“Al padrone del Cremlino non restano molte scelte: o gioca il tutto per tutto schiacciando il bottone nucleare, o inizia una de-escalation per cercare di salvare quel che resta del suo regime”. E’ la conclusione dell’analisi su La Stampa di chi la Russia la conosce come pochi altri in Italia e in Europa: Anna Zafesova.
Il dilemma dello zar
Scrive Zafesova: “Gli invasori sono in fuga, vengono accerchiati e distrutti, in una controffensiva ucraina che era stata ampiamente annunciata, ma che nemmeno gli analisti più ottimisti avevano ipotizzato così fulminea e devastante. Fino a un paio di settimane fa il Cremlino insisteva ancora per tenere dei “referendum” di annessione dei territori occupati dai quali oggi stanno fuggendo in code interminabili i militari russi e i collaborazionisti locali. Fino a un paio di settimane fa affermare che l’Ucraina avrebbe vinto – riconquistando le regioni invase e ricacciando le truppe di Mosca oltre confine – suscitava, almeno nel dibattito mediatico italiano, un’incredulità palese. Fino a pochi giorni fa, perfino molti amici occidentali dell’Ucraina si preparavano a una lunga e faticosa guerra, che si sarebbe conclusa con un doloroso compromesso, e i suoi nemici invitavano a non prolungare le sue sofferenze aiutandola a resistere. Era evidente che il destino dell’Ucraina – come della Russia, e dell’Europa – si sarebbe deciso sui campi di battaglia di Kherson, di Kharkiv, del Donbass. Quello che però forse perfino gli strateghi di Kiev non avevano previsto è la violenza, e la rapidità di un’avanzata apparentemente inarrestabile che sta entrando nei libri di storia militare mentre è ancora in corso: gli ucraini hanno riguadagnato in quattro giorni più terreno di quanto i russi avessero conquistato negli ultimi quattro mesi. Una controffensiva cresciuta a valanga, al punto che ora il comando di Kiev sta cercando di arginare i trionfalismi, mentre sui social si riversa un fiume di filmati e foto che, anche se fossero per metà falsi, testimoniano inequivocabilmente la catastrofe dei russi. E in questa guerra online, le immagini sono tutto: gli scheletri carbonizzati dei carri armati russi, i cadaveri dei soldati abbandonati nei fossati, contrapposti ai volti raggianti dei militari ucraini e le vecchiette dei villaggi liberati che gli offrono frittelle appena sfornate, costruiscono i fotogrammi di un film che sarà impossibile da far dimenticare. La guerra non è ancora finita, ma la vittoria ucraina non è più un sogno, e il sapore amaro della sconfitta viene avvertito tangibilmente dai russi.
«Il 10 settembre sarà il Giorno-in-cui-gli-occhi-hanno-iniziato-ad-aprirsi», scrive la celebre blogger dissidente Nika Belozerkovskaya, notando come per la prima volta in vent’anni la società russa si ritrovi unita: «Dai patrioti con la Z ai liberali, dalla destra alla sinistra, dai moderati ai radicali, tutti sono d’accordo sullo stato reale delle cose». Cioè sul collasso del “secondo esercito del mondo”. Perfino i canali Telegram dei falchi dell’esercito e dei servizi, gli ultranazionalisti del giro duginiano e i reporter di guerra idoli della propaganda del Cremlino stanno dando del comandante supremo russo giudizi denigranti. Sui social, la faccia del presidente russo attira migliaia di icone con il pollice verso: i ruoli del forte e del debole si sono ribaltati, e il debole non piace a nessuno. Mentre le truppe di Zelensky prendono a cannonate gli scenari di una lunga guerra di attrito e di un “conflitto congelato”, il presidente russo ieri ha fatto finta di nulla. Ha inaugurato una gigantesca ruota panoramica a Mosca, e il suo ufficio stampa promette «telefonate internazionali nei prossimi giorni». Vladimir Putin è stato fin dagli esordi il presidente delle guerre, anche se finora aveva trionfato, dopo anni e a prezzo di immensa brutalità, soltanto su avversari privi di aviazione e artiglieria, come i ceceni, i georgiani e i siriani.
