Biden gioca la carta della guerra di lunga durata per recuperare dalla caduta libera dei sondaggi
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Biden gioca la carta della guerra di lunga durata per recuperare dalla caduta libera dei sondaggi

L’inquilino della Casa Bianca si dice pronto a recarsi a Kiev, salvo essere smentito, o comunque disincentivato dal Pentagono, e accusa la Russia di Vladimir Putin di "genocidio" in un discorso in Iowa sull'aumento dei prezzi della benzina.

Biden gioca la carta della guerra di lunga durata per recuperare dalla caduta libera dei sondaggi
Joe Biden
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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

15 Aprile 2022 - 18.53


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In caduta libera nei sondaggi, Joe Biden  prova a giocare la carta della guerra di lunga durata in Ucraina. Lunga almeno fino alle elezioni di mid term, in programma l’8 novembre. Insomma una guerra che duri almeno per tutto il 2022.

L’inquilino della Casa Bianca si dice pronto a recarsi a Kiev, salvo essere smentito, o comunque disincentivato dal Pentagono, e accusa la Russia di Vladimir Putin di “genocidio” in un discorso in Iowa sull’aumento dei prezzi della benzina. “Il vostro bilancio familiare, la vostra possibilità di fare il pieno non dovrebbe dipendere dal fatto che un dittatore dichiara guerra e commette genocidio dall’altra parte del mondo”, ha detto il presidente americano, che nelle scorse settimane aveva definito il presidente russo “criminale” e “macellaio”. Per aiutare ad affrontare gli aumenti di prezzi provocati da Putin, io ho autorizzato il rilascio di un milione di barili al giorno delle nostre riserve strategiche”, ha aggiunto Biden. Finora il presidente americano aveva parlato di crimini di guerra, ma non di genocidio. Il consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, nei giorni scorsi aveva specificato che “vediamo atrocità, crimini di guerra, ma ancora non vediamo un livello sistematico di deprivazione della vita del popolo ucraino che arriva al livello di genocidio”. Interpellato domenica scorsa dalla Cnn, Sullivan aveva detto che non è importante l’etichetta di genocidio o no, “quanto il fatto che queste sono azioni crudeli e criminali, alle quali bisogna rispondere in modo deciso”.

Armi e ancora armi

C’è un cambio di strategia militare da parte degli Stati Uniti e lo si capisce con l’ultimo annuncio fatto da Joe Biden il quale ha ufficializzato un nuovo, ingente, invio di armi all’Ucraina per aiutare le forze di Kiev a difendersi contro la nuova offensiva della Russia nell’est.

 Non solo i “residuati” dell’ex impero sovietico mandati dai Paesi europei confinanti, ora il Pentagono ha pronta una lista di armi potenti perché Kiev si deve preparare ad una lunga strategia difensiva: la guerra, secondo gli esperti Usa, durerà almeno per tutto il 2022.

Nessuna diplomazia fermerà Putin 

 La possibilità che ci sia una soluzione diplomatica è pari a zero come anche quella di un vincitore sul campo di battaglia. E’ quello di cui sono convinti gli esperti militari della Casa Bianca. La guerra tra Ucraina e Russia sarà lunga e potrebbe durare fino a fine anno. Entro l’estate entrambi gli eserciti saranno sfiancati e non ci sarà da parte di nessuno la possibilità di lanciare l’offensiva finale. Ci sarà poi da fronteggiare la scarsità di munizioni. L’obiettivo è quindi dare “tempo” agli ucraini: più settimane passano, più la Russia sarà schiacciata anche dalle sanzioni economiche e di conseguenza il potere di Putin potrebbe essere messo in discussione da fronde interne. Ipotesi, ovviamente. Quello che c’è di ufficiale è l’invio di aiuti militari a Zelensky da parte degli Stati Uniti.

Un pacchetto da 800 milioni di dollari 

Il Pentagono ha convocato in un incontro blindatissimo le più importanti aziende belliche Usa per preparare una strategia difensiva a lungo termine. Il nuovo pacchetto di armi da 800 milioni di dollari arriva proprio quando Biden ha deciso di intensificare ulteriormente la retorica contro la Russia, accusando Vladimir Putin di genocidio. Conterrà sistemi già utilizzati “con effetti devastanti” dalle forze di Kiev ma anche nuovi armamenti più adatti a respingere il nuovo attacco della Russia nel Donbass.
Artiglieria ed elicotteri 

