Una fotografia dell’Italia che ancora tentenna per inquinamento, mobilità e gestione dei rifiuti. È quella scattata da dalla ventunesima edizione di Ecosistema Urbano, il rapporto di Legambiente sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani, realizzato in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore e presentato oggi a Torino.
Le città più vivibili (e quindi prime in classifica) sono Verbania, Belluno, Bolzano, Trento e Pordenone, ma per capire la brutta aria che tira nei nostri centri urbani basta sbirciare le prestazioni dei comuni che dovrebbero essere al top. Trento, per intenderci, ha valori eccessivi di biossido di azoto, Verbania e Belluno perdono un terzo dell’acqua immessa in rete, Pordenone depura poco più della metà dei suoi scarichi fognari. Non è difficile, allora, immaginare qual è la situazione in fondo alla classifica, dove si collocano Agrigento e Isernia, Crotone e Messina, Catanzaro e Reggio Calabria.
Nel nostro paese, prevale un format decisionale che guarda alla città da prospettive parziali, ciascuna delle quali persegue logiche di settore spesso contraddittorie e in reciproca elisione che favoriscono un’incoerente destinazione delle risorse e una perniciosa disorganicità nelle azioni. Ma diversamente vanno le cose in numerose città europee. Barcellona, Bilbao, Londra, Malmö, Copenaghen, Vienna e Amburgo, per citarne solo alcune, mostrano ognuna a modo suo una capacità di ripensarsi: la rigenerazione passa o almeno tenta di passare attraverso piccoli e grandi interventi di trasformazione tesa a cancellare gli errori del passato e accrescere la qualità dei servizi e la vivibilità.
E il confronto con i nostri vicini europei è fondamentale per leggere correttamente le classifiche di Ecosistema Urbano, che quest’anno si concentra sulla qualità delle politiche ambientali dei nostri capoluoghi di provincia, per osservare in modo più approfondito quello che l’amministrazione locale fa, o non fa, per migliorare la mobilità, la gestione dei rifiuti e delle acque e, in generale, la qualità del proprio territorio. L’insieme dei dati ci dice, ancora una volta, che le città italiane vanno a tre velocità: sono lente, lentissime e statiche.
‘Non mancano i segnali di cambiamento: il successo della raccolta differenziata a Milano e Andria, il car-sharing a Roma e Milano, le pedonalizzazioni a Bologna, la mobilità a Bolzano – dichiara il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – pochi segnali positivi in una situazione bloccata. Eppure la discussione nel paese sta ripartendo, complice il dibattito sui fondi strutturali e le questioni aperte dalla istituzione delle città metropolitane. Al suo ventunesimo anno, Ecosistema Urbano ripete con evidenza che c’è bisogno di una strategia positiva di trasformazione delle città. Quello che davvero manca è la capacità di immaginare il traguardo, il punto d’arrivo verso cui tendere, sia nel breve che nel lungo o lunghissimo periodo. In assenza di obiettivi chiari e ambiziosi – prosegue Cogliati Dezza – le nostre città non andranno da nessuna parte, schiacciate come sono da logiche parziali e settoriali, a compartimenti stagni. Eppure è proprio la crisi economica in edilizia, la pessima qualità della mobilità urbana e periurbana, le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dalle nuove tecnologie energetiche che rendono possibile e necessario avviare concreti percorsi di rigenerazione urbana. Serve un piano nazionale che assegni alle città un posto di primo piano nell’agenda politica che superi la frammentazione dei singoli provvedimenti e mostri una capacità politica di pensare un modo nuovo di usare e vivere le città. Purtroppo, il decreto SbloccaItalia rappresenta solo l’ennesima occasione persa. E le città pagheranno anche questo’.
Quest’anno, sono 18 gli indicatori selezionati per confrontare tra loro i 104 capoluoghi di provincia italiani. Tre indici sulla qualità dell’aria (concentrazioni di polveri sottili, biossido di azoto e ozono), tre sulla gestione delle acque (consumi, dispersione della rete e depurazione), due sui rifiuti (produzione e raccolta differenziata), due sul trasporto pubblico (il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione), cinque sulla mobilità (tasso di motorizzazione auto e moto, modale share, indice di ciclabilità e isole pedonali), uno sull’incidentalità stradale, due sull’energia (consumi e diffusione rinnovabili). Quattro indicatori su diciotto selezionati per la classifica finale (tasso di motorizzazione auto, tasso di motorizzazione moto, incidenti stradali e consumi energetici domestici) utilizzano dati pubblicati da Istat.
Nel complesso, l’inquinamento atmosferico resta ancora a livelli di emergenza. In particolare, aumentano le situazioni critiche nei comuni più grandi. Per il biossido di azoto (NO2), Trieste, Milano, Torino e Roma fanno registrare valori oltre i 50 μg/mc. Le politiche urbane sulla mobilità, uno tra i principali fattori di pressione sulla qualità dell’aria, non sembrano ancora portare i risultati sperati.
