Terroristi travestiti da ambulanti. Terrorismo psicologico
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Terroristi travestiti da ambulanti. Terrorismo psicologico

L'ennesimo allarme sui possibili attentati sulle spiagge dimostra come sui media a volte c'è una enfatizzazione dei rischi. E ci sono manine che l'alimentano.[Gianni Cipriani]

Terroristi travestiti da ambulanti. Terrorismo psicologico
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Gianni Cipriani Modifica articolo

19 Aprile 2016 - 21.01


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Era stato pubblicato pochi giorni orsono dalla stampa italiana: secondo Il Giornale la strategia dell’Isis sarebbe quella di colpire durante l’estate con falsi venditori ambulanti sulle spiagge. Lo Stato Islamico starebbe addestrando in Senegal uomini pronti a colpire a tradimento quando meno ce lo aspettiamo. “Un kalashnikov al posto della borsa contraffatta di Louis Vuitton – scriveva Il Giornale – oppure una cintura esplosiva invece di quella simil Gucci”.

Oggi la notizia vecchia rispunta attraverso la tedesca Bild che cita i servizi segreti italiani che avrebbero contattato quelli tedeschi. “Terrorismo pianificato sulle nostre spiagge!”, scrive il giornale in apertura. Secondo gli esperti della sicurezza, “travestiti da venditori ambulanti” gli islamisti potrebbero farsi esplodere sulle spiagge europee. Nel mirino Spagna e Italia.

Quanto sia attendibile una simile notizia non è dato di sapere, perché sugli attentati – veri – il Califfato (ahinoi) è stato al momento ermetico e impenetrabile e non è andato a sbandierare le sue tattiche. Né – con tutto il rispetto – possiamo prendere per oro colato le parole del capitano Seck Pouye, capo della polizia di Saly, località turistica del Senegal, che per primo ha lanciato l’allarme,

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Ma il problema non è questo. Il problema è che oltre al terrorismo (vero) quello che si rischia di alimentare con tali notizie diffuse con poca responsabilità è in primo luogo il terrorismo psicologico. Ossia farci vivere circondati dagli spettri. In secondo luogo è alimentare xenofobia e razzismo (tra poco qualcuno rispolvererà l’antipatica espressione dei “vu cumpra” possibili terroristi) e in terzo luogo, visto che i simpatizzanti islamisti non mancano, magari abbiamo dato l’idea a qualche possibile “lupo solitario”. Complimenti.

Se invece di inseguire il sensazionalismo e la notizia a effetto guardassimo le cose per come sono nel merito e da un punto di vista tecnico potremmo dire cose ben diverse.

La prima è che l’Isis vuole colpire in Europa. Italia compresa. Lo dicono da tempo e – non a caso – lo slogan coniato dopo la seconda strage di Parigi, quella del Bataclan per intenderci, era: “Parigi prima di Roma”. A significare che poi sarebbe toccato alla capitale italiana.

La seconda è che l’Isis è imprevedibile e può colpire teoricamente dovunque, visto che i suoi obiettivi rispondono sia a criteri di terrorismo selettivo, ossia attacchi su obiettivi mirati (Charlie Hebdo, la scuola ebraica, per fare due esempi) sia a criteri di mero stragismo indiscriminato: la bomba alla metro o l’assalto a bar e ristoranti nel centro di Parigi.

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Se ciò è vero – ed è vero – è facile trasformare ogni tipo di rischio teorico in un titolone a effetto sui giornali, utile solo a creare un indiscriminato clima di allarmismo.

L’Isis (o almeno un suo simpatizzante) ha già colpito nella spiaggia tunisina di Susa, uccidendo 37 persone e senza bisogno di travestirsi da nulla. O qualcuno pensa che prima di sparare era andato in giro a far finta di vendere chincaglierie?
Oppure vogliamo cogliere la palla al balzo per cacciare tutti gli ambulanti in quanto potenziali terroristi?

L’Isis ha nel mirino i mezzi di trasporto: metro, bus, treni, aerei e aeroporti. Che facciamo? Si circola solo in mutande? O chiudiamo stazioni, aeroporti e quant’altro e viaggiamo a piedi?

L’Isis ha nel mirino gli stadi: chiudiamo i campionati e aboliamo gli europei di calcio?

L’Isis potrebbe colpire in qualsiasi luogo della movida. Decretiamo il coprifuoco in Europa?

L’Isis potrebbe colpire le chiese. Vietiamo le messe e dichiariamo chiuso l’anno santo?

In altri termini, se analizziamo in Italia e all’estero le azioni dell’Isis e i loro proclami potremmo giungere alla conclusione che dovremmo rimanere chiusi in casa e a chiave, altrimenti in ogni angolo potrebbe nascondersi una minaccia.

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Ma non è questa una chiave di lettura giusta e un modo corretto di comunicare il pericolo.

Però – la storia è vecchia – il terrorismo (che esiste) ha un suo contraltare: chi trasforma la lotta al terrorismo in un business; chi utilizza il terrorismo per campagne di intolleranza indiscriminata, chi con il terrorismo fa carriera.

Si parla tanto della propaganda dell’Isis e dei suoi video crudeli terrorizzanti. E del fatto che vogliono condizionarci.

Ma certe notizie gonfiate ad arte, deformate; certi titoli non mediati da una valutazione seria del complesso degli elementi alimentano il terrorismo psicologico.

Un giochino che alcuni fanno per faciloneria, altri per demagogia e prendere due voti. E altri per scopi ancora meno commendevoli: la paura è un business e un potere. E chi la gestisce comanda e si arricchisce.

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