Una guerra persa fa crollare il sistema putinista come un castello di carte, e ora sono i suoi stessi fedelissimi a rinfacciargli quello che per i suoi critici non era mai stato un segreto: la corruzione totale, le bugie dei cortigiani, la falsità della propaganda, l’arretratezza tecnologica e la fragilità di un’economia che va a gas, la povertà del popolo e l’inefficienza della nomenclatura. La follia del leader è diventata in un solo giorno evidente a tutti, e i fuochi d’artificio che ieri sera hanno illuminato la capitale russa per il compleanno della città sono apparsi in stridente contrasto con un esercito che sta scappando dall’Ucraina, nuova potenza militare in un’Europa nella quale la Russia di Putin non potrà più tornare. Al padrone del Cremlino – conclude Zafesova – non restano molte scelte: o gioca il tutto per tutto schiacciando il bottone nucleare, o inizia una de-escalation per cercare di salvare quel che resta del suo regime”.
Per capirne di più
Due contributi preziosi. Il primo è il report de Il Post: “Dopo mesi molto difficili, spesi in parte a riorganizzare le proprie forze, negli ultimi giorni l’esercito ucraino ha riconquistato numerose posizioni, con importanti progressi nel nord-est del paese. Sabato i soldati ucraini sono entrati a Izyum, città nella regione di Kharkiv che l’esercito russo aveva occupato in primavera rendendola uno dei propri centri per organizzare le attività logistiche.
Poco più a nord, l’Ucraina ha ripreso il controllo anche di Balakliya, altra città importante per proseguire l’avanzamento verso est, e numerosi centri abitati più piccoli sono tornati sotto il controllo dell’Ucraina. La controffensiva è uno dei maggiori successi per l’Ucraina dopo avere respinto gli attacchi russi diretti a Kiev prima dell’estate, ma la situazione rimane molto fluida e incerta per stessa ammissione delle autorità ucraine. I progressi nella regione di Kharkiv sono comunque importanti per sollevare il morale dell’esercito e più in generale della popolazione, dopo quasi 200 giorni di guerra.
L’occupazione di Izyum
I primi attacchi su Izyum da parte della Russia erano iniziati alla fine di febbraio, nell’ambito di una serie di offensive nel paese con le quali l’esercito russo confidava di poter far cadere velocemente il governo ucraino. All’epoca la città aveva circa 40mila abitanti, che dovettero affrontare le conseguenze di un assedio di circa tre settimane. In migliaia fuggirono per mettersi al riparo dagli incessanti bombardamenti russi, che portarono infine alla conquista di Izyum alla fine di marzo.
L’esercito russo era molto interessato alla città soprattutto per i suoi collegamenti ferroviari, ideali per gestire l’arrivo e lo smistamento dei rifornimenti da quella posizione. In poco tempo, Izyum divenne uno dei poli principali per gestire la campagna di occupazione del Donbass, l’area geografica divenuta il primo obiettivo della Russia dopo avere fallito la conquista di Kiev in primavera.
E proprio tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate, Izyum era sempre più strategica per la Russia nella propria campagna nell’Ucraina orientale e aveva contribuito a rendere possibile l’occupazione di varie città e l’espansione del controllo russo nel Donbass. Tra giugno e luglio, l’esercito ucraino aveva optato per lasciare alcune posizioni, ritirandosi più a ovest dove riorganizzare le proprie difese. La scelta era stata inizialmente vista come un ripiego, ma aveva in realtà consentito all’Ucraina di stabilizzare il fronte, anche grazie all’arrivo di nuove armi e munizioni donate dagli Stati Uniti e da altri paesi occidentali.
A sud
In particolare l’arrivo e la messa a punto dei sistemi di lancio di missili Himars statunitensi, che consentono di effettuare attacchi di lungo raggio e particolarmente mirati, aveva consentito all’esercito ucraino di avviare il bombardamento di numerosi depositi di armi russi. I numerosi attacchi erano stati accompagnati da altre attività mirate, condotte da forze speciali nei territori occupati dalla Russia. In seguito i bombardamenti ucraini avevano iniziato a interessare postazioni russe molto più a sud in Crimea, dando l’impressione che il principale obiettivo fosse una nuova offensiva nell’Ucraina meridionale.
