L’inaspettata resistenza costringe lo Zar a modificare la sua strategia militare.
La Russia è stata costretta a cambiare i piani in Ucraina passando a una “strategia di logoramento”, che produrrà probabilmente un “aumento delle vittime civili” e delle “distruzioni di infrastrutture” e “l’intensificarsi della crisi umanitaria”, tre settimane dopo l’avvio dell’operazione militare.
E’ quanto afferma l’intelligence britannica, sostenendo che questa modifica “implica l’uso indiscriminato della potenza di fuoco”. E “Finora il Cremlino non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi originali, è rimasto sorpreso dalla portata e dalla ferocia della resistenza ucraina”, si legge nella nota.
La “migliore” delle ipotesi, la meno cruenta ma forse non la più probabile secondo molti osservatori ed esperti militari, è che la Russia si fermi alla conquista della fascia Sud dell’Ucraina, da barattare magari col ritiro delle sanzioni, ottenendo il riconoscimento di Donetsk e Luhansk, il condono della Crimea e la neutralità dell’Ucraina. Ma è quest’ultimo punto quello più critico: di quali armamenti e protezioni potrà disporre poi Kiev si tratta in queste ore.
Gli scenari
Nella guerra in Ucraina “attueremo tutti i nostri piani”, ha detto Vladimir Putin ieri nell’inquietante adunata allo stadio Luzhniki di Mosca, appuntamento tradizionale in occasione dell’anniversario dell’annessione russa alla Crimea. Sul terreno, la strategia di Mosca non è chiara. Nel corso delle ultime ore, le forze russe hanno eseguito un nuovo attacco in profondità colpendo un obiettivo nell’estremità occidentale dell’Ucraina. Dopo l’attacco contro la base di Yavoriv, a pochi chilometri dal confine con la Polonia, ieri è stato preso di mira l’aeroporto di Leopoli, e nello specifico alcuni stabilimenti dell’aeroporto deputati alla manutenzione e alla riparazione dei Mig-29 dell’Aeronautica ucraina. Sta diventando una battaglia chiave anche quella per Izium (45.000 abitanti circa) nell’Oblast di Kharkiv. Da giorni si segnalano combattimenti furiosi e le forze russe sarebbero arrivate nel centro città: se da qui l’esercito russo riuscirà a consolidare il controllo della zoma e procedere verso Sud, potrebbe conseguire quello che l’analista Andrea Margelletti definisce “l’obiettivo tattico di prendere alle spalle le truppe ucraine che combattono al confine con le auto-proclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, intrappolandole in una sacca e bloccando ogni canale di collegamento e di rifornimento col resto del Paese”.
Come sta cambiando la strategia e tutti gli errori di Mosca
Come sta cambiando la strategia di Mosca in Ucraina dopo oltre tre settimane di guerra? Secondo il colonnello John “Buss” Barranco, senior Us Marine e consigliere dello Scowcroft Center dell’Altlantic Council, “i russi pensavano di fare una guerra lampo e di installare un governo fantoccio. Ma ora che il progetto è saltato si stanno preparando alla guerriglia e all’assedio delle città”. Significherebbe una guerra sul terreno di durata indefinibile, con un numero di vittime sempre più alto sia tra gli ucraini (militari e civili) sia tra i soldarti russi, poiché nei combattimenti dentro le città, fra le case “il supporto aereo è quasi azzerato”.
Barranco non ha dubbi su quali siano stati gli errori strategici di Putin e dei vertici dell’esercito russo in Ucraina: “I russi hanno dispiegato 150-190mila uomini, sono pochi per distruggere le forze ucraine che ne hanno 250mila attive e 200mila riservisti e che da otto anni si addestrano a difendere il territorio”. Pure il dispiegamento è stato squilibrato: Mosca ha disperso il potenziale fra Crimea e Bielorussia decidendo di colpire lungo quattro assi, e lo ha fatto senza schierare tutti gli effettivi disponibili.
Tre opzioni militari in mano a Putin
Purtroppo, a meno di enormi passi avanti nei negoziati di pace che non sembrano dietro l’angolo, ci sono tre opzioni militari in mano a Putin, tutte ovviamente molto drammatiche: la prima, spiega Barranco, è quella di aumentare gli uomini sul campo; la seconda è accelerare l’assedio alle città tagliando i rifornimenti agli ucraini e infine la più drammatica, “la distruzione di intere città come fu ad Aleppo e Grozny”. L’Ucraina può contare però sulle armi più sofisiticate della Nato e questo per Barranco – in sintesi – significa che una sorta di “no-fly zone” è di fatto in vigore in Ucraina. “I sistemi S-300 possono colpire gli aerei che volano ad alta quota. Poi sono in funzione 56 Mig-29s ucraini. Insomma, una no-fly zone significa che se c’è qualche aereo nemico in volo può essere abbattuto. Che avvenga con i caccia, gli Stinger o gli S-300 non cambia”.
