Alla fine è stato fatto quello che era previsto, ma in condizioni di sicurezza. Gli Usa hanno abbattuto il pallone spia cinese che ha sorvolato i cieli nazionali e poi ha raggiunto l’Oceano Atlantico.
Subito dopo sono state avviate le operazioni per recuperarne i detriti. L’ordine è arrivato direttamente dal presidente Joe Biden. Secondo la Difesa americana, l’aerostatico è stato usato dalla Cina nel tentativo di sorvegliare siti strategici negli Stati Uniti. Un secondo pallone spia avrebbe invece sorvolato l’America Latina. Lo ha reso noto il portavoce del Pentagono, il generale Pat Ryder, precisando che si tratterebbe di un altro dispositivo di sorveglianza come quello che è passato sopra alcuni basi militari del Montana. Dura presa di posizione del ministro degli Esteri di Pechino: “I media e i politici Usa hanno approfittato” delle accuse lanciate contro il pallone aerostatico, “usando l’incidente come pretesto per attaccare e diffamare la Cina“.
Il Dipartimento della Difesa aveva sconsigliato a Biden di abbattere il primo pallone spia mentre sorvolava gli Stati Uniti, poiché avrebbe rappresentato un rischio per la popolazione a causa dei detriti in caduta libera. Il capo della Casa Bianca ha così atteso che il velivolo arrivasse sull’oceano. Il presidente ha seguito l’operazione dall’Air Force One. L’operazione è stata condotta in coordinazione col Canada.
Non è chiaro invece quale Paese latino-americano abbia sorvolato il nuovo pallone spia ma, stando alle segnalazioni del Pentagono, non sarebbe diretto verso gli Stati Uniti.
Il caso diplomatico e la rinuncia di Blinken al viaggio diplomatico a Pechino
La vicenda del primo pallone spia scoperto negli Usa ha causato nella giornata di venerdì un incidente diplomatico fra Washignton e Pechino – che sostiene trattarsi di un apparecchio civile con a bordo strumenti scientifici di ricerca – tanto da costringere il Segretario di Stato americano Antony Blinken a cancellare la visita in Cina prevista domenica. Blinken ha comunque ribadito la disponibilità al dialogo rimandando la sua missione a quando “vi saranno le condizioni per una visita”, senza fissare alcuna data ma invitando Pechino ad allontanare la sonda dello spazio aereo statunitense come “primo passo” per risolvere il problema.