Sconvolgente. Non c’è altro modo per definire questo dato: il 99% dei 2,2 miliardi di bambini del mondo sono esposti ad una minaccia ambientale. Praticamente tutti.
A Glasgow lo sanno?
“Il 2021 si prevede sarà uno degli anni più caldi mai registrati, secondo i nostri colleghi del WMO. Ci sono molte dichiarazioni dai leader del mondo in cui le parole “bambini” e “giovani” sono menzionate diverse volte. Ma mentre i leader parlano ancora una volta dell’impatto della crisi climatica sui bambini, troppo pochi intendono trasformare queste parole in azioni significative che tengono in considerazione effettivamente i bambini.
L’Unicef ha pubblicato oggi una nuova analisi – intitolata “Making climate and environment policies for & with children and young people”-che rivela che due terzi dei piani climatici dei paesi non affrontano i bisogni e le priorità dei bambini.
Recita il comunicato: “Abbiamo esaminato le Nationally Determined Contributions – (o NDCs) che sono state aggiornate prima della COP26. Questi documenti sono presentati dai paesi che hanno firmato l’Accordo di Parigi, e delineano le azioni che si impegnano a intraprendere per raggiungere i loro obiettivi. Dei 103 piani nazionali, l’Unicef ritiene che solo 35 di essi – o circa un terzo – siano sensibili ai bambini. Solo 1 su 5 fa riferimento ai diritti dei bambini o alla giustizia e all’equità intergenerazionale in modo significativo. Solo il 12% riferisce che i bambini hanno partecipato allo sviluppo del piano.
I Paesi stanno dicendo le cose giuste sul considerare e includere i bambini, ma i loro piani sul clima rendono le loro promesse vuote. I bambini e i giovani portano energia, leadership e idee, eppure i leader continuano a non prestare attenzione alle loro richieste. La crisi climatica è una crisi dei diritti dei bambini.
Ad agosto, l’Unicef ha pubblicato l’Indice di Rischio Climatico per i Bambini che ha rivelato che il 99% dei 2,2 miliardi di bambini del mondo – praticamente tutti – sono esposti ad almeno una minaccia ambientale, tra cui ondate di calore, cicloni, inondazioni, siccità, malattie trasmesse da vettori, inquinamento atmosferico e avvelenamento da piombo.
Per rispondere alla crisi climatica l’Unicef implora i governi di intraprendere tre azioni: Incrementare investimenti sull’adattamento climatico e la resilienza: I bambini delle comunità che hanno contribuito meno alle emissioni globali affronteranno i maggiori impatti del cambiamento climatico. Queste sono le comunità che vedranno la più grande crescita della popolazione infantile nei prossimi decenni; e per questi bambini la mitigazione per tagliare le emissioni di CO2 arriverà troppo tardi, dato che le riduzioni delle emissioni impiegheranno decenni per avere un impatto sugli impatti climatici che abbiamo già causato. Costruire la resilienza dei servizi sociali da cui dipendono questi bambini – acqua, salute e istruzione – è fondamentale per ridurre i rischi che dovranno affrontare.
L’Unicef esorta i paesi sviluppati a superare la loro promessa del 2009 di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti per il clima, alla luce dell’evidenza che queste somme sono insufficienti per affrontare la portata degli impatti climatici. L’Unicef sollecita una maggiore enfasi sui finanziamenti per costruire la resilienza al clima e la capacità di adattamento.
Ridurre le emissioni di gas serra: L’adattamento non può fare molto ed è imperativo che alla COP26 i leader si impegnino a tagliare le emissioni più velocemente e più profondamente. I bambini del mondo non possono permettersi ulteriori ritardi.
L’Unicef sta sollecitando i paesi a tagliare le loro emissioni di almeno il 45% (rispetto ai livelli del 2010) entro il 2030 per mantenere il riscaldamento a non più di 1,5 gradi Celsius.
Includere i giovani in tutti i negoziati e le decisioni sul clima: Come conferma l’analisi di oggi, i bambini e i giovani continuano ad essere sottorappresentati nelle politiche e nelle discussioni sul clima, anche se sono i più importanti interlocutori per le soluzioni sostenibili. Questo limita la loro capacità di influenzare le decisioni che sono critiche per il loro futuro e non li aiuta a guidare il mondo che erediteranno.
Ogni bambino e giovane che vive oggi è nato in un mondo pienamente consapevole delle conseguenze dell’inazione sul cambiamento climatico, ma i leader non sono in grado di concordare misure per fermarlo. La comunità internazionale deve usare le discussioni rimanenti alla COP26 per trasformare le parole in azione. Devono creare comunità più sicure per i bambini colpiti ora e concordare un percorso per prevenire i peggiori impatti del cambiamento climatico per le persone ovunque”.