L’invasione rallenta, la Russia subisce perdite gravissime (almeno 7mila soldati morti in meno di un mese di guerra, l’Urss in dieci anni di guerra in Afghanistan aveva contato 14mila morti) ma non si ferma. Una guerra con “i vecchi metodi”. I russi vanno avanti più lentamente, spianando ogni cosa con l’artiglieria. Il simbolo di questa tattica militare è il “Martello di Stalin”, ovvero batterie semoventi da 203 millimetri che adesso sparano su Kharkiv e Sumy. Come nelle offensive sovietiche e come nella campagna cecena, i blindati si inoltrano nelle strade solo dopo la pioggia di razzi e cannonate. Dietro a loro, ci sono le fanterie che entrano nelle case in cerca dei nemici: a Mariupol i miliziani ceceni mitragliano ogni finestra che può nascondere un cecchino. La fase due dell’invasione potrebbe durare settimane.
Sullo sfondo, sempre lo stesso incubo, che porterebbe morte e distruzione su un’altra scala. La previsione più angosciante è quella del generale Scott Berrier, capo della Dia, l’intelligence militare americana: “Poiché questa guerra e le sue conseguenze diminuiscono lentamente la forza convenzionale, Mosca farà progressivamente affidamento sul deterrente nucleare per mostrarsi forte in patria e all’estero”. Tradotto: l’impiego di una testata atomica tattica.
Gli analisti militari concordano nel rimarcare che il cambiamento più evidente nella strategia operativa adottata dai vertici militari russi, è l’enorme aumento dei bombardamenti sulle città, che sta cominciando a ricordare sempre di più un’operazione militare tradizionale. L’esercito russo continua a sostenere di mirare esclusivamente a obiettivi militari (colpire intenzionalmente obiettivi civili costituirebbe un crimine di guerra), ma la situazione sul campo mostra che tra lunedì e oggi sono stati colpiti centinaia di edifici e infrastrutture civili in varie città dell’Ucraina, con enormi danni e vittime.
Vari esperti militari hanno inoltre fatto notare che sono cambiate le armi con cui questi bombardamenti vengono effettuati: se nei primi giorni la strategia russa prevedeva soprattutto l’uso di missili ad alta precisione, con l’obiettivo di distruggere esclusivamente siti militari, ora si fa largo uso di artiglieria e di bombe a grappolo meno precise, che colpiscono indiscriminatamente, come si sta vedendo in questi giorni.
Questa intensificazione della violenza dei bombardamenti potrebbe ulteriormente aumentare, soprattutto se la Russia decidesse di cominciare a utilizzare i cacciabombardieri sulle città, come per esempio i Su-34, che finora sono stati usati scarsamente, e praticamente mai con missioni di bombardamento.
La strategia di conquista lampo di pochi centri città negli ultimi giorni è cambiata in favore di una strategia più tradizionale, di conquista metodica del territorio paese per paese. Lo si sta vedendo piuttosto bene a Kharkiv, dove le forze russe stanno cercando di conquistare uno per uno i centri abitati nei dintorni della città, per evitare minacce alla propria linea di rifornimenti e soprattutto per cercare di circondare la città. Potrebbe succedere lo stesso a Kiev, dove da giorni i russi ammassano mezzi e uomini a nord della città, probabilmente in previsione di una grossa operazione.
Tutti questi adattamenti della strategia russa prevedono un aumento consistente del livello della violenza, e quasi inevitabilmente un aumento dei morti e dei feriti tra i civili. Secondo le autorità ucraine sono già più di duemila, anche se il dato è difficile da confermare. Come ha scritto l’Economist, è sempre più plausibile che la guerra entrerà nei prossimi giorni in una fase molto più atroce.
Avanzata e resistenza
A darne conto, con la consueta puntigliosità, è Pietro Batacchi, direttore della Rivista Italiana Difesa (Rid).
