La notizia non deve meravigliare: Hamas è stata per anni il migliore alibi del governo Netanyahu che non vuole la pace e ha in mente non solo di non restituire i territori occupati ai palestinesi, ma di annetterli direttamente, soprattutto se alla Casa Bianca dovesse tornare un estremista di destra come Donald Trump che garantirebbe anmcora maggiore protezione politica.
Il governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha consentito per anni i finanziamenti multimilionari destinati dal Qatar all’organizzazione islamista palestinese Hamas, sperando che il denaro potesse aiutare Hamas a mantenere l’ordine nella Striscia di Gaza e riducesse le pressioni politiche tese a creare uno Stato arabo palestinese.
Lo scrive il quotidiano “New York Times” citando fonti anonime a conoscenza della questione. Secondo il quotidiano, soltanto pochi giorni prima dell’attacco sferrato da Hamas a Israele, il 7 ottobre scorso, il capo del Mossad, David Barnea, si era recato proprio in Qatar, chiarendo al governo di quel Paese che il premier Netanyahu era favorevole alla prosecuzione del sostegno finanziario di Doha ad Hamas.
Per diversi anni il Qatar ha finanziato la Striscia di Gaza per scopi umanitari, fornendo milioni di dollari a copertura degli stipendi pubblici e per l’acquisto del carburante necessario a mantenere in funzione le centrali elettriche. Tuttavia, i funzionari dell’intelligence israeliana ritengono da tempo che i finanziamenti andassero anche ad Hamas, e ora credono che questo denaro abbia avuto un ruolo nel successo dell’attacco del 7 ottobre contro Israele. Secondo un alto diplomatico occidentale citato dal quotidiano, anche i governi occidentali sono da tempo giunti alla conclusione che Hamas abbia sfruttato il denaro proveniente dal Qatar per finanziare le proprie attività militari.
Il primo ministro Netanyahu, però, “non solo ha tollerato questi pagamenti, ma li ha anche incoraggiati”: questa politica sarebbe stata parte di una “scommessa” del primo ministro israeliano, convinto che il flusso di denaro potesse mantenere la quiete a Gaza e permettere ad Hamas di reggere saldamente le redini del potere in quel territorio. Nei giorni scorsi, il “New York Times” aveva già accusato il governo Netanyahu di aver ottenuto con largo anticipo e deliberatamente ignorato i piani di Hamas in vista dell’attacco del 7 ottobre. Secondo il quotidiano, anche mentre l’esercito israeliano riceveva i piani di attacco di Hamas e gli analisti osservavano esercitazioni militari su larga scala effettuate dall’organizzazione islamista appena oltre il confine nella Striscia di Gaza, i pagamenti da Doha proseguivano con il beneplacito di Tel Aviv. Inoltre – affermano le fonti citate dal quotidiano – per molti anni il denaro sarebbe stato trasferito in presenza di agenti dell’intelligence israeliana.
In risposta alle rivelazioni del quotidiano, un funzionario del governo del Qatar ha ribadito la natura esclusivamente umanitaria degli aiuti economici a Gaza. Una nota dell’ufficio di Netanyahu afferma che “diversi governi israeliani” hanno consentito l’afflusso di denaro nella Striscia “per ragioni umanitarie”, e “non per rafforzare Hamas”. Il quotidiano Usa ricorda però che nel dicembre 2012 Netanyahu disse al giornalista israeliano Dan Margalit che era importante “mantenere Hamas forte” per bilanciare il peso politico dell’Autorità nazionale palestinese in Cisgiordania.
Secondo il giornalista, il primo ministro gli disse che avere due organizzazioni palestinesi rivali avrebbe ridotto la pressione su Israele per la creazione di uno Stato arabo palestinese. L’ufficio del primo ministro ha negato che il premier abbia mai pronunciato tali affermazioni; negli anni successivi, però, Netanyahu ha espresso concetti analoghi in pubblico, ad esempio di fronte alla Knesset. Secondo i critici del primo ministro, l’attacco del 7 ottobre è il risultato di una politica incentrata “sulla finzione che il problema (di Gaza) non esistesse”.