Trident Juncture: in Sardegna sono partiti i 'giochi di guerra'
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Trident Juncture: in Sardegna sono partiti i 'giochi di guerra'

La Sardegna ha una posizione nel Mediterraneo troppo importante per la Nato soprattutto ora, in questa fase di conflitti nel nord Africa. Ma per l'isola saranno nuovi veleni.

Trident Juncture: in Sardegna sono partiti i 'giochi di guerra'
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23 Ottobre 2015 - 15.47


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E’ iniziata il 21 ottobre la fase operativa della Trident Juncture 2015. Negli ultimi anni si era parlato di un trasloco dei militari dall’Isola, ma è inutile negarlo: la Sardegna ha una posizione nel Mediterraneo troppo importante per la Nato soprattutto durante questa congiuntura internazionale sempre più preoccupante.

Stiamo parlando della più imponente esercitazione militare degli ultimi 15 anni. Ovviamente in questa simulazione di guerra che coinvolge 33 stati non è coinvolta solo l’Italia, ma anche: Portogallo e Spagna. La fase preparatoria della Trident Juncture, era iniziata all’inizio di ottobre, ma d’ora in poi, sino al 6 novembre, anche in Sardegna si è iniziato a sparare. Teatro dell’esercitazione: il poligono di Capo Teulada.

Perché è un’operazione pericolosa?

“Il Tridente Congiunto della Nato porterà in Sardegna, con i suoi missili all’amianto, al torio, all’uranio (munizionamento standard di Usa, Francia, Israele e altri Paesi partecipanti) una miriade di veleni bellici: piombo, mercurio, fosforo, tnt, rdx, octol, criolite, difenilammina, etilcentralite. Tutto questo distruggerà l’ambiente e porterà: leucemie, tumori e malformazioni genetiche eredità di oltre sessant’anni di perenni addestramenti di morte.

E proprio a Capo Teulada il 3 novembre è in programma una manifestazione pacifista contro la Trident Juncture organizzata dal comitato No Basi.

“È uno scenario che richiede uno sforzo di consapevolezza e la volontà di agire. Riteniamo sia necessario continuare ad opporre alle attività militari, per tutta la durata dell’esercitazione, comprese le fasi preparatorie, iniziative e mobilitazioni contro la guerra, le sue strutture, la sua economia, la sua celebrazione (come quella del 4 di novembre) e contro la presenza della Nato, da attuarsi ovunque possibile. In Europa molte sono state e, a breve, saranno le iniziative e le mobilitazioni contro la TJ015, da Cagliari a Napoli, da Marsala a Saragozza.

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Nell’ambito di questa ampia mobilitazione la rete No Basi Né Qui Né Altrove si propone di agire il 3 Novembre su uno dei principali teatri di guerra in Italia, il poligono di Capo Teulada, dove è previsto il bombardamento delle flotte Nato contro la costa sarda, lo sbarco di reparti anfibi italiani, Usa e del Regno Unito, lo schieramento di reparti di terra che si dispongono a sparare, bombardare e distruggere con ogni tipo di armamento disponibile. Ci presenteremo, come sempre, con l’obiettivo di inceppare la macchina bellica ed ostacolare lo svolgimento dell’esercitazione, solidali con tutte le altre realtà di lotta antimilitarista ed antimperialista che si preparano a fare altrettanto. Ripetiamo il nostro appello ad agire sui luoghi della guerra, possibilmente negli stessi giorni, sia per accrescere l’efficacia dell’azione sia per rendere più chiara la volontà generale e diffusa di opporsi e sabotare questo abominio”.

Le reazioni della politica locale

Sel: Pigliaru è troppo timido con il governo. Sull’esercitazione militare “Trident Juntcure 2015” il presidente della Regione è stato finora “troppo timido nell’affrontare un tema di questa rilevanza”. Non solo: Pigliaru deve “rovesciare il tavolo di confronto con Roma” e difendere l’autonomia della Sardegna, “senza accontentarsi di decidere il colore delle tendine, lasciando che nel proprio territorio si possa fare quello che si vuiole”. Sel incalza il governatore sul tema delle servitù militari e chiede spiegazioni ad un anno dall’ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale sul fronte delle possibili dismissioni dei poligoni sardi.

