Pur d’allontanare da sé le responsabilità delle stragi di Stato consumatesi nel Mediterraneo, si stanno inventando di tutto: hanno incolpato Frontex, vaneggiato una Sar libica che non esiste, e ora l’ultima bufala: i mercenari di Putin, quelli della Wagner, che spedirebbero via mare migliaia di migranti per destabilizzare l’Italia e punirla per il fondamentale (sic) sostegno militare fornito all’Ucraina.
L’ultima bufala
Migranti come arma di guerra ibrida? A parlarne è il ministro della Difesa Guido Crosetto e non solo. Il gruppo di mercenari russi Wagner, attivo in Libia e altri Paesi africani, potrebbe essere coinvolto nell’aumento dei flussi migratori verso l’Italia. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso ”preoccupazione perché molti migranti arrivano da aree controllate dalle truppe di Wagner”. E “non vorrei che ci fosse qualche tentativo di spingere migranti verso l’Italia”, ha aggiunto al termine di un incontro a Gerusalemme con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha manifestato ”grande comprensione” per quello che sta accadendo in termini di immigrazione.
Crosetto è intervenuto con una nota: Mi sembra che ormai si possa affermare che l’aumento esponenziale del fenomeno migratorio che parte dalle coste africane sia anche, in misura non indifferente, parte di una strategia chiara di guerra ibrida che la divisione Wagner, mercenari al soldo della Russia, sta attuando, utilizzando il suo peso rilevante in alcuni paesi Africani”.
“Ue, Nato e Occidente, così come si sono accorti che gli attacchi cyber facevano parte dello scontro globale che il conflitto ucraino ha aperto – ha aggiunto – oggi sarebbe opportuno capissero che anche il fronte sud europeo sta diventando ogni giorno più pericoloso. Dovrebbero inoltre prendere atto che l’immigrazione incontrollata e continua, sommata alla crisi economica e sociale, diventa un modo per colpire i paesi più esposti, in primis l’Italia, e le loro scelte geostrategiche, chiare e nette”. L’Alleanza Atlantica si consolida se si condividono anche i problemi che nascono dalle scelte collettive, ma rischia di incrinarsi se i paesi più esposti a ritorsioni di vario tipo (come aprire i ‘rubinetti’ dell’immigrazione da parte di alcuni Stati) vengono lasciati soli”, ha concluso.
“Prima era colpa delle Ong. Ora è un complotto della Wagner. La realtà è che le migrazioni sono un fenomeno complesso e non si affrontano con lo scaricabarile. Attendiamo che dal Governo arrivino serie proposte per governare le migrazioni, invece di ridicola propaganda”, ha scritto su Twitter Lia Quartapelle, vicepresidente dem in commissione Esteri alla Camera. “Esprimo solidarietà al ministro Crosetto perché essere insultati da un tagliagole come Prigozhin é, come dire, non dico una medaglietta, ma sicuramente non un punto negativo”, ha detto il senatore Antonio Misiani ad Agorà Rai Tre, commentando la reazione di Mosca alle accuse di Crosetto. “Certo, meglio avrebbe fatto a riferire queste informazioni delicatissime in Parlamento. E chiederemo a Crosetto, a Tajani di venire in Parlamento a spiegarci che cosa sta accadendo in Libia, quali informazioni sono a loro disposizione e soprattutto cosa intendano fare”, ha aggiunto.
“In Libia – annota in un articolo per Linkiesta Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo – le milizie Wagner sono presenti dal 2018 e combattono a fianco delle truppe del generale Khalifa Haftar e dal cessate il fuoco del 2020, il loro ruolo si è in parte ridimensionato e punta alla gestione degli asset economici ed energetici presenti nel paese e non nella gestione complessa della macchina migratoria che spesso passa per mondi contrapposti al Cremlino. Tanto per dare un’idea: in Libia sono intorno a 2000 i mercenari del Wagner, un numero rilevante, ma di sicuro non sufficiente per controllare territorialmente, politicamente e militarmente il traffico di esseri umani.
