L’arrendevolezza con cui i combattenti afghani si sono arresi sotto i colpi da talebani è apparsa in un primo momento inspiegabile: cosa non aveva funzionato nell’addestramento militare?
“Abbiamo applicato i nostri cliché occidentali. E il risultato è che abbiamo letteralmente fatto disimparare agli afghani a combattere”.
L’analisi del generale Giorgio Battisti su come la Nato si è mossa in Afghanistan è impietosa.
Spiega che “gli afghani sono da sempre considerati i combattenti più temibili dell’Asia centrale. Ma devono farlo a modo loro. Noi occidentali siamo abituati da due secoli allo scontro frontale con il nemico. Loro invece sono formati alla guerriglia. Colpisci e fuggi. Meglio se quando il nemico si trova in difficoltà. Abbiamo applicato i nostri manuali. E così l’esercito regolare si è dissolto in poche settimane”, analizza il generale Battisti, secondo cui “gli unici che hanno combattuto bene sono stati i commandos, che di fatto sono formati alla guerriglia. Li usavano come i pompieri, spostandoli da una provincia all’altra, per fronteggiare ogni nuova crisi”.
Sul motivo dell’errore commesso per Battisti la spiegazione è semplice: “La Nato ha creduto di poter creare un esercito dal nulla in pochi anni, ma non si può andare contro una storia, una cultura, una mentalità millenaria. Sarebbero occorsi chissà quanti decenni”.
E guardando i nostri prossimi impegni, nel Sahel come in Iraq, chiosa Battisti, “sarebbe assurdo far disimparare l’arte della guerriglia ai peshmerga”.
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