A Idlib si combatte la guerra globale, che è una vergogna internazionale
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A Idlib si combatte la guerra globale, che è una vergogna internazionale

Da un lato Assad con i suoi protettori russi e iraniani e dall'altro Erdogan che vuole trascinare Stati Uniti e la Nato

Guerra a Idlib in Siria
Guerra a Idlib in Siria
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Febbraio 2020 - 18.37


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Idlib, fronte avanzato della guerra totale tra Ankara e Damasco. Una guerra che può diventare globale se ad entrare in campo (di battaglia) saranno i grandi “protettori” del regime d Bashar al-Assad – Russia e Iran – e se Erdogan riuscirà, usando il ricatto-migranti, a trascinare con sé la Nato, di cui la Turchia fa parte. E Nato significa anzitutto Stati Uniti. Una situazione già grave che rischia di deflagrare dopo che almeno 33 soldati turchi sono stati uccisi da una raid dell’aviazione siriana nella provincia di Idlb. L’attacco è arrivato nella tarda serata di giovedì dopo il fallimento del colloqui russo-turchi ad Ankara. E’ il più grave incidente che coinvolge le truppe turche dal 19 dicembre, quando è cominciata l’offensiva di Bashar al-Assad per riconquistare la provincia ribelle. Ci sarebbero anche molti feriti, portati subito negli ospedali militari in patria, come ha confermato il governatore della provincia turca confinante di Hatay, Rahmi Dogan. Le forze armate di Ankara hanno reagito con bombardamenti massicci di artiglieria, “su tutte le postazioni” governative nell’area, ha precisato il portavoce Fahrettin Altun.  L’Osservatorio siriano per i diritti umani, vicino all’opposizione, ha fornito un bilancio d 34 morti.

Guerra totale

La rappresaglia turca è stata pesantissima. Il ministro della Difesa Hulusi Akar ha detto che l’artiglieria e i droni armati turchi hanno distrutto “5 elicotteri, 23 tank, 23 cannoni semoventi, due sistemi di difesa anti-aerea Sa-17 e Sa-22” e “neutralizzato”, cioè ucciso e ferito “309 soldati del regime siriano”. L’Osservatorio ha confermato la morte di “16 militari siriani” e ci sarebbero decine di feriti. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha convocato un vertice d’emergenza e ha annunciato che la sua guardia costiera e l’esercito non fermeranno più i profughi siriani diretti verso l’Europa, se non riceverà aiuto e sostegno dagli alleati occidentali. Già questa mattina si sono viste code infinite di profughi ai valichi di frontiera vicino a Idlib e Afrin. “Di fatto, alcuni migranti e richiedenti asilo nel nostro Paese, preoccupati dagli sviluppi hanno iniziato a muoversi verso i nostri confini occidentali” con l’Ue. “Se la situazione peggiora, il rischio continuerà a crescere”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri turco, Hami Aksoy, secondo cui tuttavia “non c’è alcun cambiamento nella politica verso i migranti e richiedenti asilo del nostro Paese, che accoglie il maggior numero di rifugiati al mondo”.

Il raid micidiale è arrivato subito dopo il fallimento dell’ennesimo round di colloqui fra Russia e Turchia. Ankara ha chiesto a Mosca di poter usare lo spazio aereo siriano per proteggere le sue truppe nella zona di Idlib, ma i russi hanno respinto la richiesta. Il “Sultano” esige anche che le truppe del suo omologo siriano si ritirino sulle linee del 19 dicembre, stabilite nell’accordo di fine 2018 ad Astana. Da allora l’esercito governativo, appoggiato dall’aviazione russa e dalle forze speciali di Mosca, ha riconquistato circa 4 mila degli 8 mila chilometri quadrati che i ribelli controllavano nella provincia di Idlib e nelle confinanti Hama e Aleppo.

