Propaganda russa e interferenze: dal Cremlino 5 linee di azione per influenzare l’Europa
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Propaganda russa e interferenze: dal Cremlino 5 linee di azione per influenzare l’Europa

Uno studio sulla propaganda russa dal 24 febbraio a oggi basato sul monitoraggio delle principali fornti ufficiali russi. Emergono 5 principali linee di azione

Propaganda russa e interferenze:  dal Cremlino 5 linee di azione per influenzare l’Europa
Vladimir Putin
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Gianni Cipriani Modifica articolo

20 Settembre 2022 - 23.53


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L’offensiva di Putin contro l’Ucraina è iniziata il 24 febbraio ed è andata avanti con alterne fortune. Prima il velleitario tentativo aviotrasportato di prendere  Kiev con una brigata di paracadutisti sperando in un colpo di stato contro Zelensky e l’insediamento di un governo fantoccio e obbediente a Mosca sulla falsariga di quello collocato  in Bielorussia. Poi, dopo il fallimento della manovra, l’occupazione e la ritirata da centri vicini alla capitale ucraina come Irpin e Bucha.

Subito dopo lo spostamento del fronte principale nel Donbass, a Mariupol, nella regione di Kherson e l’avanzata che è sembrata molto decisa e vincente, anche se lenta, almeno fino alla controffensiva ucraina che ha consentito di liberare l’area di Kharkiv, mettere in difficoltà i russi a Kherson e anche di riaprire la partita nel Donbass.

Ma quello che è interessante è vedere come tutte queste fasi della guerra siano stati raccontate attraverso la propaganda di Mosca, che aveva il duplice scopo di legittimare la guerra sul fronte interno e quello internazionale e, soprattutto, influenzare  governi e opinioni pubbliche per affievolire il sostegno a Zelensky e al governo ucraino da parte di molti governi occidentali senza il quale i disegni di Putin si sarebbero realizzati in poco tempo.

Parlo di propaganda e non di disinformazione per un semplice motivo: la propaganda è totalmente tracciabile. La disinformazione e le operazioni di influenza sono abbastanza intuibili ma necessitano di conoscenze supplementari che restano nel segreto e non sono facilmente verificabili.

Se, ad esempio, un commentatore va sui social, sui giornali o in televisione a propalare le tesi di Putin è impossibile – almeno dall’esterno – stabilire se sia l’espressione di un libero pensiero o il frutto di una persona pagata da Mosca per esercitare il suo ruolo di influenza.

Egualmente la disinformazione: nell’immediato non si può dire se una notizia sia vera o falsa. E molte storie sono destinate a restare nell’incertezza.

Certo, il tempo a volte aiuta a capire: le rivelazioni sulla fuga di Zelensky da Kiev erano disinformazione russa attraverso la quale si puntava a creare confusione e demoralizzazione in Ucraina togliendo le motivazioni di chi combatteva. Le rassicurazioni russe sul fatto che non si stesse pianificando alcuna invasione erano disinformazione.

Ma si tratta di brandelli.

Per questo nel quadro completo della guerra psicologica scatenata da Mosca, l’unico elemento tracciabile in maniera chiara è la propaganda.


Ed infatti in questi mesi l’analisi metodica delle fonti legate a Putin come la Tass, Ria Novosti, ed altre testate espressione del Cremlino e degli oligarchi (oltre al ricasco social o sulla stampa internazionale filo-Putin), mostra in maniera chiara quali sono stati (e quali sono fino ad oggi) i cinque assi principali della propaganda di Putin e come i differenti approcci siano modulati nel corso dei mesi.

Il rovesciamento delle responsabilità

Soprattutto nei primi mesi, anche se questo tipo di propaganda non è mai venuta meno ma se ne è fatto un uso assai più limitato, da parte del Cremlino c’è stata una costante e assidua azione di rovesciamento delle responsabilità dell’invasione.

Ossia – su questo si è insistito più nelle prime settimane – quella scatenata da Mosca non era una guerra di invasione ma una “operazione militare speciale” che aveva come unico scopo quello di fermare il “genocidio” delle popolazioni russofone del Donbass massacrate da Kiev e dai nazisti del battaglione Azoz.

