L’acqua è vita. Per lei si sono combattute più guerre che per il petrolio. Ancora oggi nel mondo 1 persona su 4 non ha accesso a fonti d’acqua pulita per bere o lavarsi, mentre metà della popolazione mondiale – oltre 3,6 miliardi di persone – non può contare su servizi igienico sanitari adeguati. Nei paesi colpiti da conflitti, disastri naturali o crisi climatica, la mancanza di acqua moltiplica le vittime, esponendo le popolazioni a epidemie come colera, Covid o tifo.
L’acqua sporca o insicura può essere fino a 20 volte più letale della violenza diretta in contesti di conflitti prolungati come Siria, Yemen o Ucraina, colpendo particolarmente bambini e donne. In Etiopia, nelle regioni del Tigray o Amhara, sono milioni gli sfollati in fuga da conflitti locali e una siccità senza precedenti, che affligge tutta l’Africa orientale, dove non piove da cinque anni.
Per assicurare acqua pulita e servizi igienico-sanitari adeguati a quante più persone possibile, Oxfam Italia – organizzazione umanitaria che si batte contro l’ingiustizia di povertà e disuguaglianza – lancia la campagna di raccolta fondi DONA ACQUA, SALVA UNA VITA.
Dal 13 marzo al 5 aprile, periodo in cui si celebra la Giornata mondiale dell’acqua, si potrà offrire un piccolo, ma prezioso contributo con un SMS solidale o chiamata da telefono fisso al 45593.
Colera nella Siria piegata dal terremoto e 12 anni di guerra
A 12 anni dall’inizio di un conflitto che ha prodotto la più grave emergenza profughi al mondo e ucciso centinaia di migliaia di persone, la Siria si trova a dover fronteggiare l’ennesima crisi. Il devastante sisma dello scorso 6 febbraio ha causato oltre 4.500 vittime e più d 8.500 feriti. Nelle città più colpite, come Aleppo, Hama, Idleb, Latakia e Tartous, centinaia di migliaia di persone sono ora costrette a vivere in condizioni indicibili in centri temporanei come moschee, scuole, centri sportivi, parchi o cimiteri addirittura. Luoghi dove manca acqua pulita, cibo, coperte, medicine, aumentando esponenzialmente il rischio di nuove epidemie di colera, con già 50 mila casi registrati.
Oggi 1 siriano su 2 dipende dagli aiuti umanitari per sopravvivere e oltre 11 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita corrente. Già prima del terremoto il 90% della popolazione viveva sotto la soglia di povertà, perché colpita dalla crisi economica e dall’inflazione generata dalla guerra in Ucraina. Un’emergenza a cui Oxfam sta rispondendo nelle zone distrutte dal terremoto, come Aleppo, per portare beni di prima necessità, soprattutto acqua pulita e kit igienico sanitari a decine di migliaia di sfollati. I team di Oxfam sono al lavoro anche per rispondere agli enormi bisogni della popolazione nelle zone più colpite in Turchia, per accelerare l’allestimento di campi e rifugi adeguati; portando beni di prima necessità, cibo, coperte, acqua pulita e kit igienici agli sfollati. Nel Paese il sisma ha colpito 13 milioni di persone – 1 abitante su 6 – oltre 12 mila edifici sono stati distrutti e molti altri rischiano di crollare. Anche qui centinaia di migliaia di famiglie si trovano in questo momento a dover arrangiarsi in piccoli rifugi improvvisati, privi di servizi igienici e senza acqua corrente. Non vanno poi dimenticati gli oltre 5,6 milioni di rifugiati siriani che in gran parte hanno trovato salvezza in Paesi limitrofi come la Turchia – da dove drammaticamente tanti sono in fuga ancora una volta per via del sisma – o Giordania, che ospita a Za’atari, uno dei più grandi campi profughi al mondo, dove vivono oltre 80 mila siriani.
In Yemen 18 milioni di persone sono senza acqua e assistenza sanitaria, dopo 8 anni di guerra
Sei mesi di tregua nel 2022, rotta lo scorso ottobre, e lo Yemen è di nuovo sull’orlo della catastrofe umanitaria. Messo in ginocchio dall’enorme aumento dei prezzi del cibo nel contesto della crisi alimentare globale. Il Paese entrerà infatti il prossimo 26 marzo nel nono anno di una delle guerre più sanguinose della storia recente: oltre 100 mila vittime di cui più di 19 mila civili; più di 4,3 milioni di sfollati interni nei campi profughi; metà delle strutture sanitarie distrutte e infrastrutture chiave come quelle idriche inservibili o danneggiate. L’inflazione di cibo e altri beni essenziali, seguita al conflitto ucraino, ha avuto conseguenze tragiche in un paese che per il 42% dipendeva dalle importazioni di grano proprio dall’Ucraina. Il risultato è che la maggior parte della popolazione non sa da dove arriverà il prossimo pasto o dove reperire acqua pulita: 23,4 milioni di persone – quasi tre quarti della popolazione – dipendono dagli aiuti internazionali, tra cui 17,4 milioni colpiti da malnutrizione e quasi 18 milioni senza accesso ad acqua pulita e assistenza sanitaria di base.
