Yemen la vergogna del mondo. Yemen, un’apocalisse dimenticata. Da molti, troppi, ma non da Oxfam. E, sul piano della comunicazione, da Globalist. In piena pandemia, nel momento forse più difficile per lo Yemen dall’inizio del conflitto, l’impatto della diminuzione degli aiuti sta già avendo ripercussioni gravissime su milioni di uomini, donne e bambini. È l’allarme lanciato oggi da Oxfam, di fronte al dimezzamento degli aiuti internazionali nel 2020, per una media di circa 25 centesimi di dollaro al giorno (nel 2019 erano 46 centesimi) per i 24,3 milioni di yemeniti, che attualmente dipendono dagli aiuti umanitari per sopravvivere. Oltre 2 milioni in più rispetto al 2018.
La vergogna infinita
Questa drastica contrazione ha implicato che oltre un terzo degli interventi umanitari delle Nazioni Unite siano già stati ridimensionati, se non del tutto chiusi, con la conseguenza che nel paese non si distribuisce più cibo ed è interrotto il servizio vitale di 300 strutture sanitarie. Tanto più assurdo e grave in un paese dove gli ospedali sono al collasso, si contano almeno 150 mila nuovi casi di colera dall’inizio dell’anno e oltre 2 mila contagi da Covid 19 registrati in 11 governatorati, numero sottostimato, data la quasi totale mancanza di test e tamponi.
“Oltre cinque anni di conflitto hanno generato la più grave emergenza umanitaria al mondo: l’aumento esponenziale dei prezzi dei beni alimentari e la mancanza di lavoro hanno portato oltre l’80% la popolazione a dover dipendere dagli aiuti. – afferma Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – In questo momento più di 20 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita e servizi igienico-sanitari, ed oltre 7 milioni di persone sono sull’orlo della carestia, compresi 2,1 milioni di bambini e 1,2 milioni di donne in gravidanza”.
Aiuti sufficienti per un piatto di fagioli
Stando agli attuali prezzi dei beni alimentari, con 25 centesimi al giorno, una famiglia yemenita può comprare solo 2 etti di fagioli o tre uova oppure 2 bicchieri di olio.
“La cosa più tragica è che in termini reali, a causa della progressiva ed esponenziale svalutazione del Real yemenita, le cose potrebbero peggiorare ancora, con ulteriore aumento dei prezzi dei beni essenziali, portando alla fame estrema altri milioni di persone. – continua Pezzati – Basti pensare che il prezzo della farina è aumentato del 22% nell’ultimo anno, delle cipolle del 35% e dello zucchero del 48%. Al momento l’appello delle Nazioni Unite per rispondere all’emergenza è finanziato per meno del 40%, ossia 1.6 miliardi di dollari, contro gli oltre 4 miliardi stanziati l’anno scorso e gli oltre 5 del 2018. Tutti i paesi donatori, inclusi i quattro maggiori, ossia USA, Gran Bretagna, Arabia Saudita e Emirati arabi, hanno stanziato meno aiuti, nonostante dal 2018 il numero di persone che devono alla solidarietà internazionale la propria sopravvivenza non sia calato, bensì aumentato. Dal canto suo l’Italia che nella conferenza dei Paesi donatori di giugno aveva promesso un aumento degli aiuti di appena 160 mila euro in aggiunta ai 5 milioni già stanziati nel 2019, può e deve fare molto di più. Si tratta di una cifra estremamente bassa, in grado di consentire appena 2 mesi di interventi umanitari ad un’organizzazione come Oxfam nel Paese”.
Meno aiuti, ma una fortuna dalla vendita di armi
Molti dei Paesi donatori dall’inizio del conflitto hanno incassato miliardi dalla vendita di armi dirette alle parti coinvolte nel conflitto in Yemen. Basti considerare, che l’Arabia Saudita, a guida della coalizione di Paesi direttamente coinvolti nel conflitto, è stata il maggiore importatore al mondo di armi tra il 2015 e il 2019, con un aumento del 130% rispetto ai 4 anni precedenti. Armamenti forniti per il 73% dagli Stati Uniti e per il 13% dalla Gran Bretagna.