Con una mozione, che sarà discussa in Consiglio regionale, Sinistra ecologia e libertà fa pressing sulla Giunta sollecitando il ridimensionamento dell’esercitazione militare che che coinvolge circa 30 Paesi, 36 mila uomini, 60 tra navi e e sottomarini e 140 tra aerei ed elicotteri. Inoltre nel documento si chiede di conoscere quali saranno gli impatti ambientali economici e sociali dell’esercitazione. Secondo il segretario regionale di Sel Luca Pizzuto, “ancora una volta la nostra terra diventa scenario di esercitazioni. La mozione vuole essere un pungolo alla Giunta perchè le forze politiche del centrosinistra esprimono una netta contrarietà a qualunque esercitazione e all’utilizzo del suolo sardo per questi interventi”. “

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La Sardegna ha già dato, non deve dare altro. Non è più sopportabile uno Stato carnefice e oggi con queste esercitazioni si è toccato il punto di non ritorno – ha affermato il capogruppo Daniele Cocco – queste situazioni non devono più avvenire”. “Dato che non è stata firmata la convenzione sull’esercitazione, non si può continuare a fare tutto quello che si vuole senza la condivisione e la compartecipazione dei sardi – ha stigmatizzato l’esponente di Cd, Roberto Desini – faremo un referendum nei territori interessati perchè si esprimano sulla presenza delle servitù militari”.

Secondo Francesco Agus di Sel, “si tratta di un ennesimo “versamento di sangue che la nostra Isola paga”, mentre per l’esponente dei Rossomori, Emilio Usula, “occorre portar avanti una trattativa in maniera più forte”. “Quando serve bisogna alzare la voce per far rispettare i diritti dei sardi – conclude Eugenio Lai di Sel – I diritti dei sardi devono ritornare al primo posto nell’agenda politica e presidente deve avere più coraggio su temi che ci vedono soccombere sul versante dell’autonomia”.

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I senatori sardi di Sel-Pd-FI: Pinotti riferisca in aula: Il ministro della Difesa riferisca in Senato sull’esercitazione militare Trident Juncture 2015 in corso in Sardegna. Lo chiedono i senatori sardi Luciano Uras (Sel), Emilio Floris (Fi) e Silvio Lai (Pd). “Vogliamo conoscere non solo quello che sta succedendo – spiegano – ma anche quali siano gli effetti che ancora una volta questa grande esercitazione produrrà nei confronti dell’Isola, del suo ambiente e della sua economia”.

“Ben comprendiamo il valore politico di quanto sta accadendo in ragione delle tensioni che insistono sul Mediterraneo, la tragedia Siriana, il dilagare dell’Isis, il coinvolgimento diretto della Russia nelle attività militari di contrasto al Califfato. La Sardegna, però – chiariscono i parlamentari isolani – non può pagare un prezzo così alto per la difesa della comunità internazionale ed essere trascurata dallo Stato. Vogliamo sapere dal Governo a che punto sia l’attuazione dell’articolo 14 dello Statuto speciale e lo stato delle procedure di successione della Regione nella proprietà di ogni bene immobile dismesso dall’originaria finalità istituzionale e di difesa militare; vogliamo sapere quali siano gli interventi programmati di bonifica ambientale dei territori compromessi”.

Non solo. I tre senatori chiedono di “conoscere i termini del confronto tra Governo e Regione per il riconoscimento delle condizioni di svantaggio dovuto allo ‘stato di insularità’ e alla mancata piena applicazione dell’articolo 8 dello Statuto in materia di entrate, essendo tali argomenti non più disgiunti dal complesso delle relazioni istituzionali connesse, anche, agli obblighi iniqui sopportati dalla Sardegna in relazione ai doveri di difesa della nazione”.

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