Operazione Sirli: il patto di sangue Macron-al Sisi e l'inutilità dell'Italia
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Operazione Sirli: il patto di sangue Macron-al Sisi e l'inutilità dell'Italia

Un’inchiesta giornalistica sfiora l’Eliseo e coinvolge due presidenti della Repubblica “accusati” di essere a conoscenza della morte di centinaia di civili. 

Operazione Sirli: il patto di sangue Macron-al Sisi e l'inutilità dell'Italia
Macron e Al-Sisi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Novembre 2021 - 16.36


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E  adesso “noi” , “noi” Italia, “noi” Conte, Draghi, l’intramontabile Di Maio, ma non certo “noi” Globalist, che favoletta proviamo ad ammansire ad una stampa mainstream che aveva esaltato il nuovo asse Roma-Parigi sulla Libia o che aveva fatto da cassa di risonanza alle improvvide narrazioni del titolare della Farnesina sulla centralità dell’Italia nella partita libica e sui rapporti difficili ma necessari con lo “stabilizzatore” del Mediterraneo: il presidente-carceriere egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Che riusciranno a inventarsi dopo la scoperta dell’Operazione Sirli?

“Bombe” sull’Eliseo

Un’inchiesta giornalistica sfiora l’Eliseo e coinvolge due presidenti della Repubblica “accusati” di essere a conoscenza della morte di centinaia di civili. È il sito Disclose che racconta la storia di come le informazioni raccolte dagli aerei spia francesi nel deserto libico, ufficialmente trasmesse alle forze armate egiziane per colpire i jihadisti al confine, siano state utilizzate contro carovane di sospetti trafficanti e contrabbandieri, con “centinaia di civili” probabilmente uccisi nei raid aerei del Cairo. I reporter del sito d’inchiesta cita “documenti riservati della Difesa” di Parigi, foto satellitari e mappe, denunciando un uso distorto e prolungato per anni delle informazioni di intelligence dei militari francesi, di cui sarebbe stato appunto a conoscenza anche l’Eliseo. L’operazione Sirli, iniziata nel febbraio 2016 sotto la presidenza di François Hollande per coadiuvare l’Egitto del presidente Abdel Fattah al-Sisi nella lotta al terrorismo, sarebbe stata deviata dal Cairo praticamente dall’inizio. “In linea di principio, la missione (…) consisteva nella scansione del deserto occidentale” egiziano “per rilevare possibili minacce terroristiche dalla Libia”, utilizzando un aereo da sorveglianza e ricognizione leggero (Alsr) noleggiato dalla Direzione dell’intelligence militare (Drm), scrive Disclose, non nuovo a scoop imbarazzanti per le forze armate di Parigi. “In teoria, i dati raccolti dovrebbero essere verificati in modo incrociato per valutare la realtà della minaccia e l’identità dei sospetti. Ma molto rapidamente – prosegue l’inchiesta – i membri (francesi) del team si sono resi conto che le informazioni fornite agli egiziani venivano utilizzate per uccidere civili sospettati di contrabbando”. Secondo i documenti ottenuti dal sito, “le forze francesi sono state coinvoltein almeno 19 attacchi contro civili tra il 2016 e il 2018“. Una deriva che preoccupava da tempo il Drm e l’Aeronautica d’oltralpe, come testimonierebbe anche una nota inviata all’Eliseo nel novembre 2017. E ancora nel gennaio 2019 le informazioni raccolte dai militari sulle manipolazioni degli 007 del Cairo sarebbero state tramesse alla ministra della Difesa Florence Parly, alla vigilia di una visita del presidente Emmanuel Macron in Egitto. Eppure, la missione è proseguita regolarmente per anni e “l’esercito francese è ancora schierato nel deserto egiziano. 

Il sito del giornale ha al centro i volti di Macron e di Abdel Fattah all-Sisi, quest’ultimo con gli occhiali da sole, e al centro un grande titolo: “Les mémos de la terreur“ ( I promemoria del terrore). L’inchiesta, chiamata “Egyt papers” è divisa in quattro sezioni: “Operazione Sirli”, “Mercenari del cielo” e altre due, chiamate semplicemente “Episode 3” ed “Episode 5”, ancora non uscite. Nella seconda parte si legge che una poco nota compagnia lussemburghese, chiamata CAE Aviation, ha fornito all’esercito francese una squadra di uomini e un aereo per l’operazione Sirli. Secondo il sito,i militari francesi avrebbero avvertito i vertici, ma nessuno avrebbe agito. ”Il problema del terrorismo non è mai stato affrontato“, affermerebbe una nota del dipartimento dell’intelligence militare di Parigi, mentre il focus del Cairo sarebbe stato di colpire il contrabbando di prodotti in primo luogo, il traffico di esseri umani in secondo luogo. Le rivelazioni hanno subito scatenato reazioni politiche. I deputati dell’opposizione a Parigi, tra cui la sinistra radicale di France Insoumise, hanno invocatola creazione di una commissione parlamentare ad hoc. Ma per il momento Parigi si è rifiutata di fornire una replica ufficiale per “motivi di sicurezza”. Domenica la ministra dell’Esercito francese, Florence Parly ha chiesto che un’inchiesta sia realizzata sulla base di quanto reso noto da Disclose, ma ha anche aggiunto di non poter dare ulteriori informazioni su un dossier top secret, ammettendo anche che l’Egitto è un partner fondamentale di Parigi nella lotta contro il terrorismo. E non solo