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Secondo fonti del Congresso americano, tra le nuove armi che saranno inviate a Kiev ci dovrebbero essere anche obici, sistemi di artiglieria pesante in grado di colpire un obiettivo fino a 70 chilometri di distanza. I nuovi 800 milioni di dollari in assistenza, di cui Biden ha parlato al telefono con Zelensky, vanno a sommarsi agli 1,7 miliardi di dollari forniti dagli Stati Uniti da quando la Russia ha lanciato il suo attacco il 24 febbraio e ai 2,4 miliardi di dollari da quando il presidente è alla Casa Bianca. 
Anche mezzi di protezione dalle armi chimiche – 

Nel nuovo pacchetto di armi Usa ci sono anche “dispositivi di protezione individuale contro armi chimiche”. Lo ha detto il portavoce del Pentagono, John Kirby, in un briefing con la stampa. L’invio di mezzi di protezione contro armi chimiche è basato, ha ribadito, “sulle preoccupazioni che abbiamo da tempo che Mosca possa usare armi chimiche”.


Svuotati gli arsenali americani di armi

 La quantità impressionante di armi inviata dagli Stati Uniti all’Ucraina potrebbe aver depauperato le scorte americane. Secondo il think tank di Washington Center for Strategic and International Studies, gli Usa avrebbero fatto fuori un terzo delle loro scorte di Javelin e un quarto di quelle di Stinger e ci vorranno dai tre ai cinque anni per rimpinguarle. Anche per questo al Pentagono sono stati convocati otto colossi americani delle armi, tra i quali Boeing, L3Harris, Lockheed Martin e Raytheon, queste ultimi due produttori proprio di Javelin e Stinger.

Quei sondaggi che terrorizzano i Democratici Usa

Sempre più a picco. La luna di miele tra il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e gli americani è durata pochissimo, il tempo di andare alla Casa Bianca e inanellare una serie di insuccessi e gaffe che hanno fatto crollare il consenso nei sondaggi. Non ultima la gestione della crisi in Ucraina. Continua infatti la discesa negativa della popolarità del presidente americano che è ora al 42%. Secondo un nuovo rilevamento di Cbs News, il 58% degli intervistati disapprova il suo operato. Un giudizio negativo anche per quanto riguarda la gestione della guerra tra Russia e Ucraina  con il 55% che boccia il modo in cui Biden sta affrontando la crisi e il 45% che lo promuove.

Triplice attacco

Di grande interesse è l’analisi geopolitica di Antonio Li Gobbi su Difesaonline: “In risposta all’attacco militare russo all’Ucraina – scrive Li Gobbi –  il presidente Biden ha chiamato il mondo a raccolta lanciando una vera e propria crociata contro la Russia di Putin.

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Il tono dell’adunata ha un ché di messianico, in classico stile statunitense (ricordiamoci la “Global War on Terror “ lanciata da Bush dopo l’attacco alle Torri gemelle” ).

Le armi che si intendono usare sono essenzialmente di tre categorie: militari, economiche e psicologiche. Tutte tendenti a provocare in primis un “regime change” a Mosca.

Tralasciando l’aspetto prettamente militare del conflitto (quale, ad esempio, la tipologia di supporto e di armi da fornire all’Ucraina), pare che gli obiettivi più importanti si intendano perseguire con una intensa ”guerra economica” contro Mosca e con una martellante “Strategic Communication Campaign” tendenti ad isolare sia la Russia sia qualunque altra nazione intenda continuare a mantenere con Mosca rapporti di interscambio commerciale e culturale.

Ad oggi i risultati di questa strategia tendente a fare terra bruciata intorno alla Russia non sembrerebbero particolarmente confortanti. La politica del “o con me o contro di me” lanciata da Biden potrebbe essere percepita da parti terze come più o meno ricattatoria, ma questo non è l’aspetto più importante. Il punto è che si tratta di una politica la cui efficacia va scemando man mano che diminuisca il bisogno delle parti terze di accontentare gli Usa.

Ad oggi il fronte dei paesi che stanno seguendo le indicazioni Usa (taluni con forti mal di pancia) appare limitato ai suoi “alleati storici”: Ue e Nato (meno la Turchia che si è ritagliata un ruolo super partes), Giappone, Sud Corea, Australia, Nuova Zelanda.

Non solo Usa e Ue hanno ricevuto una risposta diplomatica ma abbastanza sprezzante da Pechino quando hanno chiesto alla Cina di voltare le spalle al loro alleato russo, ma anche i paesi OPEC hanno dimostrato estrema freddezza nei confronti delle richieste statunitensi di incrementare le loro estrazioni per compensare il bando imposto all’acquisto di greggio e gas russo.