L’insicurezza delle acque del Mediterraneo ad esempio è da sempre uno svantaggio per la Marina Russa così come la molteplicità dei conflitti nel continente africano spesso sostenuti da milizie islamiste e jihadiste che generano esodi migratori imponenti rappresentano per la Russia un problema notevole. Anche per questo motivo che il gruppo Wagner riesca ad avere un’influenza sui flussi migratori dal Nord africa verso l’Europa sembra essere una lettura superficiale e poco realistica. In un cotesto complesso come quello Africano, segnato da conflitti asimmetrici, guerre civili, stati deboli e la presenza di molti altri attori – Cina, Turchia, paesi del Golfo, Stati Uniti – ognuno con agende differenti, rendono ogni scenario poco prevedibile. Difronte ai molteplici fattori che alimentano le migrazioni e che regolano i flussi migratori, il gruppo Wagner rappresenta solo una piccola variabile del sistema che non sarebbe in grado in termini d’influenza politica e in termini materiali di, come alcuni sostengono, gestire i rubinetti dei flussi migratori. Infine, nell’ultima Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza relativa presentata a febbraio al Parlamento da parte del Sistema di Informazione per la sicurezza della Repubblica, l’opzione Wagner come regolatore dei flussi è assente e anche per questo le suggestioni lanciate da Guido Crosetto appaiono ancora una volta come l’ennesimo atto giustificativo per nascondere l’assenza di una politica seria e affidabile della questione migratoria”.
Una ricostruzione puntigliosa
E’ quella di Luca Pons per Fanpage.it: “Nel naufragio avvenuto il 12 marzo al largo delle coste della Libia sono morte circa 30 persone migranti, mentre 17 sono state soccorse. Le Ong che avevano segnalazione la situazione di emergenza già a partire dalla notte tra venerdì e sabato, circa 24 ore prima del naufragio, hanno accusato le autorità italiane ed europee di essersi disinteressate della vicenda per troppo tempo. Sea Watch Italia ha pubblicato le registrazioni e i video che ha effettuato in quelle 24 ore, incluse le conversazioni con la Guardia costiera italiana e libica.
La chiamata di Sea Watch con il mercantile intervenuto: “Ora seguiamo la Guardia costiera libica”
Come detto, la prima comunicazione della situazione di emergenza in cui si trovava la barca con 47 migranti a bordo è arrivata alle 2.28 (ora italiana) della mattina di sabato 11 marzo. A lanciarla è stata la Ong Alarm Phone, che ha ricevuto una chiamata dall’imbarcazione stessa e ha girato la segnalazione alle autorità di Italia, Libia e Malta.
La mattina di sabato, alle 10.32, l’aereo di Sea Watch (chiamato Seabird) ha avvistato la barca e ha lanciato una richiesta di aiuto. Ha risposto la nave mercantile Basilis L, che nelle registrazioni diffuse da Sea Watch dice: “Ci troviamo a circa 15 miglia dalla vostra posizione. Ci vediamo tra poco”.
Circa un’ora dopo, però, contattata nuovamente da Sea Watch per aggiornamenti, la nave Basilis L ha risposto: “Per favore contattate la Guardia costiera libica, io sto seguendo loro e devo seguire anche la Guardia costiera italiana”. Alla richiesta di chiarimenti, ha detto: “La Guardia costiera italiana mi ha detto di seguire la Guardia costiera libica. Gli ho chiesto di voi, e non ho nessuna istruzione che voi siate parte di questa operazione”. Dopo i primi chiarimenti, infatti, è emerso che il gommone si trovava in acque Sar libiche, cioè la zona di mare in cui la competenza sui soccorsi è della Guardia costiera della Libia.
Sea Watch ha chiesto: “La Guardia costiera libica vi ha consigliato di caricare a bordo le persone che si trovano sul gommone?” e Basilis L ha risposto: “Non posso darvi questa informazione”. La Ong ha poi offerto di comunicare una posizione più aggiornata, ma il mercantile ha chiuso le comunicazioni: “Procederò verso la posizione segnalata dalla guardia costiera, poi chiamerò loro e chiederò a loro una nuova posizione”.
“La Guardia costiera italiana ci ha attaccato il telefono in faccia”
Come è emerso da altri documenti, una volta giunto in posizione il mercantile non ha potuto intervenire direttamente per soccorrere la barca di migranti. Le condizioni meteo erano troppo difficili e l’operazione sarebbe stata troppo rischiosa. Quindi Basilis L è rimasto in attesa che giungessero altre navi per il soccorso. Alle 16.51 di sabato, una conversazione con la Guardia costiera libica ha confermato a Sea Watch che non c’erano imbarcazioni disponibili per intervenire. Così, la Ong ha contattato direttamente la Guardia costiera italiana.
