Obama alla Cop26: "Abbiamo fatto progressi dall'accordo di Parigi, ma dobbiamo fare ancora di più"
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Obama alla Cop26: "Abbiamo fatto progressi dall'accordo di Parigi, ma dobbiamo fare ancora di più"

Oltre 1,5 gradi metà umanità a rischio siccità e alluvioni: ricerca McKinsey presentata nella giornata dell'adattamento

Barack Obama alla Cop26
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8 Novembre 2021 - 15.06


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Alla Cop26 si ribadisce sempre lo stesso concetto, ma arrivati sul punto di decidre, i Paesi non decidono, rimandano oppure si rifanno ad accordi del passato.
“Il tempo sta scadendo: abbiamo fatto significativi progressi dall’accordo di Parigi ma dobbiamo fare di più”, sia “collettivamente che individualmente”: così Barack Obama ha aperto il suo intervento alla CoP26 di Glasgow.
Oggi la giornata di Barack Obama. L’ex presidente degli Stati Uniti arriva a Glasgow per tenere una tavola rotonda con una decina di giovani attivisti ambientali di tutto il mondo. Il tema è come le giovani generazioni possono far sentire le loro voci e spingere all’azione. Obama, incontrando delegati di varie isole ha detto che l’allarme dei piccoli stati isolani, minaccia in prima fila dal surriscaldamento della Terra, è un po’ come quello un tempo “nelle miniere di carbone dai canarini” per segnalare fughe di gas e sciagure incombenti: uno dei numerosi eventi di cui l’ex presidente americano è oggi protagonista alla conferenza sul clima, tra cui una tavola rotonda con giovani e una con imprenditori privati. “Tutti abbiamo un compito da svolgere e sacrifici da fare”, ha aggiunto Obama, che essendo cresciuto alla Hawaii si è definito egli stesso “un island kid”.
“Negli Stati Uniti, alcuni dei nostri progressi sulla lotta al cambiamento climatico si sono fermati quando il mio successore ha deciso di ritirarsi unilateralmente dall’Accordo di Parigi nel suo primo anno di mandato. Non sono stato molto contento di questo”, è quanto dirà l’ex presidente nel suo intervento alla CoP26 secondo quanto anticipato dalla Cnn che ne ha ottenuto una copia.
“Non siamo neanche lontanamente dove dovremmo essere. Per cominciare, nonostante i progressi rappresentati da Parigi, la maggior parte dei Paesi non è riuscita a soddisfare i piani stabiliti sei anni fa”.
Se si superano 1,5 gradi di riscaldamento dai livelli pre-industriali, nel prossimo decennio quasi metà della popolazione mondiale sarà esposta al rischio di ondate di calore, siccità, inondazioni o carenza d’acqua, contro il 43% a rischio oggi.
Lo sostiene una ricerca di McKinsey & Company presentata alla Cop26 di Glasgow, nella giornata dedicata all’adattamento ai cambiamenti climatici. Secondo il rapporto, in questo scenario le zone sottoposte ad ondate di calore potrebbero registrare temperature che renderebbero impossibile lavorare all’esterno nel 25% delle ore lavorative di un anno.
In uno scenario peggiore, di 2 gradi sopra i livelli pre-industriali al 2050 (oltre l’obiettivo minimo dell’Accordo di Parigi), 800 milioni di persone in più rispetto ad ora vivrebbero in aree urbane con gravi problemi idrici, a causa dell’aumento della domanda d’acqua.
Circa 100 milioni di persone (1 su 7 degli agricoltori del mondo nel 2050) sarebbero esposte a gravi livelli di siccità, riducendo la loro capacità di produrre cibo. Quattrocento milioni di persone che vivono sulle coste di mari e fiumi rischierebbero inondazioni costiere, con morti e ingenti danni materiali.
Se il riscaldamento globale al 2050 supererà i 2 gradi dai livelli pre-industriali (l’obiettivo minimo dell’Accordo di Parigi), fra le popolazioni più povere del mondo le persone esposte a rischi climatici saranno il doppio rispetto ad oggi, sostiene la ricerca di McKinsey & Company.

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