Zar imperialista con i soldi nascosti patriotticamente all’estero: è cominciato, in un tribunale a Zurigo, il processo contro quattro ex dipendenti della filiale svizzera della banca Gazprombank: sono tre russi e uno svizzero accusati di aver aiutato Sergei Roldugin, violoncellista russo molto vicino a Vladimir Putin, a riciclare fondi sospettati di appartenere al presidente russo.
Roldugin, così vicino a Putin al punto si dice che sia il padrino di una delle figlie, è sospettato di aver portato all’estero parte della fortuna del capo del Cremlino. Gli imputati, i cui nomi non possono essere resi pubblici dalla giustizia svizzera, sono il direttore della filiale svizzera di Gazprombank, due membri del consiglio di amministrazione e un consigliere dei clienti della banca russa.
L’accusa chiede sette mesi di reclusione con la condizionale per mancanza di `due diligence´ nella gestione finanziaria.
Si calcola che Roldugin abbia trasferito circa 30 milioni di franchi svizzeri (30 milioni di euro) da società intestate al musicista con sedi a Panama e Cipro senza che i responsabili di Gazprombank effettuassero le necessarie verifiche e senza che lui desse alcuna spiegazione credibile sulla provenienza del denaro (all’epoca si presentava come un violoncellista dal reddito modesto).
Roldugin è attualmente nell’elenco dei cittadini russi soggetti a sanzioni da parte del governo svizzero e, secondo l’accusa, tutti gli indizi indicano che non fosse il vero proprietario dei beni nei suoi precedenti conti in Gazprombank, che sono stati chiusi nel 2016.
La legge svizzera obbliga le banche a porre fine a una relazione d’affari in caso di dubbio sull’identità del cliente; e il processo viene considerato un po’ una cartina di tornasole di quanto rigorosamente la Svizzera applichi le sue leggi sul riciclaggio di denaro, leggi che, almeno sulla carta, sono piuttosto severe.