Una narrazione volta a demonizzare gli aggrediti e far apparire come “liberatori” gli aggressori.

Quindi nessuna invasione ma una sorta di operazione di peace keeping limitata negli scopi e nel tempo.

Propaganda dalla quale è discesa la leggenda dei 14 mila russofoni uccisi dagli ucraini nel silenzio o nella complicità internazionale.

In realtà la cifra dei 14 mila morti va letta diversamente (secondo l’Onu, 10.900 vittime erano soldati, di cui 4.400 ucraini e 6.500 combattenti filorussi. Le vittime civili sono state tra 3.400 e 3.500, anche qui ripartite tra i contendenti) e anche il numero delle vittime nel corso degli anni è andato scemando. Ma ai fini propagandistici era utile far trasparire che la Russia fosse stata costretta a intervenire senza poter aspettare.

Ad ogni modo nelle prime settimane lai propaganda di Putin ha puntato tutto sul dare la colpa all’Ucraina e aggredire la dirigenza di Kiev puntando tutta la retorica sulla figura di Zelensky e sui nazisti del battaglione Azov, anche ingigantendone le dimensioni. Tant’è che la parola ‘denazificazione’ è stata tra le più usate nei primi giorni di guerra ma poi – come si è visto – con il passa delle settimane è finita sempre più in secondo piano.

Nella seconda fase l’obiettivo principale dell’operazione propagandistica che puntava sul rovesciamento delle responsabilità, ha cominciato a puntare i riflettori non solo su Kiev ma anche contro gli Stati Uniti, la Nato, il Regno Unito e fondamentalmente contro gli stessi paesi dell’Unione Europea, Ungheria esclusa.

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Una campagna molto serrata attraverso la quale far credere all’opinione pubblica che non solo l’Ucraina – anzi, i nazisti ucraini – massacravano i russofoni del Donbass, ma che l’operazione militare speciale si era resa necessaria per impedire che la stessa Ucraina diventasse una pericolosa base della Nato dalla quale poter attaccare militarmente la perfino la Russia.

Ossia in termini di rovesciamento della realtà l’idea era quella di sostenere che quella di Mosca fosse stata una sorta di azione preventiva, altrimenti l’invasione sarebbe stata a parti inverse.

Ovviamente l’Ucraina il 24 febbraio non faceva parte della Nato, il suo ingresso, respinto già più volte dai Paesi membri,  non era all’ordine del giorno. Ma certamente dopo il 2014, l’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa considerata illegale dalla comunità internazionale e la sottrazione dalla sovranità dell’Ucraina di una parte del Donbass operata dai filo-russi aiutati dall’esercito di Mosca e dalla famigerata organizzazione Wagner, aveva fatto aumentare il livello di aiuto e assistenza militare a Kiev da parte degli Stati Uniti e altri paesi occidentali.

Quindi  la guerra è stata giustificata prima come necessario intervento per impedire il protrarsi di un genocidio e subito dopo come azione preventiva per impedire che l’Ucraina diventasse una piattaforma Nato pronta per aggredire la Russia.

Come addentellato va aggiunto che successivamente per giustificare il tentativo di Putin di annettere alla Federazione Russa altre regioni dell’Ucraina è stato spiegato come la legittima decisione di proteggere le comunità russofone, visto che il fallimento degli accordi di Minsk, giustificava la scelta della Russia di non fermarsi al Donbass. Spiegazione che in qualche  modo doveva rendere meno evidente il tentativo di Mosca di controllare tutti i porti sul Mar Nero fino alle foci del Danubio (alcuni generali e politici vicino a Putin si sono spinti a parlare anche di collegare la Transnistria alla Federazione Russa) quale parte di un disegno imperiale di stampo neo-zarista per controllare importanti rotte commerciali e ampliare l’influenza e il potere contrattuale di Mosca.

