Italia-Libia, accolto in pompa magna il generale golpista: Meloni sa chi è Khalifa Haftar?
Top

Italia-Libia, accolto in pompa magna il generale golpista: Meloni sa chi è Khalifa Haftar?

Oggi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi un generale golpista che ha provato a conquistare, manu militari, la Libia.

Italia-Libia, accolto in pompa magna il generale golpista: Meloni sa chi è Khalifa Haftar?
Khalifa Haftar
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Maggio 2023 - 19.41


ATF

Volete avere una clamorosa conferma di quello che significa stampa mainstream, versione 2.0 dell’Istituto Luce di fascistica memoria? Bene, anzi male. Malissimo. Oggi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi un generale golpista che ha provato a conquistare, manu militari, la Libia. Non c’è riuscito, ma questa è un’altra storia. 

Ricevuto in pompa magna

Il generale in questione è Khalifa Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, al servizio di Vladimir Putin e Recep Tayyp Erdogan. Così è stato raccontato l’incontro di Roma. 

“E’ durato circa due ore l’incontro di questa mattina a Palazzo Chigi tra la premier Giorgia Meloni e il generale libico Haftar.  L’incontro è servito per uno scambio di opinioni su alcuni temi, in particolare la crescita senza precedenti del fenomeno migratorio verso l’Italia.

Il colloquio di oggi è stato anche l’occasione per Meloni, sempre a quanto si apprende, per confermare il sostegno italiano all’azione delle Nazioni Unite in Libia per la rivitalizzazione di un processo politico che possa portare a elezioni presidenziali e parlamentari entro la fine del 2023.    

Il presidente del Consiglio ha anche colto l’occasione per un confronto sulle situazioni di destabilizzazione in Libia e nei Paesi confinanti, esprimendo particolare preoccupazione, sempre secondo le stesse fonti, per il conflitto in Sudan. 

Haftar, in visita a Roma per proseguire il dialogo sulla stabilizzazione della Libia e del Nord Africa, ieri sera ha avuto un colloquio con il vice-premier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani.  

Il generale, ex ufficiale nell’esercito del colonnello Gheddafi, da alcuni anni è diventato l”uomo forte” della Cirenaica; da qualche mese però, grazie ad un accordo con il premier di Tripoli, Abdelhamid Dbeibah, Haftar è ritornato ad essere di fatto uno degli interlocutori decisivi in Libia, nonostante il fatto che per mesi dal 2019 avesse provato ad attaccare senza successo la città di Tripoli, riaccendendo una lunga fase nella guerra civile libica.

Leggi anche:  Khalifa Haftar, il generale ricevuto in pompa magna da Meloni ospiterà in Cirenaica le basi russe sfrattate dalla Siria

La presidente Meloni era stata a Tripoli il 28 gennaio scorso con i ministri degli Esteri e dell’Interno, Tajani e Piantedosi, per una prima presa di contatto con le diverse autorità libiche, ma non era riuscita a spostarsi nell’area di Bengasi dove ha le sue basi Haftar. Il generale è molto vicino alle posizioni dell’Egitto guidato dal presidente Al Sisi; incontrando il leader egiziano al Cairo, il ministro Tajani aveva chiesto di intervenire sul generale libico per facilitare una pacificazione definitiva della Libia e per fermare il flusso di migranti irregolari che partono anche dalle coste della Cirenaica”.

Così è. L’Istituto Luce 2.0.

Mandato di cattura internazionale

Un passo indietro nel tempo. Scrive Matteo Palamidesse su Focus on Africa del 12 novembre 2022: “Nel report inviato al Consiglio di sicurezza il procuratore capo della Corte Penale Internazionale (Cpi) Kharim Khan è stato chiaro, anche se per ora  i nomi dei citati nel documento rimane riservato, in attesa che il Tribunale internazionale dell’Aja convalidi la richiesta della procura: “Coloro che cercano di trafficare e sfruttare i migranti e i rifugiati, prendono di mira le persone più vulnerabili, che non hanno o hanno pochissima capacità di far valere i propri diritti umani fondamentali”.

Leggi anche:  Meloni si autocelebra in aula ma i banchi della Lega sono vuoti e Salvini non è al suo fianco

Un vulnus normativo aveva bloccato fino ad oggi il perseguimento dei trafficanti di esseri umani. La Corte penale internazionale infatti, era stata autorizzata a procedere solo per crimini di guerra e i crimini contro i diritti umani o commessi a danno di esseri umani non rientravano in questa casistica.

Ma il procuratore Kharim Khan ha sottolineato come “una valutazione preliminare dell’Ufficio, i crimini contro i migranti in Libia possono costituire crimini contro l’umanità e crimini di guerra“.

Per intenderci, i trafficanti fino ad oggi hanno agito impunemente consci della difficoltà degli investigatori nel poter dimostrare i loro collegamenti con le milizie che da anni combattono per il controllo del paese.

 “È un obbligo collettivo garantire che i responsabili di tali crimini siano chiamati a risponderne” ha detto Khan.

I mandati di arresto, qualora venissero accolti dal Tribunale e si tramutassero in ordini di arresto, potrebbero mettere in imbarazzo molti paesi e andrebbero ad incidere profondamente nel contesto libico.

Le persone sulle quali si indaga sono infatti a capo dei clan che oggi lottano per la spartizione del potere nel paese in particolare quelle legate al generale Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, sono legate alle milizie, alla guardia costiera, all’esercito.

Un primo passo, come sottolinea Khan. “Presenteremo ulteriori richieste d’arresto, perché le vittime vogliono vedere l’azione della giustizia e le prove sono ormai disponibili”.

Non vi basta. E allora leggete questo: da Repubblica del 20 dicembre 2022:“ Il rapporto di Amnesty International parla di torture, maltrattamenti, espulsioni di massa di migranti, stupri, omicidi di civili, privazioni illegali della libertà personale ai danni di cittadini libici e migranti, saccheggi: dall’ultimo rapporto dell’Organizzazione che si batte per i diritti umani dedicato alla Libia emerge un quadro impietoso. La responsabilità ricade su una milizia in particolare, la Tariq bin Ziyad, guidata da Saddam Haftar, figlio del generale Khalifa Haftar. L’organizzazione si basa sulle deposizioni di testimoni oculari, parenti delle vittime e su materiale video consultato dai ricercatori.

Leggi anche:  Meloni ad Atreju: un lugubre comizio all'insegna del livore e dei fallimenti auto-celebrati come successi

Abusi contro gli oppositori. Costretti a restare inginocchiati per ore e a ripetere ad alta voce “Il feldmaresciallo è il mio padrone”, dove per feldmaresciallo si intende Haftar. Torturati con scariche elettriche e percosse. Non manca niente nel repertorio dei metodi utilizzati dalla milizia Tariq bin Ziyad (TBZ) per spaventare gli oppositori. Amnesty ha documentato gli abusi in tutte le aree che erano o sono sotto il controllo delle Forze armate arabe libiche (LAAF): Bengasi, Derna, Sabha, Sirte, Tobruk, la periferia di Tripoli, al-Marj, Ajdabiya e nelle zone circostanti. Migliaia di civili, negli anni tra il 2014 e il 2019, sono stati sfollati con la forza per la presunta opposizione alle LAAF e quindi ad Haftar. Queste persone ancora oggi sono sfollate, vivono nella Libia occidentale, prevalentemente nelle città di Misurata e Tripoli, e non possono ritornare a casa per paura di rappresaglie. Una donna di Derna ha raccontato ai ricercatori di Amnesty che i 

Native

Articoli correlati