L’Italia è oggi più che mai “uno sfasciume idrogeologico pendulo sul mare”
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L’Italia è oggi più che mai “uno sfasciume idrogeologico pendulo sul mare”

Già nel 1966 il dirigente comunista Mario Alicata denunciava i misfatti ambientali. Da allora poco o nulla si è fatto nel corso degli anni per evitare disastri tanto devastanti.

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Nicola Filazzola Modifica articolo

29 Novembre 2018 - 15.56


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I disastri provocati dalle alluvioni di questi giorni, il numero impressionante dei morti registrati, la vastità dei danni arrecati alle comunità e ai territori mi hanno ricordato ciò che Giustino Fortunato pensava dell’Italia, da lui definita “uno sfasciume geologico pendulo sul mare”.
Il grande meridionalista di Basilicata, a giudizio del dirigente comunista Mario Alicata (un intellettuale che oggi andrebbe riscoperto perché non amava “l’attivismo puro e semplice”, e lo trovava addirittura “ripugnante”), fu colui che “si batté strenuamente contro l’immagine oleografica dell’Italia giardino d’Europa “
Leggendo un articolo di Mario Alicata scritto per Rinascita il 26 novembre 1966, si può comprendere quanto acuti fossero già allora i problemi legati alla natura del nostro territorio, e quanto poco, o quasi nulla, si è fatto nel corso degli anni per evitare che disastri tanto devastanti, come quelli che hanno sconquassato il territorio nazionale le settimane scorse, rivelassero i mali che ritenevamo appartenere a un non lontano passato: irriguardosi delle leggi e del buon senso.
Nel 1966, per esempio, accadde qualcosa di molto simile a ciò che si è verificato lo scorso ottobre: la frana di Agrigento, che si trascinò quasi metà città. Poi ci furono l’alluvione di Firenze, e lo straripamento di tutti i fiumi del Veneto.
Mario Alicata, figura tra le più fervide di quella straordinaria forza di popolo che fu a quei tempi il Pci, volle rendersi conto di quanto accaduto, recandosi personalmente nei luoghi colpiti dalle inondazioni. Raccolse informazioni, sofferenze, disperazione. Nell’articolo di Rinascita, che espone un’analisi impietosa della gestione del territorio, Alicata si sofferma in modo particolare sul “sacco di Agrigento“ (anticipatore del sacco di Palermo e di tutte le devastazioni urbanistiche che hanno distrutto in pochissimi anni città e campagne di singolare bellezza). Le responsabilità di quelle catastrofi sono da ricercare, senza giri di parole, non nelle avversioni climatiche, ma nel gruppo di potere che governava la città dei templi. Temi che egli riprenderà con maggiore incisività il 5 dicembre dello stesso anno, in un lungo intervento alla Camera. La sua fu una requisitoria dettagliata contro l’uso dissennato del suolo, causa principale di tutti i disastri ambientali.
Nel suo intervento, Mario Alicata farà persino nomi e cognomi dei responsabili: un comitato d’affari del quale facevano parte politici, esponenti della magistratura, professionisti, imprenditori. Un modello che si estenderà a poco a poco in tutto il Paese, tanto da spingere Sciascia, alcuni anni dopo, a parlare di “sicilianizzazione dello Stato”. Leonardo Sciascia in sostanza voleva dire che in Italia era passato non il messaggio di Alessandro Manzoni, ma quello di Totò Riina.
Per uno scherzo del destino, Mario Alicata, che aveva conosciuto il carcere durante il periodo fascista, morirà proprio il giorno dopo, il 6 dicembre, all’età di 48 anni appena.
Riflettendo su quanto accaduto nei giorni scorsi nel nostro Paese, non ho potuto fare a meno di ricordare il contributo che Mario Alicata ha saputo dare in tempi non certamente facili della lotta contro le arretratezze e le disuguaglianze. Quella fu anche una lotta, non secondaria, per la difesa della natura nella sua accezione più larga. Il suo impegno di uomo di politica e di cultura e di politica ci trasmette il convincimento che non basta più battersi per il proprio contado, poiché la questione preminente di oggi riguarda la salute del pianeta.
Qualche anno ancora e si porrà il problema di dividersi il pane e l’acqua: domande alle quali i “sovranismi” attuali non potranno dare alcuna risposta, che non potrà dare nemmeno l’Europa.
La proposta di Macron di armare l’Europa sa di vecchio. Nuovo, invece, è chiederne l’esatto opposto, cioè il disarmo, visto e considerato che le guerre siamo sempre stati noi ad infliggerle agli altri.
Bisogna cominciare a parlare di Governo del Mondo. Solo questo, forse, potrà salvare la terra e la sua umanità dai tanti pericoli che ci minacciano.

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