Il sentimento anti-americano e il sovranismo

Un altro fronte della propaganda russa, strettamente connesso al rovesciamento delle responsabilità, è stato il sentimento anti-americano presente in maniera non trascurabile sia in un’area di estrema destra, soprattutto sovranista ed euroscettica che in un’altra altra area che potremmo definire anti-imperialista e che, per una serie di motivi che non è il caso in questo ragionamento di specificare, ha in simpatia Putin e la Russia ed è ostile a qualsiasi cosa possa ricondursi agli Stati Uniti e alla Nato.

Oltre a ciò si può citare anche quella fetta di opinione pubblica definita “no-vax/sì-Putin” che è fondamentalmente anti-sistema e che vede nella Russia un’alternativa al sistema di potere Occidentale in mano a big-pharma, finanza, banche e tutta la narrazione del mondo complottista.

Sostanzialmente il Cremlino ha tentato di sfruttare questo campo su quattro principali sotto-insiemi.

a) La responsabilità della Nato come elemento di provocazione della Russia di Putin che parte dall’allargamento dell’Alleanza atlantica a paesi ex sovietici, passa per il riarmo dell’Ucraina e come punto finale ha avuto le ‘provocazioni’ a Mosca rappresentate dalle esercitazioni militari in territori non graditi alla Russia.

 b) L’altro elemento è stato quello di sottolineare come lo scontro militare non fosse una guerra tra la Federazione Russa che ha invaso e l’Ucraina che difende la propria sovranità, ma una guerra per procura. In altri termini il tentativo è quello di far passare l’idea che mentre il pacifico popolo russo vorrebbe la pace, il governo di Kiev nelle mani degli americani combatte una battaglia non per salvare l’integrità territoriale e il futuro dello Stato ma solo perché ciò è ordinato da Washington o dalla Nato, a seconda del tipo di lettura.

La storia della ‘guerra per procura’ ha fatto molta presa nell’opinione pubblica occidentale, anche perché legata alle forniture di armi presentate dalla propaganda come un trucco di Washington per indebolire Mosca o per indebolire l’Unione Europea o per fare affari a spese di tedeschi, francesi, italiani, spagnoli o quant’altro, retti da governi complici o ignari della manovra di Washington. Ossia – sempre secondo questa lettura –

c) La propaganda dunque ha battuto molto sul fatto che l’Unione Europea e i singoli stati fossero solo organizzazioni o stati subordinati agli Stati Uniti. In altri termini si è insistito in quello che potremmo riassumere in uno slogan come: “Washington decide e Bruxelles esegue”.

Argomento questo di grande impatto in tutto il campo dell’estrema destra o delle forze euro-scettiche già convinte da tempo sul fatto che l’Unione Europea non faccia gli interessi della gente ma – anche in questo caso – di banche, multinazionali e poteri forti. Ed inoltre un altro elemento in favore della tesi secondo la quale uno stato aderente alla Ue già rinuncia a gran parte della sovranista per stare in Europa ma in questa situazione bellica è ancora già gabbato perché a sua volta la Ue è solo una obbediente esecutrice degli ordini degli Stati Uniti.
C’è da sottolineare questo tipo di ‘bersaglio’ della propaganda della Russia non ha avuto oscillazioni, ossia è stato riproposto in maniera quasi continua dal 24 febbraio ad oggi.

d) Altro elemento molto presente nella propaganda del Cremlino è stato quello di spostare l’attenzione – come se si trattasse di una sorte di legittimazione delle scelte attuali di Putin – sulle responsabilità degli Stati Uniti nelle guerre e negli interventi militari che hanno destabilizzato l’Europa e non solo almeno negli ultimi 30 anni.

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Elemento solido perché – con tutta evidenza – gran parte delle condotte che ora si imputano a Putin sono state compiute anche dall’Occidente: i bombardamenti su obiettivi civili in Serbia all’epoca della guerra del Kosovo, i bombardamenti in Iraq, l’Afghanistan, la guerra di Libia, la Siria fino alla presenza di Erdogan nella Nato, ossia la contraddizione di un’alleanza che si descrive come un baluardo della democrazia che però accetta senza problemi un Erdogan che lo stesso premier Draghi ha definito un ‘dittatore’ con il quale venire a patti.

