Quattro casi per un ricatto. Nucleare. Il vice segretario del Consiglio di sicurezza ed ex presidente russo Dmitry Medvedev ha detto che la Russia potrebbe usare armi nucleari in quattro casi. Li elenca la Pravda Ucriana, citando l’Agenzia di propaganda russa Rbc. Secondo Medvedev, la Russia potrebbe usare armi nucleari non solo se il suo territorio venisse direttamente colpito da armi analoghe, ma anche se queste fossero usate contro i suoi alleati. Il terzo caso in cui sarebbe possibile per Mosca ricorrere alla potenza atomica sussisterebbe di fronte a un’invasione delle infrastrutture critiche, a seguito della quale le forze di deterrenza nucleare russe sarebbero paralizzate. Il quarto caso sarebbe infine quello di un atto di aggressione contro la Russia o i suoi alleati, a seguito del quale l’esistenza del paese fosse minacciata.
Una terribile previsione
Oltre novanta milioni di persone perderebbero la vita nel giro di poche ore e centinaia di migliaia di feriti si riverserebbero negli ospedali. L’apocalisse. È questa, difatti, la terribile previsione descritta dal programma Science and Global Security (SGS) dell’Università di Princeton nel New Jersey – uno degli istituti più prestigiosi egli Stati Uniti e del mondo – a seguito della simulazione di un attacco nucleare. La ricerca risale a due anni fa, ma i media americani la stanno rilanciando in questi giorni con l’incubo di un conflitto atomico che è tornato ad incombere sul mondo dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin.
“Plan A”
La simulazione, chiamata “Plan A”, ha cercato di stabilire come sarebbe potuta iniziare una guerra nucleare, da dove sarebbero potute essere impiegate le arme e quanto grande sarebbe potuta essere la devastazione causata. Il risultato è inquietante. Se anche solo un singolo «colpo di avvertimento» dovesse essere inviato dalla Russia ad una qualsiasi base militare della Nato o degli Usa, secondo Princeton, in poche ore ci sarebbero 90 milioni persone morte o gravemente ferite. La simulazione ha anche diviso il conflitto in tre fasi. La prima vedrebbe la Russia tentare di distruggere le basi Nato in tutta Europa attraverso l’uso di 300 armi nucleari, mentre l’Alleanza Atlantica risponderebbe con 180 delle proprie, con 2,6 milioni di morti entro le prime tre ore. La fase successiva, “Counterforce plan” vedrebbe la maggior parte delle forze militari europee distrutte, con gli Stati Uniti poi costretti a inviare 600 missili contro la Russia e causare circa 3,4 milioni di morti in soli 45 minuti. Infine la terza fase, “Countervalue plan” con 30 città e centri economici più popolati essere colpiti da cinque a dieci testate ciascuna e il bilancio delle vittime che sale in modo spaventoso a 85,3 milioni di morti in 45 minuti.
William Alberque, direttore di Strategy, Technology, and Arms Control presso l’International Institute for Strategic Studies (IISS) con sede a Londra, ha respinto la possibilità che l’Occidente si muova per primo sulle armi nucleari.
“L’uso di armi nucleari da parte dell’Occidente non è affatto possibile in questa fase… Affinché le armi nucleari vengano utilizzate per prime in questa crisi, l’unico percorso possibile è che la Russia le utilizzi”, rimarca Alberque.
Uno scenario del genere è molto probabile se ci fosse un’escalation accidentale che interessasse direttamente un Paese della Nato. In quella situazione una delle parti, molto probabilmente la Russia, potrebbe oltrepassare la linea rossa nucleare. Ciò potrebbe includere un incidente lungo il confine ucraino-polacco o se ci fosse una no-fly zone imposta dalla Nato, aggiunge lo studioso.
Pavel Podvig, ricercatore senior presso l’Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul disarmo con sede a Ginevra, ha affermato che la possibilità che la Russia utilizzi armi nucleari è molto bassa fintanto che il conflitto è limitato alle sue forze e all’Ucraina.
“È molto difficile immaginare che la Russia usi armi nucleari, che non hanno “utilità militare” in questa situazione, spiega Podvig.
