Il Giornale (di Berlusconi) parla di "esercito di migranti che punta l'Italia", un titolo vergognoso
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Il Giornale (di Berlusconi) parla di "esercito di migranti che punta l'Italia", un titolo vergognoso

In sette parole ve ne sono cercate ad arte.: “esercito” presuppone una “invasione”, una guerra, poi 'punta" e poi 800, per dire che sono tanti anche se un esercito è composto da molti di più

Il Giornale (di Berlusconi) parla di "esercito di migranti che punta l'Italia", un titolo vergognoso
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

24 Dicembre 2021 - 16.57


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Le parole pesano. Soprattutto quando sono scagliate come pietre. Le parole spesso camuffano la realtà, la violentano, e su di esse viene edificata una narrazione deviata, demonizzante. Falsa. Spietata. 

Una umanità sofferente è segregata nei lager libici, o muore nel gelo al confine tra Polonia e Bielorussia. O è imprigionata all’interno dell’Afghanistan marchiata dai fondamentalisti talebani. Pietà l’è morta. Globalist ha dato il risalto dovuto agli innumerevoli rapporti dell’Agenzie delle Nazioni Unite – Unhcr, Unicef Oms, Oim  – e delle più importanti e impegnate Ong internazionali – Save the Children, Oxfam, Amnesty International, Human Rights Watch, Emergency, Medici senza Frontiere…-  che documentano una apocalisse umanitaria. Milioni di bambini rischiano di morire d’inedia e di malattie in Afghanistan. Nel Mediterraneo i migranti morti annegati hanno raggiunto nel 2021una cifra record. Questa è la realtà. Di fronte a questa tragedia epocale, sgomenta, indigna, il titolo del Giornale: Un “esercito” di 800 migranti punta l’Italia. 

In sette parole ve ne sono tre cercate ad arte. Un’arte malefica. “Esercito”. Il messaggio che s’intende lanciare è chiaro: “esercito” presuppone una “invasione”, una guerra. All’Italia, visto che, secondo Il Giornale, questo “esercito” punta, seconda pietra, l’Italia. 

Ottocento. L’”esercito” che “punta” l’Italia è composto da 800 persone. Ottocento. Alla faccia della puntata. Ma quegli 800 “invasori” non sono esseri umani. Sono “migranti”.  E quella definizione ne sottintende tante altre. Migrante, ovvero minaccia alla nostra sicurezza. Migrante=criminale o criminaloide. E se è pure musulmano, terrorista. 

Migrante: quello che ci ruba il lavoro, che insidia le “nostre” donne, che spaccia e chi più ne ha, di pregiudizi stereotipati, ne metta. 

Ecco costruita la narrazione demonizzante. Quella su cui la destra del duo Salvini&Meloni cerca voti, costruisce campagne di massa, chiama la piazza a reagire.  E lo chiamano “giornalismo”

A questa narrazione mortifera, fa da contraltare un buon giornalismo. Quello che non piega strumentalmente la realtà. Un giornalismo documentato. Un esempio del genere è l’analisi di Andrea Falla su today.it

Eccola: “”Tra poco saranno più di noi”, ”Ci rubano il lavoro”, ”È un’invasione”, ”Dobbiamo chiudere i porti”. E potrei andare avanti ancora e ancora. Luoghi comuni, frasi sui migranti uscite talmente tante volte dalle bocche di alcuni esponenti politici, da rendere superfluo nominarli. Un ”motto”, quello contro il migrante, diventato negli ultimi anni una sorta di cantilena, da intonare a più riprese quando era il momento di smuovere la pancia dell’elettorato, spesso suscettibile a questo genere di tematiche. 

Ma a parole si può dire tutto e il contrario di tutto, soltanto i numeri lasciano poco spazio alle interpretazioni. Numeri freschi freschi di pubblicazione da parte dell’Eurispes, che nel Rapporto Italia 2021 sottolinea: ”Nonostante la ripresa degli sbarchi, il fenomeno migratorio mostra i segnali di una relativa stagnazione che sconfessa tesi e paradossi da ‘invasione’ e un millantato pericolo imminente per la tenuta della sicurezza e identità nazionale”. 

Nel 2020, l’anno ”marchiato” dalla pandemia, gli approdi sulle coste italiane sono stati oltre 34mila a fronte dei 23mila del 2018 e degli 11mila del 2019. Gli ingressi irregolari via terra, invece, sono stati 5.032, nel 79 per cento dei casi provenienti dalla Slovenia. Ma se gli arrivi fanno registrare il segno più, diminuiscono, invece, le richieste di asilo: lo scorso anno state 28mila contro le 43.783 del 2019 (608.225 in totale nell’ultimo decennio). Dati che dovrebbero aiutare anche i più scettici a cambiare idea sull’invasione dei migranti.

Secondo il Rapporto Eurispes, è diminuito anche il numero di nuovi permessi di soggiorno, che nel primo semestre del 2020 sono stati circa 43mila, ossia meno della metà dei primi sei mesi del 2019. “Le riduzioni più consistenti – si legge nel documenti- sono avvenute nei mesi di aprile (-93,4%) e maggio (-86,7%) del 2020. Nel 2019 sono stati rilasciati 177.254 nuovi permessi di soggiorno, il 26,8% in meno rispetto al 2018. Il calo maggiore ha riguardato le concessioni per richiesta di asilo, passate da 51mila nel 2018 a 27mila nel 2019 (-47,4%). Al 1° gennaio 2020 si contano in totale 3 milioni e 616mila cittadini non comunitari con un permesso di soggiorno, di cui i soggiornanti di lungo periodo costituiscono il 63,1%”.  