Gli attacchi avevano indotto l’esercito russo a riorganizzare parte delle proprie difese in particolare nella regione di Kherson, spostando migliaia di soldati nell’area. A metà agosto gli attacchi ucraini erano diventati più frequenti, con dichiarazioni difficili da confermare sulla riconquista di alcune città. Ancora a un mese di distanza è complicato valutare quale sia stato l’effettivo impatto della controffensiva a sud, ma secondo varie analisi ha contribuito ad aprire un’opportunità di riconquista più a nord con gli esiti che abbiamo visto negli ultimi giorni.
La controffensiva a nord
A inizio settembre erano iniziate a circolare le prime informazioni su attività dell’esercito ucraino intorno alla zona di Kharkiv, la seconda città per numero di abitanti in Ucraina e a lungo obiettivo dell’esercito russo, sottoposta a pesanti e ricorrenti bombardamenti. I movimenti di truppe ucraine avevano riguardato porzioni di territorio a sud-est della città, dove l’esercito russo risultava essere più indebolito sia per mancanze strutturali di personale (un problema che affligge da diversi mesi la Russia), sia probabilmente per l’aver dovuto dirottare parte delle truppe verso sud dove l’esercito ucraino aveva intensificato gli attacchi.
La scorsa settimana si è assistito a una rapida accelerazione, con
rapidi progressi dell’esercito ucraino a sud di Kharkiv verso Izyum. Venerdì 9 settembre, la Russia aveva annunciato di avere disposto rinforzi nella regione, annunciando il giorno seguente l’esatto contrario: i soldati russi avevano lasciato Izyum, con l’obiettivo di riorganizzarsi facendo arretrare il fronte. La nuova dichiarazione in contraddizione con la precedente è stata interpretata come un segnale di difficoltà. Sembra inoltre che molte posizioni russe siano state abbandonate di fretta, lasciando vario materiale, a ulteriore conferma di una ritirata non programmata.
Progressi
La riconquista di Izyum e più in generale di una parte significativa di territorio a nord-est è uno sviluppo molto importante della guerra in Ucraina, dove l’esercito ucraino non faceva progressi così significativi dai primi mesi dell’invasione. La notizia è stata ripresa dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che sabato ha annunciato la riconquista di almeno 2mila chilometri quadrati di territorio. È difficile verificare la stima di Zelensky, ma nel complesso i progressi sono notevoli, specialmente se si considera che buona parte dell’avanzata è avvenuta in appena 48 ore. Oltre a Izyum, è stata liberata anche la città di Kupiansk, altro importante snodo ferroviario e a lungo usato dall’esercito russo per le proprie attività logistiche.
L’esercito russo tiene comunque sotto controllo ancora un quinto circa dell’Ucraina e i prossimi mesi saranno difficili da gestire, per entrambi gli eserciti, a causa dell’arrivo della stagione fredda. Secondo varie analisi, le recenti vittorie indicano quanto si siano aggravati i problemi per la Russia, soprattutto per quanto riguarda la disponibilità di soldati. Da inizio invasione l’esercito russo ha subìto decine di migliaia di perdite e ci sono difficoltà nell’arruolare nuovo personale. La Russia dispone comunque ancora di grandi risorse e riorganizzandosi potrebbe avviare un nuovo contrattacco, sfruttando soprattutto la propria capacità aerea. Non disporre più di Izyum costituisce comunque uno svantaggio per l’esercito russo, sia per la mancanza di uno snodo importante per i rifornimenti, sia per organizzare una nuova avanzata”.
Così Il Post
Scenario militare
A declinarlo, con la consueta accuratezza analitica, è Pietro Batacchi, direttore di Rid (Rivista italiana difesa).