In Ucraina 18 milioni di persone dipendono dagli aiuti, Oxfam sul campo per portare acqua pulita
Ad oltre un anno dallo scoppio del conflitto in Ucraina sono oltre 44 milioni le persone la cui vita è stata stravolta o distrutta. I ripetuti attacchi aerei che negli ultimi mesi hanno preso di mira le infrastrutture civili in tutta l’Ucraina, hanno lasciato milioni di persone senza elettricità, acqua e riscaldamento, compromettendo la capacità di fornire questi servizi in tutto il Paese. Tantissimi durante l’inverno si sono trovati bloccati in aree dove non c’erano più ospedali, scuole e impianti idrici: in questo momento oltre 18 milioni di persone hanno urgente bisogno di aiuti umanitari e per 6 milioni di sfollati interni la situazione è sempre più disperata.
Per far fronte a quest’emergenza Oxfam sta intervenendo, insieme a partner locali, nelle aree di Odessa, Kiev, Mykolaiv, Chernihiv e Znytormyrska, per soccorrere la popolazione ricostruendo le infrastrutture idriche, fornendo beni di prima necessità e kit igienico-sanitari. In Italia Oxfam è al lavoro per dare assistenza legale, psicologica, abitativa, sanitaria a centinaia di rifugiati ucraini, tra gli oltre 170 mila arrivati nel nostro Paese.
“Grazie ai fondi raccolti con la Campagna, oltre ad intervenire al fianco dei profughi ucraini, potremo soccorrere oltre 300 mila persone nelle più gravi emergenze in corso, con particolare attenzione alle donne. In Paesi come Yemen, Siria, Etiopia e Territori Occupati Palestinesi, potremo garantire l’accesso ad acqua e servizi igienico sanitari alle comunità più povere e migliorarne così la salute e la sicurezza alimentare. – spiega Emilia Romano, Presidente di Oxfam Italia – Potremo offrire opportunità di lavoro e formazione ai rifugiati siriani nel campo di Za’atari in Giordania o ai giovani nelle aree più depresse del Libano, dove ancora oggi si trovano 1,5 milioni di siriani. Allo stesso tempo rafforzeremo la capacità di adattamento all’impatto della crisi climatica degli abitanti di alcune delle città più colpite in Malawi, Mozambico, Isole Comore e Madagascar”.
Come fare la differenza al fianco di Oxfam
Fino al 5 aprile sarà quindi possibile donare 2 euro con sms al 45593, 5 e 10 euro con una chiamata dal telefono fisso, sempre allo stesso numero.
Con un contributo di:
- 2 euro doni bustine potabilizzanti per purificare 200 litri di acqua, sufficienti al fabbisogno settimanale di una famiglia “in emergenza”, per bere, lavarsi e cucinare.
- 5 euro doni il recipiente per trasportare e conservare in modo pratico e sicuro l’acqua purificata, a riparo da germi e batteri;
- 10 euro doni un Kit di emergenza completo ad una famiglia, che oltre alle bustine e al recipiente, contiene sapone disinfettante e detergenti, asciugamani e oggetti per la pulizia personale.
Come donare
Fino al 5 aprile sarà possibile donare tramite il numero 45593:· 2 euro per ciascun SMS inviato da cellulari WindTre, TIM, Vodafone,Iliad, PosteMobile, CoopVoce, Tiscali. 5 o 10 euro per ciascuna chiamata fatta sempre al 45593 da rete fissa TIM, Vodafone, WindTre, Fastweb e Tiscali. 5 euro anche per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa TWT, Convergenze e PosteMobile.
Globalist invita i suoi lettori a farlo. Sono denari ben spesi.