In sintesi, l’iniziativa statunitense non pare accogliere consenso da nessun altro paese significativo di Asia, Africa o America LatinaContinenti questi dove il concetto di “invasore” e di “guerra di aggressione” viene quasi sempre correlato agli Usa o al massimo alle passate mire imperiali e coloniali di paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Italia) o asiatici (Giappone) oggi tutti schierati con Washington.

Soprattutto, però, mentre venticinque anni fa un aut aut del genere da parte di Washington sarebbe stato accettato forse in tutto il mondo, per convenienza se non per convinzione, il quadro geo-politico globale è oggi cambiato.

L’imperialismo commerciale cinese ha fatto sì che ormai Pechino rappresenti la  potenza economica di riferimento per buona parte dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina.

Inevitabile che, stante la posizione cinese, l’aut aut commerciale imposto da Usa e Ue ad attenersi alle sanzioni decise a Washington e Bruxelles possa avere scarsa appeal al di fuori della comunità nord-atlantica.

Ciò non solo ne vanificherà gli effetti per Mosca ma accelererà quei processi di polarizzazione del mondo in due blocchi politico economici, uno con Pechino come punto di riferimento e l’altro con Washington. In tale contesto è chiaro che verrà accelerato l’emergere di soluzioni finanziarie alternative a quelle che attualmente vedono lo Swift (Society for Worldwide Interbank Financial Communication) come principale sistema mondiale di interscambio bancario e il Dollaro come principale moneta di riferimento internazionale.

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commerciale avviata contro la Russia abbia un impatto sul suo interscambio commerciale con la Cina (che è oggi il primo partner commerciale dell’Ue, con un interscambio di 828,11 miliardi di dollari nel 2021 ).

In conclusione, un approccio “o con noi o contro di noi” non potrà che evidenziare plasticamente il calo di credibilità della leadership politica, economica e militare Usa. Leadership che era stata incontrastata dopo la fine della Guerra Fredda, ma che ormai da una decina di anni almeno mostrava segni di debolezza nei confronti del Dragone. Ragionare come se si fosse ancora l’unica superpotenza in un mondo unipolare quando i rapporti di forza sono drasticamente cambiati può rivelarsi estremamente pericoloso per Washington (e di conseguenza per i suoi più fedeli Alleati europei)…”.

Date retta all’Ingegnere…per una volta

“Sia Johnson sia Biden hanno un interesse differente dall’Unione europea, cioè quello di organizzare un cambio di regime in Russia. Il vero problema degli Stati Uniti è il confrontation (lo scontro, ndr) con la Cina. Negli Usa ne parlano tutti i massimi esperti, e questo è il vero punto. Indebolire Putin o eliminarlo è funzionale a questo scopo. Ciò che sarà inevitabile è la guerra tra gli Stati Uniti e la Cina”. Così Carlo De Benedetti ospite di Corrado Formigli a Piazzapulita, su La7.  “Certamente Vladimir Putin è un dittatore sanguinario – ha aggiunto – che dev’essere processato da un tribunale internazionale. Perché Joe Biden ha parlato di genocidio? La ragione è che il presidente Usa può inviare armi a un altro Paese, senza passare dal Congresso, solo in occasioni estreme, tra cui il genocidio”.

De Benedetti ha parlato anche degli scopi militari della Russia e di ciò che l’Ucraina potrebbe concedere, in fatto di territori, rimarcando come Volodymyr Zelensky non rinuncerebbe mai allo sbocco sul mare (lasciando Odessa a Mosca). L’Ingegnere, poi, ha analizzato la storia energetica dell’Italia, e di come “Silvio Berlusconi e l’Eni, per interessi personali o di parte, abbiano scelto di portare il nostro Paese verso la dipendenza energetica da altri Paesi, come la Russia”.

Il punto, aggiungiamo noi, è che sull’Ucraina si stanno manifestando interessi diversi tra Stati Uniti ed Europa. L’unità iniziale appare sempre più di facciata. Chi sia l’aggressore e chi l’aggredito è fuori discussione. Che quella in atto sia una guerra d’aggressione da parte della Russia nei confronti dell’Ucraina, non ci piove. Ma a oltre 50 giorni dall’inizio dell’invasione, si evidenziano visioni, strategie, interessi divergenti tra gli Stati Uniti e gli alleati europei, escluso il fuoriuscito dall’Unione Boris Johnson. Seguire Biden nello scontro frontale con lo Zar del Cremlino non è nell’interesse dell’Europa. Questo è certo. E affermarlo non significa essere “al soldo di Putin”.

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