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Affari miliardari

Ma quale Europa solidale. Se non gli vendi le armi te, ci penso io. Tu gli vendi le fregate, io i cacciabombardieri. Parigi-Roma, la competizione tra piazzisti di armi. Destinatario: Abdel Fattah al-Sisi. Emmanuel Macron . lo aveva chiarito già in modo molto esplicito, conferendo al presidente egiziano la Legion d’onore, massima onorificenza francese: i rapporti fra Parigi e il Cairo non devono essere condizionati da considerazioni sui diritti umani. E così, ha rivelato sempre il sito investigativo francese Disclose in una precedente inchiesta,  il regime egiziano ha tranquillamente ottenuto il via libera per l’acquisto di altri trenta cacciabombardieri Rafale (oltre ai 24 comprati nel 2015): un affare che vale 3,75 miliardi di euro, a cui si affiancano acquisti di sistemi d’arma missilistici da Mbda e da Safran, per altri 200 milioni di euro. La vendita di 30 caccia Rafale all’Egitto è  un “successo” per le esportazioni della Francia, ma anche per la sua “sovranità  e il mantenimento di 7 mila posti di lavoro industriali” per tre anni, ha scritto su Twitter la infaticabile ministra della Difesa francese, Florence Parly.. Il finanziamento di tale somma sarebbe garantito per l’85% dallo Stato francese insieme alle banche BNP Paribas SA, Credit Agricole, Societe Generale e CIC. Sulla base di documenti riservati a cui ha avuto accesso, la stessa fonte ha poi affermato che Parigi e Il Cairo avessero già concluso un’intesa alla fine del mese di aprile 2021 che potrebbe essere quindi firmata ufficialmente il 4 maggio, quando una delegazione egiziana si recherà in Francia. Oltre ai Rafale, poi, la stessa intesa potrebbe coprire anche contratti di vendita dal valore di 200 milioni di euro che coinvolgono del consorzio europeo produttore di missili MBDA e il fornitore di equipaggiamenti francese Safran Electronics & Defense.

La direttrice di Human Rights Watch in Francia, Benedicte Jeannerod, ha denunciato l’intesa annunciata il 4 maggio e stretta dalla Francia con il governo del presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi. Jeannerod ha affermato: “Firmando il mega-contratto con il governo di al-Sisi mentre questo preside in Egitto alla peggior repressione degli ultimi decenni, allo sradicamento della comunità a sostegno dei diritti umani e al compimento di gravi violazioni, usando il pretesto della lotta al terrorismo, la Francia sta solamente incoraggiando tale spietata repressione”.

Lo scorso dicembre, l’inquilino dell’Eliseo aveva affermato che la vendita di armi francesi all’Egitto non sarebbe stata vincolata a questioni legate ai diritti umani in quanto la Francia non voleva indebolire le capacità del Cairo di combattere il terrorismo nella regione. Tale dichiarazione era costata più critiche a Macron che era stato accusato da varie organizzazioni per i diritti umani di aver “finto di non vedere” le crescenti violazioni dei diritti umani da parte del governo di al-Sisi. Parigi, dal canto suo, ha risposto affermando di seguire una politica in base alla quale non avanza critiche aperte ai Paesi in materia di diritti umani, in modo da essere più efficiente nella discussione caso per caso in privato.

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Gli affari sono affari, anche con i sistemi autoritari: secondo Macron, “non si può considerare la politica della difesa ai dissensi sui diritti umani”. Il presidente “crede nella sovranità dei popoli”. Mettere sul tavolo gli abusi del regime di al-Sisi avrebbe significato “rompere i rapporti con l’Egitto e compromettere la lotta al terrorismo”. L’impegno di Parigi arriva alla garanzia di Stato con le banche per l’85 per cento dell’importo. Il megacontratto che ha mandato in orbita le quotazioni della Dassault arriva proprio mentre alcuni parlamentari chiedono nuove restrizioni sull’export di armamenti, invocando maggiore trasparenza sulle compravendite e facendo specifico riferimento all’Egitto, il miglior cliente dell’industria bellica francese. 

Le armi francesi in Egitto

Per Parigi, l’Egitto è un partner centrale nei difficili equilibri nella regione. Tra il 2013 e il 2017, secondo Amnesty, la Francia è diventata il principale fornitore di armi del Paese: “Solo nel 2017 ha venduto più di1,4 miliardi di euro di attrezzature militarie di sicurezza”, tra cui anche tecnologie di sorveglianza usate contro gli oppositori. Amnesty ricorda le “informazioni credibili sull’uso delle armi francesi nella repressione violenta delle manifestazioni” e “delle operazioni di antiterrorismo nel Sinai, tra cui esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate e arresti arbitrari”.