Water grabbing
Con water grabbing, o accaparramento dell’acqua, ci si riferisce al fenomeno che vede governi o grandi industrie prendere il controllo o deviare a proprio vantaggio risorse idriche preziose, sottraendole alle esigenze di comunità locali o di intere nazioni. Spiega un’analisi realizzata da Pietro Mecarozzi per il sito Linkiesta. “Sempre più Stati si appropriano di bacini acquiferi di piccole comunità locali o nazioni confinanti”. Un fenomeno che ha già dato vita a numerosi conflitti in Medio Oriente, America Latina, Africa e Asia.
Nonostante l’urgenza di regolamentare in maniera equa la gestione dell’acqua, la Convention on the protection and use of transboundary watercourses and international lakes approvato dall’Assemblea generale delle Nazioni unite che sarebbe in grado di incidere su questo problema, è stata ratificata da soli 38 Paesi più l’Unione europea, ma non da Stati Uniti e Cina. Il risultato? Migrazioni forzate, privatizzazione delle fonti idriche, controllo forzato per progetti di agrobusiness di larga scala, inquinamento delle acque per scopi industriali a beneficio di pochi ma con il danneggiamento di interi ecosistemi, controllo delle fonti idriche da parte di forze militari per limitare lo sviluppo. Si tratta di solo alcuni dei fenomeni con il quale si manifestano gli effetti del water grabbing.
Le ragioni del fenomeno, che in futuro rischia di assetare sempre più persone nel mondo, risiedono nella scarsità della risorsa. Il 97,5% dell’acqua che copre la Terra, infatti, è salata e si trova principalmente negli oceani. Solo il 2,5%, dunque, è potabile e può essere utilizzata da piante, animali ed esseri umani. Tuttavia, quasi il 90% non è disponibile, perché è concentrata nelle calotte polari dell’Antartico. Solo lo 0,26% dell’acqua di questo mondo, dunque, è a disposizione per l’uomo e per gli altri organismi. Si tratta di soli 93mila chilometri cubi, pari a un cubo con meno di 50 chilometri per lato.
I conflitti per l’acqua sono in aumento
Di grande interesse è il report di Serena Tarabini per Economiacircolare.com: “Il fatto più preoccupante- annota l’autrice – è che le tendenze attuali indicano che le guerre per l’acqua saranno sempre più motivate dalla necessità. Secondo un brief del Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite sulla scarsità d’acqua, entro il 2025, 1,8 miliardi di persone sperimenteranno la scarsità d’acqua e due terzi del mondo vivranno in condizioni di stress idrico.
Lo testimonia il fatto che dagli anni 2000, un quarto dei conflitti innescati dall’accesso all’acqua si è verificato in tre aree ove le già a scarse risorse idriche sono ulteriormente minacciate dal riscaldamento globale: il Medio Oriente, l’Asia meridionale e l’Africa subsahariana.
Il numero dei conflitti legati all’acqua è in generale aumento. Erano 220 fra il 2000 e il 2009, sono saliti a 620 tra il 2010 e il 2019, e dal 2020 a oggi, sono stati registrati 201 conflitti.
La fotografia di questi ultimi due anni mostra una maggiore concentrazione di conflitti sempre nel corno d’Africa e nel subcontinente indiano, ma è notevole il numero di conflitti in corso anche in Medioriente e in America del Sud. Nella maggior parte dei casi (140 su 201) si tratta di conflitti relativi all’accesso all’acqua.
Sono particolarmente significativi i grandi conflitti collettivi in corso in Sud America, in particolare in Bolivia, Perù, Equador, Colombia, dove le popolazioni locali sono provate dell’acqua potabile principalmente dalle attività di estrazione mineraria e dall’agroindustria, nonché dai processi di privatizzazione e di captazione dell’acqua ai fini della produzione di energia idroelettrica. Sono 40 quelli totalizzati in questi soli 4 stati secondo l’Atlante Mondiale della Giustizia Ambientale, di cui 11 classificati come ad “alta intensità”.
In questi conflitti oltre al fattore politico sociale si intrecciano fattori di matrice culturale, laddove la vasta percentuale di popolazione indigena che caratterizza queste zone, vive e pratica una concezione non solo materiale ma anche spirituale di questo tipo di risorsa.
L’acqua come specchio della geopolitica
Solo nei territori di Israele, Cisgiordania, Striscia di Gaza si contano una ventina di conflitti legati all’acqua, riflesso delle tensioni fra palestinesi e israeliani dove di volta in volta l’acqua è arma o target, la maggior parte delle volte a discapito dei palestinesi. Se si limita lo sguardo a quei conflitti in corso negli ultimi due anni ove la risorsa acqua viene utilizzato come strumento di guerra, si nota come essi rappresentino o accompagnino molti fronti di scontro dell’assetto geopolitico mondiale, in primis quello in Ucraina.