In altri termini la Federazione Russa ha usato il cosiddetto ‘rinfaccio’ per replicare a molte delle accuse americane o occidentali. Usandole per giustificare i propri crimini e depotenziare gli accusatori, come Stati o persone che non avevano alcuna autorità morale a farlo. 

Discredito dei dirigenti ucraini e delle personalità avversarie

Soprattutto nelle prime settimane della guerra (poi questo tipo di attacco si è affievolito) la propaganda di Putin si è concentrata molto su un’operazione di discredito del campo avverso e dei diversi leader.

Questo è un classico in tante e diverse situazioni, non solo nel conflitto russo-ucraino.

Il principale bersaglio, come era ovvio che fosse, è stato Volodimir Zelensky, descritto direttamente da Putin in uno dei primi discorsi come a capo di un governo composto essenzialmente da drogati e pervertiti.

Qui – andiamo per un attimo fuori dal seminato – la propaganda è andata di pari passo con la disinformazione e con la diffusione di social di storie di sesso, festini, droga, ruberie e molto altro.

La Russia ha sottolineato molto come Zelensky fosse un comico e in quanto tale non avesse la statura da statista (e quindi Mosca aveva ragione a cercare di sbarazzarsene) e fosse a sua volta il burattino di altri poteri forti. Zelensky creato dal nulla dall’oligarca Igor Kolomoisky, nella cui tv l’allora attore aveva interpretato la serie tv che gli aveva dato popolarità spalancandogli le porte alla presidenza. Oppure Zelensky che in quanto ebreo rispondeva ad Israele. Oppure le sue ricchezze (la villa a Forte dei Marmi citata più volte) e quelle degli oligarchi ucraini che facevano da contraltare a quelli russi in modo da annullarle.

Propaganda che è proseguita chiamando in causa la stesss Ucraina presentata come Stato fallito, corrotto, nazista, malavitoso e quant’altro per farlo apparire come indegno dell’aiuto Occidentale e pericoloso per l’Unione Europea.

Ovviamente va precisato che la propaganda – a differenza della disinformazione – non si basa sul falso. Ma nemmeno sulla verità. Ossia si prendono aspetti che si basano su fatti ed elementi reali che poi vengono deformati, usati al di fuori del contesto e ripetuti ossessivamente. 
Sicuramente l’Ucraina non è la patria dei diritti civili, della legalità e di tante altre cose. Ma la propaganda ha caricato di significato quella negatività per far passare l’idea di uno stato retto da un comico drogato, protettore dei nazisti ed espressione degli oligarchi.

In questo caso, però, si può dire che questo tipo di propaganda ha solo convinto di più chi già aveva in odio l’ucraina e in simpatia la Russia. Perché la contro-propaganda di Kiev (e dell’Occidente) ha sfruttato le capacità comunicative del presidente ucraino per annullare in gran parte l’operazione di discredito.

Tant’è che oggi – come è evidente – gli attacchi personali a Zelensky sono diventati quasi residuali.

Paura della guerra nucleare e terza guerra mondiale

La paura guerra nucleare e della terza guerra mondiale è stata cavalcata dalla propaganda russa in maniera ossessiva soprattutto nella prima parte della guerra.

In questo caso si è tentato di sfruttare l’onda emotiva delle prime settimane di un’opinione pubblica impreparata e molto spaventata da eventi con i quali non si era mai confrontata.

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Per fare un esempio: tutti ricordiamo le prime settimane della pandemia. All’epoca si aveva a che fare con una realtà del tutto inedita e la paura ha portato a comportamenti che oggi giudicheremmo irrazionali se non stupidi. Si pensi solo alle quantità di disinfettanti usate per pulire strade e pavimenti, ossia azioni assolutamente inutili per prevenire il covid.

E anche si pensi a come la paura sia diminuita nel mesi successivi nonostante il numero dei morti sia salito tra la prima e la seconda ondata.

Egualmente la paura della guerra nucleare è stato usata subito dai russi per ‘paralizzare’ l’Occidente e soprattutto facendo in modo che la pressione dell’opinione pubblica (nelle democrazie liberali si vota) potesse in qualche modo imbrigliare gli aiuti all’Ucraina.