La stessa dottrina militare di Mosca limita l’uso di armi nucleari ai casi di aggressione contro la Russia e non c’è la guerra sul territorio russo, annota Podvig. Tuttavia, aggiunge, il Cremlino potrebbe avere un’interpretazione ampia di ciò che potrebbe costituire tale aggressione. Le possibilità di un attacco nucleare aumentano, “se c’è un conflitto diretto che coinvolge la Nato“, avverte Podvig.
I 30 membri dell’Alleanza includono potenze nucleari come Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, nonché paesi che confinano con l’Ucraina come la Polonia.
“Questo è il peggiore di tutti i mondi. Vediamo che le armi nucleari consentono l’aggressione da parte della Russia. D’altra parte, vediamo come le armi nucleari degli Stati Uniti e della Nato non proteggano i loro alleati” come l’Ucraina, conclude Podvig.
Alberque a sua volta afferma che Putin è il tipo di leader che usa scenari ad alto rischio, come la minaccia di una guerra nucleare, a proprio vantaggio.
Putin “si diletta nell’utilizzare i rischi per cercare di controllare il comportamento altrui. Ha una propensione al rischio molto più alta rispetto alla maggior parte dei leader occidentali. È disposto a fare e dire cose che altri non farebbero e non direbbero”, dice Alberque.
La conta dell’arsenale della Russia.
Si tratta di circa 4.477 testate nucleari, oltre ad altre 1.500 che sono però già smantellate o in via di smantellamento. I dati, aggiornati al 23 febbraio, sono pubblicati dalla Federation of american scientists, organizzazione di ricerca no-profit fondata nel 1945 e composta da scienziati ed analisti. Si tratta di una stima perché è difficilissimo stabilire con certezza un inventario degli armamenti nucleari posseduti dai vari Stati del mondo. Delle 4.477 testate nucleari a disposizione della Russia, 2.889 sono immagazzinate e quindi non immediatamente adoperabili, mentre 1.558 sono già montate sui diversi vettori. Stando al Bulletin of the Atomic Scientists pubblicato da Hans M. Kristensen e Matt Korda il 25 febbraio scorso, 812 testate nucleari sono installate su missili balistici intercontinentale (Icbm), 576 su sottomarini lanciamissili e circa 200 su bombardieri. Circa altre 977 testate nucleari sono in magazzino, insieme ad altre 1.912 testate considerate “non strategiche”. “In aggiunta alla scorta militare per le forze operative – scrivono i due ricercatori – un ampio numero, circa 1.500, di testate dismesse ma ancora operative sono in attesa di essere smantellate, per un totale di circa 5.977 testate nucleari”.
“Stando a quanto si può osservare dalle immagini satellitari, insieme con le informazioni pubblicate nel trattato sulla riduzione delle armi nucleari (New START, firmato a Usa e Russia, ndr) – si legge – la Russia possiede all’incirca 306 missili balistici intercontinentale nucleari”, oltre a “10 sottomarini lanciamissili nucleari”, di cui cinque di tipo Delta IV e cinque di tipo Borei. Mosca ha a disposizione, infine, anche due tipi di bombardieri strategici: il Tu-160 Blackjack e il Tu-95MS Bear-H. “Stimiamo che ci siano tra i 60 e i 70 bombardieri negli hangar”.
Un’analisi corretta
A proporla, su micomega.net, è Fabrizio Battistelli. Presidente dell’Iriad (Istituto di ricerche internazionali archivio disarmo), è autore di numerosi studi sui temi della pace e della guerra, tra cui Gli italiani e la guerra. Tra senso di insicurezza e terrorismo internazionale (Carocci, 2004); è inoltre co-autore di La fabbrica della sicurezza (FrancoAngeli, 2008) e di Opinioni sulla guerra (FrancoAngeli, 2012). Nel campo degli studi sull’armamento, è uno dei più in gamba.
“Quella in Ucraina – spiega Battistelli – non è la prima guerra su territorio europeo dopo la seconda guerra mondiale. Tuttavia, anche i conflitti che hanno avuto un carattere particolarmente cruento, come nel caso degli Stati della ex Jugoslavia, o erano espressioni di conflitti largamente endogeni o, se diventavano scontro fra Stati come nel caso della Georgia, vedevano l’uno contro l’altro una grande potenza mondiale e piccoli paesi periferici e isolati sul piano geopolitico. La cruciale specificità dell’attuale guerra in Ucraina è che lo Stato che ha sferrato l’attacco è una potenza come la Russia e l’Ucraina è un paese alla frontiera d’Europa, ormai vicino anche sul piano sociale e politico.