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Il Sultano vs lo Zar

Alle 1.30 turche era atteso un discorso di Erdogan che, però, è stato successivamente annullato. A rilasciare una breve dichiarazione è stato invece il suo capo della comunicazione, Fahrettin Altun: “Tutte le posizioni note del regime siriano vengono prese di mira dalle nostre unità terrestri e aeree”, ha dichiarato. Il portavoce ha voluto mandare un chiaro messaggio alla Russia, invitando “la comunità internazionale e, in particolare, i partecipanti al processo di Astana (Russia e Iran, ndr) ad assumersi le proprie responsabilità”. “Il capo dello Stato terroristico Assad passerà alla storia come un criminale di guerra e gli elementi del regime pagheranno un caro prezzo per questo attacco orribile”, ha invece detto il vicepresidente di Ankara, Fuat Oktay. Mosca, intanto, corre ai ripari: due fregate lanciamissili russe, la Ammiraglio Makarov e la Ammiraglio Grigorovich, che in passato hanno preso parte alle operazioni militari russe in Siria, stanno entrando nel Mediterraneo “attraverso gli stretti turchi del Bosforo e del Dardanelli” e “si uniranno alla task force della Marina russa permanentemente di stanza nel Mediterraneo”, ha detto Aleksey Rulev, il portavoce della flotta russa sul Mar Nero. Il ministero della Difesa di Mosca ha inoltre dichiarato, riporta l’agenzia di stampa Interfax, che le forze aeree russe ieri non erano impegnate in combattimenti nella zona siriana di Behun, dove erano presenti militari turchi finiti sotto il fuoco delle truppe di Damasco, ma ha sottolineato che gli uomini di Ankara colpiti erano “nelle formazioni dei terroristi”. Il governo di Ankara ha chiesto l’istituzione di una no-fly zone nelle aree dove si raccolgono i rifugiati del conflitto nella provincia siriana: “La comunità internazionale deve agire per proteggere i civili e imporre una no-fly zone” sulla regione di Idlib, ha scritto su Twitter Altun. “Una ripetizione dei genocidi del passato come in Ruanda e Bosnia non può essere permessa”, ha aggiunto. E promette che i militari turchi non abbandoneranno l’area “al suo destino, vorrebbe dire che i sogni del regime si realizzeranno. Hanno compiuto una pulizia etnica e demografica nella regione. Non possiamo girarci dall’altra parte”.

I presidenti di Russia e Turchia,  hanno avuto una conversazione telefonica sulla situazione in Siria “dedicata alla necessità di fare tutto per soddisfare l’accordo iniziale sulla zona di de-escalation di Idlib”: lo riferisce il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, ripreso dalle agenzie russe. Secondo fonti di Ankara, inoltre, Erdogan avrà nelle prossime ore conversazioni telefoniche sull’escalation militare di Idlib con i leader di Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito.

Allarme Nato

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Il segretario generale della Nato Stoltenberg ha annunciato per oggi la convocazione del Consiglio del Nord Atlantico “Se non si farà nulla il rischio di un’escalation del conflitto in Siria aumenta di ora in ora”, ha detto. Ankara ha chiesto, inoltre, l’avvio urgente alle consultazioni sull’escalation di violenza in Siria, ai sensi dell’articolo 4 del trattato di Washington con il quale ogni alleato può richiedere consultazioni se ritiene che sussistano minacce alla propria integrità territoriale indipendenza politica o sicurezza Gli Stati Uniti chiedono alla Siria e alla Russia di fermare “l’odiosa offensiva” contro le forze turche. “Noi siamo con il nostro alleato della Nato, la Turchia, e la sosterremo”, ha affermato un portavoce del dipartimento di Sato Usa. E dal Palazzo di Vetro a New York – insieme all’alleato statunitense – una fonte afferma che “non esista una soluzione militare al conflitto in Siria e che l’unica soluzione sia un processo politico facilitato dalle Nazioni Unite”.   

Da Napoli con la dichiarazione finale del vertice intergovernativo tra Francia e Italia il presidente Macron e il premier Conte chiedono l’intervento della Corte penale dell’Aja “è della massima importanza che gli autori di violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale relativo ai diritti umani debbano rendere conto dei loro atti”. I due Paesi giudicano di fatto “inaccettabile” la nuova offensiva a Idlib. ha detto il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert..