La carta della guerra mondiale è stata successivamente accantonata dalla Russia sia perché le dinamiche della guerra hanno seguito altri percorsi, sua perché l’accesso di minaccia si sarebbe trasformato in una minaccia poco credibile.

Attualmente la Russia ha ripreso – ma in maniera sporadica – a parlare di Terza Guerra Mondiale riguardo nuove possibili forniture di armi agli ucraini e a proposito del piano di sicurezza elaborato da Kiev che non prevede una smilitarizzazione dell’Ucraina. Ma in questo caso le parole di Dmitrij Anatol’evič Medvedev sono state poco efficaci proprio per l’eccesso di esposizione retorica dell’ex presidente.

Egoismo e danni economici

Questo aspetto, quasi inesistente all’inizio dell’invasione, è diventato preminente man mano che la guerra, le sanzioni e la riposta dell’Occidente ha iniziato a pesare sulle tasche dei cittadini in termini di rincari e di inflazione tornata a livelli altissimi dopo anni di stabilità.

A questo di sono aggiunti altri danni ‘collaterali’ come le speculazioni e quant’altro proprie delle società liberiste.

La Russia in questa fase sta puntando moltissimo su questo tipo di arma. Ossia convincere che se da un lato le sanzioni non hanno provocato conseguenze a Mosca, dall’altro loro potranno spostare l’asse verso la Cina, l’India e tanti altri paesi creando un nuovo ordine mondiale alternativo a quello Occidentale dominato dagli Usa.

Per cui con le sanzioni i cittadini europei e occidentali si impoveriranno mentre la Russia è destinata ad arricchirsi. E tutto questo perché? Per difendere l’Ucraina.

Questo è lo schema che in questa fase è seguito da Putin e che rischia di trovare molte sponde sia tra partiti filo-russi od euro-scettici sia da partiti o governi spaventati da scelte che possano essere impopolari.

Dunque  – secondo lo schema propagandistico – il fallimento dell’Europa asservita agli Stati Uniti solo per inseguire una guerra per procura che gli Stati Uniti hanno scatenato contro la Russia per il tramite dell’Ucraina.

Gli esiti di questa propaganda sono ancora incerti e sono legati anche al campo di battaglia. Di certo c’è l’idea del Cremlino di indebolire il sostegno internazionale all’Ucraina e l’ipotesi di una guerra di lunga durata potrebbe rivelarsi favorevole alla Russia, proprio perché si pensa che in pochi siano disposti a pagare un prezzo personale.

In altri termini si ritiene di creare una condizione materiale e psicologica per la quale nel binomio egoismo/solidarietà possa prevalere il primo. Conquistando così anche quella fetta di opinione pubblica o di elettorato che era rimasta abbastanza immune dalle altre forme di propaganda.

Nella sostanza il messaggio di Mosca è quello secondo il quale le sanzioni danneggiano chi le fa e non chi le subisce, che la Russia si sta arricchendo e che voltare le spalle alla Federazione Russa sarà l’inizio della fine dell’Occidente.

Parole del Cremlino lanciate attraverso tutte le piattaforme e i dirigenti possibili e parole di una parte non trascurabile della classe politica occidentale, a cominciare da quella Europea.

Questo ultimo aspetto è in evoluzione ed è difficile prevedere i suoi sviluppi. A Natale capiremo.

Ad ogni modo fino ad oggi questi sono stati gli assi della propaganda russa che è arrivata su giornali, televisioni e social attraverso mille rivoli. Agenti di influenza, politici venduti, utili idioti, sinceri putiniani e sinceri anti-americani. Non sta a me dirlo.

Ma quello che è evidente è che il Cremlino abbia seguito una precisa strategia, al momento con alterne fortune. Anche perché c’è la propaganda e c’è la contro-propaganda: Ucraina, Stati Uniti e Occidente non sono restati con le mani in mano. Si chiama guerra psicologica ed è nata con la guerra stessa e non quella di oggi. Da sempre.

  • Monitoraggio in collaborazione con la cattedra di Storia della Comunicazione e del giornalismo del Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive dell’Università di Siena
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