L’Italia, nello stesso periodo, ha avuto proprio l’Arabia Saudita tra i principali tre acquirenti dei propri armamenti – subito dopo Turchia e Pakistan – autorizzando l’export di armamenti per un valore di circa 845 milioni di euro verso l’Arabia Saudita che si aggiungono agli oltre 704 verso gli Emirati Arabi, entrambi coinvolti in un conflitto che ha già causato oltre 100 mila vittime. Solo nel 2019 – nel periodo che ha preceduto la sospensione delle licenze all’export verso quei paesi – la cifra è stata di quasi 200 milioni di euro sempre verso questi due Paesi.
“Dopo decine di migliaia di bombardamenti aerei, colpi di mortaio e scontri in prima linea la situazione è cambiata solo marginalmente dal 2016. La guerra non solo è brutale, ma nessuno vince. Sono tutti d’accordo su questo, almeno nelle dichiarazioni pubbliche. Eppure la guerra continua”, ha affermato di recente di Mark Lowcock, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza in Yemen. La guerra continua. E continua anche con le bombe made in Italy.
L’appello alla comunità internazionale
“Il disastro economico scatenato dalla pandemia Covid-19 ha colpito ogni angolo del pianeta, ma in Yemen potrebbe significare fame per milioni di persone nei prossimi mesi e settimane. – conclude Pezzati -C’è un’unica strada per scongiurare questa catastrofe: la comunità internazionale deve stanziare tutti gli aiuti necessari a rispondere all’emergenza. Allo stesso tempo deve mettere fine alla vendita di armi diretta e indiretta verso le parti in conflitto, lavorando perché la risoluzione delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco globale, sia rispettata anche in Yemen, e favorendo quindi l’avvio di colloqui di pace inclusivi, che portino ad una pace duratura. In altre parole, deve abbandonare del tutto una logica fondata sul “profitto di guerra”, per sposare un dovere umanitario che, se non altro, questa pandemia dovrebbe aver reso più evidente in tutto il mondo”.
“Nel caso in cui il Covid-19 dovesse diffondersi in Yemen assisteremmo alla peggiore catastrofe umanitaria del secolo”: a lanciare l’allarme è Abdulrahman Jaloud, direttore di “Yemeni Archive”, associazione umanitaria che riunisce attivisti per i diritti umani, giornalisti, tecnici impegnati a documentare le violazioni e i crimini compiuti da tutte le parti in lotta nel Paese dove infuria una guerra da oltre sei anni. registrano scene di panico per possibile contagio da parte di medici e infermieri, oltre che di famiglie” alle prese già con “una epidemia di colera e con patologie correlate alla povertà, alla malnutrizione e alla condizione di sfollati”. Si calcola che nel Paese siano 3,2 milioni gli yemeniti che necessitano di un trattamento per malnutrizione acuta, condizione questa che li rende più vulnerabili al virus. “Pertanto – aggiunge Jaloud – l’accesso all’assistenza sanitaria sarà assolutamente importante nel prossimo periodo”.
“Il sistema sanitario funziona al 50% della sua capacità in Yemen – rileva il rappresentante dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms ) in Yemen , , Altaf Musani – La malattia qui travolgerà gli ospedali e allontanerà i medici dai malati gravi”.
La risposta di Oxfam
Dallo scoppio dei primi focolai di coronavirus nel Paese, Oxfam – che dal 2015 ha già portato acqua e servizi igienico-sanitari a oltre 3 milioni di yemeniti nei campi profughi e nelle aree più colpite dal conflitto – è subito intervenuta per fronteggiare la pandemia a fianco delle comunità più vulnerabili. Al momento è al lavoro per riabilitare la fornitura idrica in uno dei principali ospedali di Aden e sta formando volontari e personale sanitario per sensibilizzare la popolazione sulle corrette norme di prevenzione del contagio, con l’obiettivo di raggiungere la più ampia fascia di popolazione. Per rispondere all’emergenza alimentare in corso, Oxfam sta soccorrendo circa 280 mila yemeniti nelle comunità più vulnerabili di 9 governatorati, fornendo aiuti per l’acquisto di cibo, e offrendo lavoro per la riabilitazione di infrastrutture idriche e stradali, rimaste distrutte nel conflitto.
In questo martoriato, e dimenticato, Paese mediorientale, “si può sostenere la risposta di Oxfam su https://www.oxfamitalia.org/sos-emergenza-yemen-covid/
Sono denari ben spesi, aggiungiamo noi di Globalist, per chi, speriamo tanti, intende seguire il lascito di Vittorio Arrigoni: “Restiamo umani”. Ed esserlo significa anche non chiudere gli occhi di fronte a questa apocalisse dimenticata.