Il ricatto-migranti

In questa nuova spirale di violenza aumentano i profughi e gli sfollati. “Di fatto, alcuni migranti e richiedenti asilo nel nostro paese, preoccupati dagli sviluppi” a Idlib “hanno iniziato a muoversi verso i nostri confini occidentali” con l’Europa. Lo ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri turco. Tuttavia “non c’è alcun cambiamento nella politica verso i migranti e richiedenti asilo del nostro Paese, che accoglie il maggior numero di rifugiati al mondo”, ha aggiunto. Secondo l’Onu sono stimati in 950mila i civili siriani rimasti senza casa nella regione nord-occidentale di Idlib: lo riferisce l’ufficio per il coordinamento umanitario (Ocha), precisando che gli sfollati dal primo dicembre a oggi sono 948mila e che di questi 569mila sono minori, 195mila sono donne. 

L’Unione europea si aspetta da Ankara il “rispetto degli impegni” presi nell’ambito del patto sui migranti concluso nel 2016. Lo ha dichiarato oggi la Commissione, reagendo alle dichiarazioni di un alto responsabile turco che ha minacciato di non bloccare più il passaggio dei migranti verso l’Europa. “Dal nostro punto di vista, l’accordo è sempre valido e ci aspettiamo che la Turchia rispetti i suoi impegni”, ha affermato il portavoce, Peter Stano. Nel marzo 2016, Turchia e Ue hanno concluso un accordo sui migranti che ha fatto calare drasticamente il numero degli arrivi in Grecia. Il patto prevede in cambio di aiuti finanziari, il rinvio sistematico dei migranti in Turchia, e misure da parte di Ankara per evitare che si aprano nuove rotte migratorie dal suo territorio in direzione dell’Europa. Ma Atene e l’Ue hanno notato un aumento egli arrivi negli ultimi mesi. Sul fronte del conflitto, l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell affida a Twitter il suo commento: “C’è il rischio di scivolare in un grande e aperto confronto militare internazionale”.    Grecia blocca centinaia di migranti a confine turco   La Grecia ha chiuso un valico di terra al confine con la Turchia, precisamente a Kastanies Evros, impedendo a centinaia di migranti di entrare nel Paese. L’allarme scattato già stamane con la notizia di circa 300 persone che si dirigevano verso la frontiera, dopo l’annuncio dato da fonti governative turche che Ankara non avrebbe più impedito il passaggio di migranti verso l’Ue. In zona sono arrivati rinforzi di polizia.  Le immagini tv mostrano diversi bus e altri mezzi organizzati a Istanbul per condurre gruppi di persone verso il confine, distante circa 250 chilometri. Secondo fonti di Ankara, è stata data indicazione alla polizia di frontiera di ignorare di fatto il passaggio dei profughi, come anche alla guardia costiera di non bloccare più i natanti in partenza dalla costa egea verso le isole greche. Fonti del governo turco parlano di squadre congiunte di polizia ed esercito dispiegate dalla Grecia sul suo lato del confine con la Turchia, per impedire gli attraversamenti illegali della frontiera. Lo ha fatto sapere un funzionario greco, a condizione di anonimato. Anche la Bulgaria ha dispiegato rinforzi della gendarmeria alle frontiere terrestri e marittime con la Turchia per contenere la pressione migratoria in arrivo. Lo ha annunciato il premier Boiko Borissov parlando di pericolo reale. Borissov si è inoltre detto preoccupato dal ritiro delle guardie di frontiera turche”. Nella sporca guerra globale in Siria a pagare il prezzo più alto sono sempre gli stessi: i civili.

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Scrive Pierre Haski, direttore di France Inter, su Internazionale: “Idlib è soltanto l’epilogo, sicuramente provvisorio, di nove anni di guerra in Siria in cui abbiamo visto l’ottimismo della primavera araba trasformarsi in una carneficina con diversi protagonisti. Durante questi nove anni il concetto di comunità internazionale è evaporato. Nessuno ha dimenticato la rinuncia di Barack Obama di far rispettare la “linea rossa” sulle armi chimiche, né l’entrata in scena di Putin per approfittare del vuoto strategico. Già in precedenza, in Siria, c’erano sette milioni di sfollati e cinque milioni di rifugiati all’estero, a cui bisognerà aggiungere i 3,5 milioni di abitanti di Idlib. Negli anni novanta il mondo si è indignato per Sarajevo, ha pianto i morti del Ruanda e ha promesso “mai più”. Ma quella promessa, ancora una volta, si infrange sul cinismo degli Stati e su un’epoca indifferente. Idlib è l’ennesimo simbolo del nostro fallimento collettivo”.

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