Annota Batacchi in merito alla giornata di ieri: “Giornata importate in Ucraina, soprattutto sui fronti meridionale ed orientale. Le notizie sono frammentarie – e le propagande incrociate “mordono” forte – ma siamo comunque in grado di fare un quadro. A sud, le forze ucraine hanno alleggerito la pressione su Mykolaiv ed hanno contrattaccato con successo in profondità verso Kherson, favorite anche da un ristorno di forze russe verso Mariupol e supportate da elementi della 28ª Brigata dell’Esercito provenienti da Odessa. Nei fatti, si tratta del primo vero contrattacco degli Ucraini dall’inizio della guerra: un fatto che, ancora una volta, dimostra l’insufficienza delle forze russe e dei loro limiti a livello di ISR (Intelligence Surveillance Reconnaissance). Restando sempre nel sud, a Mariupol si combatte ferocemente casa per casa. La sacca cittadina sotto controllo ucraino si riduce poco a poco, mentre le forze russe e le milizie separatiste della Repubblica di Donetsk, appoggiate da unità di fanteria leggera cecena, stanno provando a dividere in 2 i difensori. Nel Donbass, le forze russe avrebbero, dopo una giorni di durissima battaglia, catturato la città di Izyum. Nostre fonti locali ci confermano la notizia. Adesso bisognerà capire se i Russi saranno in grado di consolidare questa conquista. Se ci riuscissero potrebbero minacciare alle spalle le forze ucraine dispiegate nel settore di Sloviansk e Kramatorsk, tagliandole praticamente fuori. Ieri i Russi sono entrati anche a Rubizhne, sempre nel Donbass, stringendo ancor di più la morsa su il grosso centro di Sievierodonetsk. Ieri all’alba, invece, 6 missili da corciera hanno colpito la State Aircraft Repair Plant, a Leopoli. Lo stabilimento, dove vengono manutenuti i MiG-29dell’Aeronautica Ucraina, sarebbe stato distrutto. I missili sarebbero stati lanciati o dalle unità russe nel Mar Nero o da bombardieri”.
Fin qui il direttore di Rid
Rimozioni forzate
Ivan Fedorov, sindaco di Melitopol, è stato il primo: rapito in strada con un sacchetto sulla testa e portato via. Forse torturato, sicuramente imprigionato e poi rilasciato. Yevghen Matveev, primo cittadino di Dniprorudne, non si sa che fine abbia fatto. Oleksandr Yakovlev e il suo vice Yuri Palyukh, alla guida della città portuale di Skadovsk, sono stati sequestrati e poi rilasciati. Una strategia, iniziano a pensare in tanti: la Russia allontana con la forza i sindaci delle città ucraine conquistate o cinte d’assedio per sostituirli con persone compiacenti, collaborazionisti.
“Le nazioni e le organizzazioni internazionali devono chiedere alla Russia di liberare immediatamente tutti i funzionari ucraini rapiti”, è stato l’invito diffuso sui social dal ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. “È ancora in prigione il sindaco di Melitopol, Ivan Fedorov. Non si conosce la sorte del sindaco di Dniprorudne, Yevghen Matveev, ed è stato rapito anche il capo del Consiglio comunale di Melitopol Pryima Serhii. Inoltre i russi stanno trattenendo un soccorritore Oleksii Danchenko nella regione di Kiev”, ha invece ricordato il ministro per la Reintegrazione dei territori occupati, Iryna Vereshuk. “Tutti questi fatti confermano che la Federazione russa si comporta come un terrorista. Chiedo alla comunità internazionale di considerare la Russia uno Stato terrorista”.
Secondo Volodymyr Zelensky, Fedorov – che è poi stato liberato il 16 marzo, come annunciato dallo stesso governo di Kiev – potrebbe essere torturato per costringerlo a esprimere il suo sostegno agli “occupanti” in un video. Un tentativo fallito, con ogni probabilità, visto che a Melitopol è stata nominata al suo posto Galina Danilchenko, ex membro del Consiglio comunale. In un messaggio trasmesso da una televisione locale, la nuova sindaca collaborazionista ha affermato che il suo compito principale è “fare tutti i passi necessari per riportare la città alla normalità”.
Melitopol è la città dove finora si sono registrati più rapimenti in seguito al tentativo di respingere l’occupazione russa. Durante le proteste, è scomparsa Olga Gaisumova, nota attivista nella città sul mar d’Azov e organizzatrice del raduno che aveva coinvolto più di 2mila persone. Secondo la ricostruzione di alcuni testimoni, un piccolo convoglio di auto si sarebbe avvicinato ai dimostranti. Da lì sarebbero usciti una decina di uomini, vestiti di nero e senza insegne, lanciando fumogeni per disperdere la folla. A quel punto avrebbero bloccato la donna, che si trovava a qualche metro di distanza dai manifestanti per coordinarli, caricandola a forza sulla loro auto e allontanandosi a velocità.
La deputata del Consiglio regionale Irina Slavova ha invece denunciato come un commando abbia preso suo marito Sergey Slavov: “È chiaro che sono venuti per me. Tuttavia, sono riuscita a nascondermi in un posto sicuro – scrive sui social – Mio marito non è coinvolto nelle mie attività, ma lo hanno preso lo stesso e non so dove sia o cosa gli sia successo”. Quindi la deputata punta l’indice contro chi “guida tutti” questi sequestri, spiegando che “l’intera città conosce i nomi di queste persone”.
Alla ricerca di collaborazionisti da elevare a sindaci. E perché no, a presidenti o primi ministri. E’ il modello ceceno riadattato all’Ucraina.