La Russia è infatti in possesso dell’arsenale nucleare primo nel mondo sul piano quantitativo e il secondo su quello tecnologico, formato da non meno di 6.000 testate nucleari e da avanzati vettori in grado di recapitarle fino a 10.000 chilometri di distanza e oltre. Completando il quadro di illegalità dell’invasione, compiuta aggredendo uno Stato sovrano, Putin ha anche sotterrato la possibilità che i paesi nucleari aderiscano al Trattato per la messa al bando delle armi nucleari, il TPNW deliberato dall’assemblea delle Nazioni Unite nel luglio 2017 ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021. Di più, Putin è venuto meno a un principio, non formalizzato ma moralmente e politicamente cogente, che impegna le potenze in possesso di armi nucleari a non minacciarne l’uso per conseguire vantaggi politici.
Questo uso minatorio dell’arma nucleare indebolisce pericolosamente il principio della deterrenza, asse portante dell’equilibrio strategico nell’era atomica. Discutibile e discusso, questo principio ha tuttavia consentito che per oltre quattro decenni la sfida della guerra fredda tra Stati uniti e Unione Sovietica non degenerasse nel clausewitziano “pagamento in contanti” rappresentato dalla guerra vera e propria. […]È ovviamente impossibile conoscere (e c’è da augurarsi con tutte le forze che l’incognita resti tale per sempre) se quello di Putin è un bluff o una intransigente determinazione al cupio dissolvi. Certo è che, comprensibilmente, a tutt’oggi essa viene presa assai sul serio dall’amministrazione Biden. La prudenza con cui il presidente Biden sta reagendo alla provocazione di Putin dovrebbe far riflettere anche i più militanti tra i politici e gli osservatori europei. A differenza della classe politica dei Paesi dell’Unione Europea che, con la limitata eccezione della Francia, non hanno alcuna competenza (anche nel senso di cognizione) in materia di forze nucleari, il leader della più avanzata potenza nucleare del mondo ne possiede un’indubbia esperienza, diretta o mediata dagli stati maggiori e dai componenti del consiglio di sicurezza. Non è quindi un caso che Biden, che pure sostiene senza riserve il governo legittimo dell’Ucraina, abbia tuttavia chiarito due punti fondamentali: che gli Stati Uniti non parteciperanno ad alcuna azione militare e che non instaureranno nel cielo dell’Ucraina una no fly zone che avrebbe come più che probabile conseguenza lo scontro con le forze aeree russe, con le conseguenze di un’escalation facilmente immaginabile. Nella stessa direzione, la portavoce del governo americano ha opposto una linea di basso profilo ai minacciosi e reiterati riferimenti di Putin al potenziale nucleare russo, peraltro noto in ogni suo dettaglio all’intelligence USA.[…] Di fronte a una crisi come quella determinata dall’invasione russa dell’Ucraina è indispensabile ribadire che le armi nucleari devono restare distinte da quelle convenzionali e come tali essere inutilizzabili per perseguire scopi politici e, in attesa di un futuro in cui vengano bandite totalmente, essere ristrette unicamente alla loro funzione deterrente. Ogni abbassamento della soglia del loro uso – come quello prospettato oggi da Putin – va respinto, ovviamente in un quadro di reciprocità. Contemporaneamente, è indispensabile che la violenza delle armi convenzionali non scali oltre, rischiando di superare la soglia al di sopra della quale qualcuno possa concepire di impiegare armi nucleari, eventualmente di tipo “tattico”. Tutti gli aspetti appena descritti andrebbero tenuti presente in questa ora più buia, nella quale atteggiamenti emotivi, calcoli di partito, sottovalutazione dei fattori in gioco andrebbero tenuti sotto controllo, facendo leva su quel residuo di razionalità di cui la specie umana si è comunque mostrata capace dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale”.
Così Battistelli
Razionalità vo cercando. Ma sono troppi gli Stranamore ancora in circolazione. E non stanno solo a Mosca. Nella realtà, non in un film.