Fin qui l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Infanzia
Dalla parte del futuro
Tradimento”. “Così i giovani in tutto il mondo definiscono l’incapacità dei nostri governi di idurre le emissioni. E non c’è da sorprendersi”. Inizia con queste parole l’appello urgente che Greta Thunberg, Vanessa Nakate dall’Uganda, Dominika Lasota dalla Polonia e Mitzi Tan dalle Filippine vogliono inviare “ai leader mondiali perché finalmente rispondano all’emergenza climatica”. L’appello, pubblicato sul sito dell’ong Avaaz, puntava a 750 mila firme, ma al momento sono quasi un milione le sottoscrizioni che arrivano da tutto il mondo. “Come cittadini di tutto il Pianeta, vi chiediamo con urgenza di contrastare l’emergenza climatica. Non l’anno prossimo. Non il mese prossimo. Adesso” si legge nell’appello in cui si afferma che “possiamo ancora farcela. Possiamo ancora evitare le conseguenze peggiori, se siamo pronti a cambiare. Ci vuole una politica determinata, lungimirante e un enorme coraggio, ma vi ripagherà, perché il vostro impegno sarà sostenuto da miliardi di persone”. “Siamo disastrosamente lontani dall’obiettivo cruciale di 1,5gradi, mentre i governi di tutto il mondo addirittura accelerano la crisi, continuando a spendere miliardi per i combustibili fossili. Questa non è un’esercitazione. È codice rosso per la Terra. Milioni di persone soffriranno per la devastazione del nostro Pianeta. Le vostre decisioni causeranno o eviteranno questo scenario terrificante. Sta a voi scegliere”. Nell’appello, le attiviste scrivono che “è fondamentale: continuare a perseguire l’obiettivo fondamentale di 1,5 gradi riducendo immediatamente e drasticamente le emissioni annue, con un atto coraggioso mai visto prima d’ora. Porre fine immediatamente a tutti gli investimenti in combustibili fossili, i sussidi e i nuovi progetti e fermare nuove esplorazioni ed estrazioni. Smettere di contare la riduzione di CO2 in modo ‘creativo’, pubblicando le emissioni totali per tutti gli indici di consumo, le catene di approvvigionamento, l’aviazione e la navigazione internazionali e la combustione della biomassa. Consegnare i 100 miliardi di dollari che avete promesso ai paesi più vulnerabili, con fondi aggiuntivi per i disastri climatici. Adottare politiche climatiche per proteggere i lavoratori e i più vulnerabili, e ridurre tutte le forme di disuguaglianza”.
Piazza pulita
“I veri leader non sono là dentro, i veri leader siamo noi”. Così Greta Thunberg, rimasta fuori dalla sala dei lavori della CoP26 entrata nel vivo ieri a Glasgow e tornata invece in piazza sotto il cielo piovoso della città scozzese per arringare la protesta contro l’inerzia attribuita ai potenti della terra sull’emergenza dei cambiamenti climatici, animata soprattutto dai giovani della sua generazione. L’attivista svedese dal palco ha accusato i capi di Stato e di Governo di “fingere” sugli impegni che pretendono di mettere sul tavolo. Lasciando intendere di non fidarsi e aggiungendo che, senza la pressione dal basso, non c’è da sperare granché. Quindi ha liquidato ancora una volta come “bla bla bla” i discorsi dei leader del mondo sul clima: un “bla bla bla” che diversi manifestanti hanno poi riecheggiato in coro.
Non è bastato quindi il tentativo dell’organizzazione britannica dell’evento, guidata dal premier Boris Johnson, di coinvolgere il movimento, permettendo ad alcuni attivisti invitati di parlare davanti alla platea del World Leaders Summit. Giovani delle isole Samoa, del Kenya, dell’Amazzonia hanno denunciato quello che sta accadendo nelle loro realtà: popoli che rischiano di sprofondare nel mare e altri di morire di fame e sete per carestie e siccità generate dal surriscaldamento globale. I leader, dal canto loro, hanno tentato di avvicinarsi al linguaggio degli attivisti. Lo stesso Johnson, rifacendosi alle parole di Greta, ha sottolineato che è già stato fatto troppo “bla bla bla” sul fronte della lotta al cambiamento climatico. Un esempio è rappresentato dal nuovo ostruzionismo, emerso anche in occasione del vertice di Roma, di Russia e Cina sul termine del 2050 per arrivare ad emissioni zero. Proprio Xi Jinping ha mandato un messaggio scritto al summit e in contemporanea il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, ha criticato gli Stati Uniti per l’inquinamento del passato: le sue emissioni storiche sono otto volte quella della Cina, ha dichiarato. E più pesanti sono state le parole del premier indiano, Narendra Modi, secondo cui “l’India raggiungerà l’obiettivo delle emissioni zero nel 2070“, E non è bastata nemmeno la decisione di riservare un posto all’interno della Cop26 all’attivista svedese, che nei giorni scorsi aveva dichiarato di non essere stata invitata ufficialmente al summit, pur non permettendole di prendere parte ai lavori, ma come ospite della leader scozzese Nicola Sturgeon con cui ha avuto una chiacchierata molto franca.
“Le voci dei giovani devono essere ascoltate in modo forte e chiaro alla Cop26”, ha affermato la First Minister sul suo profilo Twitter. Per Greta e i movimenti per il clima, però, questo non è ancora successo. E il tempo dell’attesa è scaduto. Non sarà il bla bla bla dei Grandi inquinatori e dei loro succubi interessati a salvare il pianeta.