l’ha dichiarata ammissibile.
In previsione della Strategia europea in materia di assistenza che dovrebbe essere presentata il prossimo settembre, abbiamo approvato al Parlamento Ue una risoluzione affinché non vi siano colpevoli ritardi in una proposta che, in considerazione di un aumento da 30 milioni nel 2019 a 38 milioni nel 2050 di persone nell’UE che necessitano di assistenza, risulta della massima urgenza.
In particolare, grazie al lavoro di noi Verdi, siamo riusciti a introdurre nella risoluzione la richiesta di un Care Deal for Europe che stanzi i finanziamenti necessari per riconoscere finalmente la dimensione lavorativa del caregiver e per garantire una vita dignitosa alle persone che necessitano di assistenza. Ci siamo battuti con forza, inoltre, per dare priorità al finanziamento dei servizi pubblici rispetto alla privatizzazione dei servizi di assistenza, al fine di garantire l’accessibilità universale. C’è anche un altro aspetto, spesso ignorato, di questo allarmante fenomeno: il legame tra la sottovalutazione dei caregiver in termini di retribuzione e mancanza di visibilità con l’altissima percentuale di femminilizzazione del settore, vale a dire che ancora una volta sono le donne le categorie maggiormente penalizzate.
Eppure in Europa esistono modelli virtuosi a cui ispirarsi: in Svezia e Danimarca, patrie del welfare, esiste un sistema di assistenza continuativa a lungo termine fornito e finanziato dallo Stato, pertanto il ricorso ai caregiver familiari nei due paesi nordici è moderato. La Svezia sostiene i caregiver anche dal punto di vista psicologico, offrendo la possibilità di godere di periodi di riposo con cura sostitutiva a domicilio senza spese. In Finlandia è prevista la possibilità per il caregiver familiare di stringere un accordo con le autorità municipali per il riconoscimento di un’indennità sulla base dei bisogni della persona anziana, pagata direttamente al caregiver familiare; i caregiver hanno diritto a tre giorni di congedo al mese e hanno diritto a ricevere cure sostitutive pagate dal Comune. In Francia, coloro che hanno dovuto interrompere la propria carriera per prendersi cura di una persona cara per almeno 30 mesi di seguito, possono godere di pensione piena all’età di 65 anni e, ai fini contributivi, il periodo dedicato all’attività assistenziale è assimilato all’impiego.
Ritengo importantissima la missione dell’associazione Genitori Tosti in Tutti i Posti e sono sinceramente felice di sostenere le loro legittime istanze sui tavoli europei e di aver acceso i riflettori su questo allarmante fenomeno organizzando, lo scorso 19 luglio, un evento dedicato negli uffici del Parlamento europeo di Milano. La loro petizione europea, che mi sono impegnata a difendere, dovrà servire da un lato a spingere l’Europa ad impegnarsi molto di più sulle politiche sociali, e dall’altro a ricordare all’Italia la grave mancanza di azione in tutti questi anni nel riconoscere diritti e tutele a milioni di persone invisibili per lo Stato, ma che portano avanti ogni giorno un lavoro di enorme abnegazione, a cui va riconosciuta la giusta dignità.