Il Pg sul caso Moro: 007 erano in via Fani
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Il Pg sul caso Moro: 007 erano in via Fani

Il magistrato ha parlato davanti alla commissione d'inchiesta: oltre alle Brigate Rosse c'erano agenti segreti stranieri e un ufficiale del Sismi.

Rapimento Aldo Moro
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13 Novembre 2014 - 09.34


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“Bisogna prendere atto che in via Fani, con la moto, non c’erano solo le Br. Questi hanno successivamente sminuito queste presenze non conosciute all’epoca. Oggi sappiamo che su quel palcoscenico c’erano, oltre alle Br, agenti dei servizi segreti stranieri, interessati a destabilizzare l’Italia”. Lo ha detto, davanti alla Commissione Moro, Luigi Ciampoli, procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma, illustrando i motivi dell’archiviazione dell’indagine sulla moto Honda di via Fani.
“Sicuramente su quella moto non c’erano – ha spiegato il procuratore generale – né ‘Peppo’ né ‘Peppa’, i due autonomi, che invece sono presenti in altri episodi. Questo è un dato sicuro. Il problema della moto non inquadrata nelle forze Br rimane”.
Uno 007 del Sismi in via Fani La procura generale ha ricostruito come il colonnello Guglielmi, in servizio all’ufficio ‘R’ della VII divisione del Sismi, “nonchè istruttore presso la base della struttura paramilitare ‘Gladio’ di Capo Marrargiu”, dove si veniva anche “addestrati alla strategia della tensione”, “è risultato presente in via Fani alle ore 9 antimeridiane” o comunque “pochi minuti dopo il fatto”: in Corte d’assise giustificò la sua presenza lì, a quell’ora, “asserendo di doversi recare a pranzo da un collega, che abitava nelle vicinanze”.
Versione che il pg definisce “risibile” e che è stata smentita anche dall’amico in questione. Allo stato dei fatti, insomma, “restano misteriose le ragioni della presenza di Camillo Guglielmi in via Fani”. Di un non meglio specificato “colonnello Guglielmi” si scrive nella lettera anonima giunta il 24 novembre 2010 alla Questura di Torino, da cui ha preso le mosse l’inchiesta avocata dalla procura generale di Roma e conclusasi, ieri, con la richiesta di archiviazione.
L’anonimo affermava di aver partecipato al sequestro Moro, insieme ad un complice, agendo a bordo di una motocicletta alle dipendenze del “colonnello Guglielmi”, con lo specifico compito di proteggere i brigatisti da “disturbi di qualsiasi genere”. Le indicazioni contenute nella lettera portarono l’ex ispettore della Digos di Torino Enrico Rossi a compiere una perquisizione a casa del fotografo piemontese Antonio Fissore (morto in Toscana nel 2012), individuato come il possibile complice citato nella missiva: ma all’esito delle indagini della procura generale “non hanno trovato conferma nè l’ipotesi secondo la quale Fissore, all’epoca dei fatti, sarebbe stato alle dipendenze del colonnello Guglielmi e, in tale veste, presente a bordo della moto Honda in via Fani, ne’ l’ipotesi, pure vagliata, che possa essere stato lo stesso Fissore l’autore della lettera anonima del novembre 2010”.
Le indagini e numerose testimonianze confermano però la presenza in via Fani di Guglielmi, cosi’ come della moto Honda, circostanza quest’ultima sempre smentita dai brigatisti (“non c’è nessun compagno a fare il cow-boy in motocicletta”, disse Mario Moretti): ma chi fossero i due passeggeri – “militanti irregolari”, infiltrati, esponenti della criminalità organizzata, uomini dei Servizi – non è stato possibile accertarlo.
Da qui la richiesta di archiviazione, anche se la procura generale ipotizza un ruolo di Guglielmi, sia nell’eccidio di via Fani (non avendo impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire), sia nel sequestro di Moro, sia nel tentato omicidio dell’ing. Alessandro Marini, che riuscì a schivare dei colpi sparati proprio dall’uomo che si trovava sellino posteriore della moto Honda e che infransero il parabrezza del suo motorino.

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