Un rapporto di AI, intitolato “Egitto: come le armi francesi sono state usate per stroncare il dissenso”, si basa su oltre 20 ore di immagini open source, centinaia di fotografie e 450 gigabyte di ulteriore materiale audiovisivo fornito da organi d’informazione e gruppi per i diritti umani egiziani. La chiara conclusione è che veicoli Sherpa e Mids sono stati usati durante alcuni dei peggiori episodi di repressione interna da parte delle forze di sicurezza egiziane.

“Che la Francia abbia continuato a inviare all’Egitto forniture militari dopo che erano state usate in uno dei peggiori attacchi contro i manifestanti del XXI secolo, è un fatto agghiacciante”, rimarca Najia Bounaim, direttrice delle campagne sull’Africa del Nord di Amnesty International.

“Il fatto che questi trasferimenti siano stati effettuati e ancora proseguano sebbene le autorità egiziane non abbiano intrapreso alcuna azione per accertare le responsabilità e per porre fine al loro sistema di violazioni dei diritti umani, rischia di rendere la Francia complice nell’attuale crisi dei diritti umani in Egitto”, ha continuato Bounaim.

Abbiamo fatto presente più volte alle autorità di Parigi l’abuso fatto delle forniture militari e abbiamo ripetutamente chiesto di chiarire completamente l’ammontare e la natura di questi trasferimenti, così come chi fosse l’utilizzatore finale. Finora il governo francese non ha dato risposte adeguate, conclude  Bounaim.

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Le autorità francesi hanno dichiarato ad Amnesty International di aver autorizzato forniture all’esercito egiziano destinate solamente alla “lotta al terrorismo” in Sinai e non a operazioni di ordine pubblico.

Tuttavia, nelle immagini e nei filmati analizzati da Amnesty International, le insegne delle Forze operative speciali del ministero dell’Interno e delle Forze centrali di sicurezza appaiono sulla carrozzeria dei blindati forniti dalla Francia. La parola “Polizia”, a sua volta, si vede benissimo sulle targhe dei veicoli impiegati per il mantenimento dell’ordine pubblico nella capitale egiziana.

Un funzionario francese ha ammesso ad Amnesty International che mentre le forniture di sicurezza all’Egitto erano destinate all’esercito, le autorità egiziane hanno trasferito alcuni veicoli blindati alle forze di sicurezza.

Il precedente di Hollande

Un passo indietro nel tempo. 18 aprile 2016.  Scrive Barbara Serra, conduttrice per Al Jazeera English, sul suo blog su Huffington Post: “Se c’era ancora qualche animo nobile che credeva nell’esistenza di una politica estera europea allineata e solidale, quest’ultimo si sarà definitivamente ricreduto guardando le immagini del presidente francese in Egitto. Poco più di una settimana dopo che l’Italia ha richiamato il proprio ambasciatore al Cairo per la mancanza di trasparenza nell’indagine della morte di Giulio Regeni, Francois Hollande è arrivato in Egitto per consolidare l’alleanza economica e militare fra i due paesi. Bandiere egiziane e francesi svolazzano per le strade principali di Cairo. I muri addobbati con vari poster dei due capi di stato sottolineano l’importanza della visita. È facile capire perché. L’Egitto ha bisogno delle armi che la Francia è disposta a vendergli, e gode della legittimità internazionale che la visita di Hollande conferisce ad al-Sisi. La Francia intanto firma contratti per la vendita d’armi per un valore di oltre un miliardo di dollari, e sostiene un alleato indispensabile nella guerra contro il terrorismo.  Ragioni non sufficienti per ignorare la vera natura del governo al-Sisi per Amnesty International, che ha accusato la Francia di silenzio assordante riguardo le accuse di violazioni dei diritti umani in Egitto. Conscio di queste accuse, il Presidente francese ha menzionato ad al-Sisi sia il caso di Giulio Regeni sia quello del francese Eric Lang, picchiato a morte nel 2013 in un commissariato egiziano. Hollande ha affermato che si può lottare contro il terrorismo senza violare i diritti umani. La risposta di al-Sisi, che l’Egitto non può aderire agli standard europei dei diritti umani, non è certo rassicurante. Ma per quanto possa stonare con le nostre sensibilità europee, siamo noi i primi a dare due pesi e due misure quando trattiamo con il Medio Oriente. Un paio di frasi scomode durante una conferenza stampa non contano poi tanto se il giorno dopo si firmano contratti di miliardi…

iI Cairo “resta un partner ineludibile in una pluralità di dossier”: dalla lotta al terrorismo e ai traffici illeciti, alla gestione dei flussi migratori, fino alla stabilizzazione della Libia e dell’area israelo-palestinese. Così il ministro Di Maio in una recente audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni.

Rileggere questa roba alla luce delle rivelazioni di Disclose dà conto appieno del perché l’Italia non conti niente nel Mediterraneo. E anche a Parigi. 

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