I dati sugli spostamenti in auto e moto, supportati da un tasso di motorizzazione ancora in leggero aumento, mostrano come la diffusione sistematica della mobilità muova (piedi e bici integrati con trasporto pubblico efficiente) sia una realtà ancora lontana. Solo a Bolzano le politiche di mobilità sono riuscite a limitare gli spostamenti motorizzati privati al di sotto di un terzo degli spostamenti complessivi. Mentre sono 26 le città in cui gli spostamenti in auto e moto superano i due terzi del totale. Sul fronte del trasporto pubblico, non raggiungono la soglia dei 100 passeggeri per abitanti Bari (57 pass./ab), Napoli (56 pass/ab), Catania (47 pass/ab), Palermo (37 pass/ab). Chiudono, tra le grandi città, gli “nd” di Taranto e Messina.
Continua a risentire della congiuntura economica negativa la produzione di rifiuti. Nel 2013 la produzione pro capite scende a una media di 541 kg/abitante (-3,4% rispetto all’anno precedente), mentre la raccolta differenziata arriva al 40,8% (+3,9%). Al di là del valore medio, lo sviluppo della raccolta differenziata mostra ancora gruppi fortemente polarizzati. A fronte di un terzo dei comuni che non raggiunge nemmeno quell’obiettivo del 35% previsto per il 2006, ve ne sono altrettanti che superano abbondantemente il 50%. Otto di questi – tra cui due città campane, Benevento e Salerno – hanno praticamente raggiunto o superato l’obiettivo di legge del 65%, ponendo le basi per lo sviluppo di un’economia circolare basata sul riciclo e riuso delle risorse che è una dei pilastri fondamentali dell’agenda europea per il 2020.
Il dato sulla dispersione dell’acqua conferma un panorama molto variegato: si passa dall’8% di Foggia al 77% di Cosenza. Ancora oggi in 52 città più del 30% dell’acqua immessa nella rete viene dispersa; in 19 le perdite sono addirittura superiori al 50% (Bari, Como, Chieti, Matera, Messina, Palermo, Massa, Rieti, Gorizia, Catanzaro, Salerno, L’Aquila, Vibo Valentia, Potenza, Sassari, Latina, Ragusa, Frosinone, Cosenza).
Per la depurazione, in testa alla classifica troviamo 43 capoluoghi in grado di servire più del 95% degli abitanti, tra questi 11 raggiungono quota 100%, riuscendo a coprire la totalità della popolazione. Quattro, invece, i comuni, tutti meridionali, in cui viene servita dal depuratore solo la metà, o meno, della popolazione: Benevento (21% di capacità di depurazione), Catania (24%), Messina (48%) e Palermo (49%).
A passarsela meglio sono città medio-piccole, soprattutto del nord Italia. Anche se tra le prime 10 in classifica troviamo ben tre città del centro: Oristano, L’Aquila e Perugia. Prima in assoluto è Verbania che colleziona buone performance negli indicatori più significativi, a cominciare da quelli sull’inquinamento atmosferico. Seconda è Belluno: buoni risultati negli indici legati all’inquinamento atmosferico, ai rifiuti e a parte della mobilità. E’ seconda dietro a Oristano nella graduatoria della produzione procapite di rifiuti con 383,8 chili per abitante all’anno e si attesta al 70,6% di rifiuti raccolti in maniera differenziata. Sul podio anche Bolzano: seconda assoluta nella classifica dedicata alle polveri sottili, balza dal 46% di raccolta della scorsa edizione all’attuale 54,8%. Trento si piazza al quarto posto, grazie alle basse medie delle polveri sottili e al buon binomio totale di rifiuti raccolti-percentuale di raccolta differenziata. Per quest’indice è addirittura terza con il 70,9% di Rd, dietro solo a Pordenone e Verbania. Conquista inoltre il primo posto per consumi elettrici annui procapite: con 896 kWh/abitante è il capoluogo che consuma meno.
In coda alla graduatoria ci sono Crotone (102), Isernia (103) e Agrigento (104), che collezionano una lunga serie di “nd” negli indici più significativi della ricerca e dove rispondono evidenziano performance molto poco brillanti. A Crotone sono appena 3 i viaggi l’anno effettuati dagli abitanti sugli autobus, 0,02 i metri quadrati di superficie pedonale a disposizione di ogni residente, il 16,6% i rifiuti raccolti in modo differenziato. Isernia dichiara l’8,0% di rifiuti raccolti in maniera differenziata, 71 auto ogni 100 abitanti, zero metri equivalenti di strada destinata ai ciclisti, zero potenza installata da solare termico e fotovoltaico su edifici comunali. Agrigento, assieme a Cosenza e Caserta, ha inviato informazioni inferiori al 50% del totale dei punti assegnabili.