Una chiamata alle 17.06 è l’ultima comunicazione riportata. “Avete aggiornamenti sulla situazione?”, ha chiesto l’operatore del Mrcc (il comando generale delle capitanerie di porto). “Il nostro aereo ha lasciato l’area, ma abbiamo appena chiamato la Guardia costiera della Libia, perché voi avete fatto riferimento a loro come autorità competente. Ci hanno informato che non c’è nessuna nave diretta a soccorrere la barca in questione. Chi è responsabile ora per questo caso di emergenza, dato che la Guardia costiera libica non può intervenire?”. La risposta è stata: “Okay. Grazie per l’informazione, ciao” (in inglese: “Okay, thank you for the information, bye bye”), prima di attaccare il telefono. Gianluca D’Agostino, responsabile del centro di coordinamento dei soccorsi italiani della Guardia costiera, ha detto che l’Italia ha preso in carico il coordinamento dei soccorsi alle 19.
La risposta della Guardia costiera: “Eravamo già operativi”
Su questo punto, la Guardia costiera italiana ha precisato: “Nessuno ha riattaccato in faccia il telefono, l’ufficiale ha chiuso cortesemente la chiamata ringraziando e salutando. Non siamo tenuti a dare informazioni a chi ci chiama. Noi riceviamo le informazioni, non le diamo. Le sale operative di emergenza avevano già processato le informazioni ed erano già operative”.
In un primo momento, ha spiegato la Guardia costiera, “i libici hanno coordinato l’intervento perché era di loro competenza. In queste situazioni se uno Stato non ce la fa chiede il supporto di altri Stati, in questo caso noi. Che infatti abbiamo inviato tre mercantili verso la barca e che siamo stati gli unici a intervenire”.
La Tunisia esplode
Globalist ne ha scritto più volte. A supporto un lancio di Agenzia Nova: “La Tunisia ha di gran lunga sorpassato la Libia come Paese di partenza delle imbarcazioni cariche di migranti che sbarcano in Italia via nave in modo irregolare. Dai dati del Viminale visionati da “Agenzia Nova”, infatti, risulta che almeno 12.083 persone sono partite dalle coste tunisine da inizio anno fino al 13 marzo, più di 170 sbarchi al giorno, un boom del 788 per cento rispetto ai 1.360 arrivi dello stesso periodo dello scorso anno: pari a oltre un terzo dei 32.101 sbarchi complessivi dalla rotta tunisina dell’intero 2022. Di questo passo, solo dalla Tunisia potrebbero arrivare oltre 60 mila persone, non solo tunisini ma soprattutto subsahariani, questo senza contare il naturale aumento previsto in estate grazie al miglioramento delle condizioni del mare. Si tratta, in effetti, di un ribaltamento dei flussi nel Mediterraneo centrale, dal momento che la Libia era stata finora la prima nazione di partenza dei natanti arrivati in Italia, con 53.118 arrivi nel 2022. Adesso, invece, la rotta libica giunge al secondo posto con 7.057 arrivi al 13 marzo, che è comunque un aumento dell’80 per cento circa rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I dati del Viminale evidenziano un lieve calo della rotta turca della tragedia di Cutro, con 689 arrivi al 13 marzo rispetto agli 812 dello stesso periodo del 2022, un dato in linea con i 16.115 sbarchi complessi dei migranti partiti dalla Turchia lo scorso anno. Resta marginale, infine, la rotta che dall’Algeria ha portato al 13 marzo almeno 184 migranti irregolari, in aumento rispetto alle 55 persone arrivate in Sardegna nello stesso periodo del 2022, a fronte di 1.389 arrivi del 2022.
I dati del cruscotto statistico giornaliero pubblicato nel sito web del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale indicano un ribaltamento anche delle nazionalità dichiarate al momento dello sbarco. I subsahariani, infatti, hanno ampiamente soppiantato i nordafricani nei primi mesi del 2023. Al primo posto degli sbarchi in Italia al 13 marzo c’è la Costa d’Avorio con 2.410 arrivi, mentre nello stesso periodo del 2022 c’era l’Egitto con oltre 1.500 arrivi tramite la rotta libica. Segue poi un altro Paese dell’Africa occidentale, la Guinea, con 2.380 arrivi al 13 marzo 2023, mentre nello stesso periodo dell’anno scorso c’era il Bangladesh con 1.241 sbarchi. I cittadini bengalesi che risultano oggi al terzo posto degli sbarchi irregolari in Italia, con 1.506 arrivi via mare, mentre lo scorso anno erano gli 870 tunisini a occupare il gradino più basso del podio. I numeri di tunisini arrivati finora in Italia è quasi raddoppiato nell’arco di un anno, con 1.328 sbarchi registrati finora da inizio anno”.
E a quel che risulta in Tunisia non ci sono quelli della Wagner. Come la mettiamo ministro Crosetto?
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