Inoltre, per quanto riguarda gli esiti delle richieste di asilo lo scorso anno si è registrata una flessione dei dinieghi, pari al 76 per cento, rispetto al 2019 quando erano stati 81 per cento, ma “comunque superiore agli anni che hanno preceduto l’abolizione della protezione umanitaria derivanti dai noti decreti Salvini”. 

Migranti sfruttati e vittime di abusi

Poi, se proprio vogliamo dirla tutta. Anche quelli che vengono accolti non è che se la passino poi così tanto bene dalle nostre parti. Secondo il quadro delineato dall’Eurispes, la situazione occupazionale dei migranti nel nostro Paese è a dir poco da incubo: sottopagati, sfruttati e spesso ridotti in una condizione di schiavitù.

“I migranti – si legge nel Rapporto 2021 sull’immigrazione – continuano ad essere inseriti in una sorta di inclusione subordinata di lungo periodo e ad essere impiegati in attività manuali, in cui il complesso di diritti vigenti, a partire dall’equa retribuzione, è spesso anch’esso subordinato a logiche di profitto e abuso, subordinazione e sfruttamento che possono giungere anche a casi di riduzione in schiavitù”. 

Una condizione che l’istituto di ricerca non esita a definire di “segregazione occupazionale e sociale” e sulla quale la regolarizzazione prevista dal precedente Governo “ha inciso poco e male”. Infatti, a fronte delle oltre 207.000 domande presentate dai datori di lavoro (l’85 per cento riguarda il lavoro domestico e il 15 per cento l’agricoltura) sono stati rilasciati solamente 1.480 permessi di soggiorno, lo 0,71 per cento del totale.

“In Italia nel 2019 gli immigrati occupati hanno superato i 2 milioni e mezzo, su una popolazione in età lavorativa di oltre 4 milioni – scrive Eurispes -. Gli immigrati rappresentano, infatti, il 10,4% della popolazione in età di lavoro, l’11,2% della forza lavoro nazionale, il 10,7% degli occupati e ben il 15,6% dei disoccupati totali. Nel 2019 il tasso di occupazione degli immigrati è invece del 61%, ossia in lieve flessione a causa dell’andamento negativo di quello femminile. Il tasso di disoccupazione è del 13,8% (contro il 9,5% degli italiani), con punte più alte tra la componente femminile (16,3%) e i giovani non comunitari (24%)”. Oltre 9 giovani lavoratori non comunitari su 10 svolgono un lavoro a bassa qualifica e bassa retribuzione. “Dati che confermano lo svantaggio strutturale dei giovani immigrati di prima e seconda generazione, ossia una delle principali criticità per la convivenza interetnica in Italia e in Europa”, avverte Eurispes. La pandemia ha fatto emergere, poi, l’elevata percentuale di migranti tra i lavoratori cosiddetti ‘indispensabili’, impegnati, a esempio, nella filiera agroalimentare o nella logistica, rendendo, conclude Eurispes, “improrogabile il ridisegno delle politiche migratorie secondo un approccio pragmatico alla questione che ne depotenzi la strumentalizzazione politico-ideologica”. 

Meno di un migrante ogni 10 residenti

Un altro dato che conferma la situazione tutt’altro che preoccupante è la proporzione tra i migranti e i residenti: al primo gennaio 2020 gli immigrati residenti in Italia erano 5.923.000 su una popolazione di 59.641.488, meno di uno ogni dieci residenti. 

Una percentuale che l’Eurispes definisce “pienamente sostenibile per un Paese sviluppato, democratico e moderno come l’Italia”. Il Paese anche durante lo scorso anno è stato luogo di arrivo, transito e residenza per migliaia di uomini, donne e minori originari di molti paesi esteri”, anche se rispetto al 2019 il numero degli immigrati è “sostanzialmente invariato” con un calo dello 0,7 per cento. 

“Gli immigrati regolarmente residenti in Italia sarebbero circa 5 milioni, ossia l’85% del totale – si legge nel rapporto Eurispes – i regolari non iscritti in anagrafe circa 366mila e gli irregolari invece poco più di mezzo milione, ossia, precisamente, 517mila. In quest’ultimo caso si deve registrare una flessione rilevante del numero di immigrati irregolarmente residenti dell’8% rispetto al 2019”.

Numeri chiari e che parlano chiaro. Numeri che non mentono. Se un’invasione c’è, è da un’altra parte”. 

Così Falla. Che ne dite, colleghi del Giornale

Siamo a chi la spara più grossa. In un circolo vizioso che accomuna politica e (dis)informazione. Per Fratelli d’Italia “l’unico strumento per contrastare questa invasione di massa è il blocco navale, che va attuato subito e in accordo con le autorità del Nord Africa”.  “Non vogliamo abituarci a questo tipo di notizie. L’immigrazione clandestina va fermata. Vanno fermati gli scafisti e le Ong immigrazioniste che speculano sulle tragedie. Come Fratelli d’Italia continuiamo a chiedere al Ministro Lamorgese un immediato blocco navale” scrive su Facebook Giorgia Meloni, nel maggio scorso. 

Di nuovo l’”invasione”. Per giunta “di massa”. Naturalmente i numeri dicono l’esatto contrario. Ma tant’è. I numeri, cioè la realtà, sono un dettaglio trascurabile rispetto all’agitazione della minaccia del migrante clandestino foriero di tutti i mali. ,A cui si aggiungono due “perle” di Meloni: l’attacco alle Ong immigrazioniste (sic), messe sullo stesso piano degli scafisti. E poi la follia, contestata dai più autorevoli analisti militari, del “blocco navale”. Impossibile da attuare a meno che non si dichiari guerra alla Libia!  Ma di questo la leader di Fdi non se ne cura. Tanto sa che un titolo del Giornale con queste farneticazioni belligeranti l’avrà di sicuro. 

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