“Nel mentre l’attenzione di tutti era concentrata su Kherson (tanto che Kherson potrebbe essere stato solo un diversivo), gli Ucraini hanno lanciato un attacco nel settore di Kharkiv, in particolare nel settore sudest dell’Oblast, prendendo completamente di sorpresa le debolissime forze russe (Guardia Nazionale e pochi miliziani separatisti) presenti nella zona. L’attacco ha avuto per il momento successo (anche a causa di una scarsa resistenza) e ha messo decisamente in crisi il raggruppamento di forze di Mosca lungo l’asse Kupiansk-Izyum. L’obbiettivo degli Ucraini è difatti chiaro: interrompere la linea di comunicazione e logistica che dall’Obalst russo di Belgorod si dipana a sud verso Kupiansk e fino a Izyum, e che alimenta lo sforzo russo in parte del Donbass, ovvero nel settore di Slovjansk-Kramatorsk. L’effetto sorpresa ha funzionato e le forze di Kiev sono avanzateper diversi chilometri in profondità, in particolare lungo 2 direttrici: una a nord della città di Balaklyia e una a sud. La prima punta direttamente al nodo di Kupiansk, già da giorni sotto il tiro dell’artiglieria ucraina e da dove sono già state evacuate donne e bambini, la seconda punta invece al villaggio di Kunye e a tagliare/interrompere l’arteria di comunicazione principale che consente il rifornimento del raggruppamento russo di Izyum. Nel primo caso, le forze di Kiev hanno raggiunto il villaggio di Shevcnkove, dove sarebbero riuscite ad entrare stamani, ma altre unità – in particolare reparti “da corsa” basati su tecniche – hanno proseguito verso il fiume Oskol (la situazione di Shevchenkove non è però chiara) e, sopratutto, verso il villaggio di Hurshivka, a soli 12 km da Kupyansk. Nel secondo caso, sono in corso combattimenti nell’area di Zaliman. Nel frattempo, dopo gli scontri di ieri, le forze di Mosca hanno lasciato Balaklyia, che è adesso in mano agli Ucraini. Nel complesso i Russi stanno cercando di dispiegare in teatro le poche riserve a disposizione, visto il contemporaneo impegno su Kherson, cercando di tappare per quanto possibile le falle con l’Aviazione. I numeri, però, sono troppo risicati e la situazione per loro si presenta critica: non è un caso che sull’arcipelago dei blog e account Twitter/Telegram russi si invochi a gran voce la mobilitazione generale e si chieda la “testa” degli ufficiali responsabili di questo settore. Come si diceva, l’offensiva ucraina – che coinvolge principalmente la 25ª Brigata Aeroportata, l’80ª Brigata d’Assalto Aereo e la 92ª Brigata Meccanizzata, ben ricondizionate negli ultimi 2 mesi – sta avendo successo. L’effetto sorpresa c’è stato e forse per la prima volta si è vista sul campo un’azione da parte degli Ucraini di tipo combinato, ben coordinata e con una pianificazione ottimale (la mano americana e Nato sembra chiara…). La preparazione dell’artiglieria è stata altrettanto ottimale – pare che i Polacchi abbiano fornito ben 3 battaglioni di semoventi da 155 mm Krab, ma in generale le forniture occidentali sembrano superiori rispetto a quelle ufficiali come ci conferma una nostra fonte ben informata sul posto – così come il minuzioso lavoro condotto dai droni per ISR e strike. Dopo l’inevitabile dentizione, le loitering munitions Switchbalde e Phoenix Ghost sono diventate un fattore rilevante, come dimostrato pure in altre parti del fronte, e hanno “lavorato” bene soprattutto sui Sam. Bisognerà adesso capire se l’offensiva potrà essere sostenuta e alimentata per il periodo di tempo necessario al conseguimento dell’obiettivo, e se i Russi saranno capaci di mobilitare riserve vere che, ripetiamo, al momento non ci sono. Di sicuro – conclude il direttore di Rid – l’azione di Kiev rappresenta un messaggio chiaro anche a quei Paesi, soprattutto europei, che, alle prese con la crisi energetica e con le conseguenze delle sanzioni su Mosca, potrebbero essere tentanti da un disimpegno sul fronte del supporto all’Ucraina”.
Kiev annuncia: “Riconquistati oltre 3mila km quadrati di territori. Siamo a 50 km dalla Russia”.
La “diplomazia delle armi” non gira a favore dello zar. E l’Ucraina potrebbe essere l’inizio della fine per l’uomo che voleva rinverdire i fasti imperiali di Pietro il Grande.