Una miscela letale in tempi di crisi. In Italia il 3 per cento del consumo energetico è imputabile agli sprechi alimentari. Percentuale che equivale all’energia utilizzata in un anno da 1.650.000 persone (Roma, per dire, conta tre milioni di abitanti), oppure all’85 per cento di quella “bruciata” dal comparto industriale dell’Emilia Romagna. Un danno al quadrato, dunque, con gravi conseguenze in termini di costi economici, sociali e ambientali. Da un lato, grandi quantità di energia sono utilizzate per produrre, distribuire e consumare cibo, dall’altro, ulteriore energia viene impiegata nella gestione e nello smaltimento degli sprechi e scarti di alimenti ancora commestibili. Tutto questo mentre gli studi sulla “povertà energetica” rilevano che 150 milioni di cittadini europei non sono in grado di sostenere i costi di riscaldamento, del gas per cucinare e del funzionamento degli elettrodomestici. Un peso che in Italia grava su circa il 10 per cento delle famiglie.
I dati sono stati presentati oggi a Roma nell’ambito della campagna europea “Un anno contro lo spreco” che, appunto, è dedicata ai costi energetici dello spreco alimentare. Un tema in perfetta sintonia con l’anno Internazionale dell’energia sostenibile proclamato dalle Nazioni Unite che si concluderà a dicembre. L’iniziativa è promossa da Last minute market (Lmm), spin off dell’Università di Bologna ed eccellenza europea nel recupero degli sprechi alimentari, e diretta dall’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore e presidente di Lmm.
La terza edizione della campagna ha già ottenuto un importantissimo traguardo, portando il Parlamento europeo in seduta plenaria ad approvare (Strasburgo, 19 gennaio 2012) la Risoluzione per il 2014 Anno europeo contro gli sprechi alimentari e per il dimezzamento degli sprechi entro il 2025. Inoltre, nel corso della presentazione sono state illustrate le prossime Giornate contro lo Spreco 2012 che si svolgeranno sabato 24 novembre e lunedì 3 dicembre a Bologna, e martedì 4 dicembre a Roma, quest’ultima nell’ambito della 145esima sessione del Consiglio Fao.
Come già nel 2010 con il Libro Nero dello Spreco: il Cibo e nel 2011 con il Libro Blu dello Spreco: l’Acqua, nel 2012 i ricercatori di Last Minute Market hanno lavorato, sempre per Edizioni Ambiente, al Libro Verde dello Spreco: l’Energia, offrendo un capillare e fondamentale monitoraggio dei costi e degli sprechi energetici legati allo spreco del cibo. La pubblicazione, a cura di Andrea Segrè e Matteo Vittuari, sarà presentata ufficialmente a Bologna il 24 novembre.
Vediamo insieme alcuni dei dati più significativi. Lo spreco energetico legato al settore agroalimentare parte dal confezionamento e dalle varie lavorazioni cui vengono sottoposti gli alimenti. Ad esempio, le pratiche insalate in busta richiedono un input energetico che può arrivare a 7800 kcal per kg di prodotto, ma forniscono solo 200 kcal alimentari per kg di prodotto.
Inoltre, considerando il raccolto rimasto in campo, che nel 2010 ammontava ad oltre 1,5 milioni di tonnellate, corrispondente al 3,2 per cento della produzione totale, i relativi consumi energetici per la produzione è stato stimato che l’equivalente di gas metano sprecato avrebbe potuto riscaldare per un anno 400mila appartamenti da 100mq di classe A. Ma il settore agroalimentare è anche produttore di energie rinnovabili: i residui colturali potrebbero garantire importanti risorse energetiche in grado di riscaldare 297mila appartamenti di classe A. A livello nazionale la quantità di biomassa da scarti agricoli equivale alla messa a coltura di una superficie di 200.000 ettari (a colture energetiche) e potrebbe garantire la produzione di 6,5 miliardi di M3 di gas metano e soddisfare i consumi (per riscaldamento e uso domestico) di oltre 16 milioni di cittadini italiani.
E ancora, riducendo lo spreco di cibo nell’industria alimentare, che risulta pari a ca il 2,6 per cento del prodotto finale, si potrebbero riscaldare per un anno ca. 330.000 appartamenti da 100 m2 di classe A. Gettare cibo ancora consumabile non significa soltanto aver utilizzato inutilmente le risorse impiegate nei processi produttivi, ma anche sprecare l’energia chimica contenuta negli alimenti. Uno studio condotto in un ipermercato di Bologna ha rilevato che in un anno vengono smaltiti come rifiuti fino a 92mila Kg di cibo commestibile, ossia una media di 252 kg al giorno, su cui pesano in larga parte frutta, verdura e carne. Si è stimato che con questi 252 kg di cibo sarebbe possibile fornire una dieta completa ed equilibrata per 18 persone al giorno, soddisfacendo a pieno il loro fabbisogno energetico. Allo stesso tempo, sarebbe possibile fornire una dieta parziale ad altre 323 persone al giorno.
Infine, secondo gli esperti di Last minute market, è importante collegare il tema degli sprechi alimentari e dei costi energetici al costo ambientale provocato dalle emissioni di CO2. In Italia lo spreco alimentare corrisponde a circa 3,6 milioni di tonnellate all’anno e comporta l’emissione di ca. 4,14 milioni di tonnellate di CO2. Nel 2010 il nostro Paese ha prodotto 501 milioni di tonnellate di CO2, ossia 16 milioni in più rispetto all’obiettivo di Kyoto, fissato in 485 milioni di tonnellate.
Confrontando questo dato con quello associato agli sprechi agroalimentari (4,14 milioni di tonnellate) emerge come le emissioni prodotte dagli sprechi alimentari corrispondano a circa un quarto della riduzione prevista con il Protocollo di Kyoto.
Quindi attraverso la prevenzione e il recupero dello spreco è possibile da un lato (ri)destinare all’interno del ciclo alimentare prodotti per cui era già stata generata una quantità significativa di emissioni, dall’altro evitare che nuove emissioni debbano essere generate per gestire o smaltire quegli sprechi diventati rifiuto.