Sexting e selfie killer: ecco quali sono le trappole del web
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Sexting e selfie killer: ecco quali sono le trappole del web

L'uso scorretto delle tecnologie, della rete, dei social network da parte dei ragazzi può rivelarsi una 'trappola'

Selfie killer
Selfie killer
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21 Ottobre 2017 - 09.28


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Cyberbullismo, sexting, revenge porn, hate speech, selfie killer: l’uso scorretto delle tecnologie, della rete, dei social network da parte dei ragazzi può rivelarsi una ‘trappola’ con conseguenze gravi. In gioco salute e sicurezza in un’epoca in cui le nuove generazioni posseggono uno smartphone già a partire dai 9 anni (in media) e quasi 8 adolescenti su 10 (il 78%) dagli 11 ai 13 hanno almeno un profilo social, nonostante il divieto di iscrizione a quell’età. I dati emergono da uno studio dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza dal titolo ‘Nella rete della rete’, condotto su un campione di 11.500 adolescenti dagli 11 ai 19 anni, distribuiti su tutto il territorio nazionale.

“Il vero problema dei ragazzi oggi sono le chat di messaggistica istantanea, i famosi gruppi su WhatsApp che sono utilizzati in modo improprio sin dalle scuole elementari, non solo dai genitori, ma anche dai bambini, diventati terreno fertile per i baby cyberbulli che agiscono indisturbati sotto gli occhi ciechi dei genitori, ignari di ciò che accade all’interno dei loro telefoni. Non ci dobbiamo, quindi, stupire se dagli 11 ai 13 anni di età, 1 adolescente su 10 subisce cyberbullismo, rispetto all’8,5% dai 14 ai 19 anni”, sottolinea Maura Manca, presidente dell’Osservatorio nazionale adolescenza, illustrando lo studio. Sono le femmine (70%) le prede predilette dei cyberbulli, in gran parte di sesso maschile (più del 60%).

Il 33% degli episodi di cyberbullismo è di tipo sessuale. E si lega ad esso un altro fenomeno insidioso della rete: il sexting. La pratica di scattare e condividere foto intime (ma anche video) coinvolge il 6% dei preadolescenti dagli 11 ai 13 anni, di cui il 70% sono ragazze, e di circa 1 adolescente su 10 dai 14 ai 19 anni ragazzini.

Ancora una volta sono le ragazze più a rischio rispetto ai coetanei maschi della cosiddetta vendetta pornografica o revenge porn (4%) che avviene con la pubblicazione sui social o in chat di materiale intimo dell’ex fidanzata o amica allo scopo di metterla alla gogna pubblica. Una vendetta che ha già causato suicidi e depressione.

Nell’ambito delle violenze a sfondo sessuale o comunque legate all’abuso dei sentimenti, si sta parlando di un fenomeno ormai mediatico che risponde al nome di ‘Pull a pig’ o ‘inganna il maiale’, in cui le ragazze vengono umiliate (con un sadico messaggio che annuncia: è tutto uno scherzo!) dopo essere state sedotte. “Il 22% degli adolescenti, dai 14 ai 19 anni, ammette di aver preso in giro intenzionalmente un compagno o un amico solo perché in sovrappeso, rispetto al 18% dagli 11 ai 13 anni. In genere, gli autori di queste prepotenze, sono i maschi (65%)”, spiega Manca.

Complici di cyberbulli e di haters, sono i ‘condivisori’ e i ‘commentatori’ andando a rinforzare le violenze che una persona subisce. “È su coloro che condividono e che commentano in maniera cattiva e dispregiativa che si deve lavorare – evidenzia la presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza -, sono loro che alimentano il problema, che lo rendono pubblico e visibile. Sono complici perché le parole fanno più male delle botte, perché le condivisioni uccidono, creano ansia, depressione, disturbi alimentari e portano le vittima a farsi intenzionalmente del male come dimostrano i dati per cui per oltre il 50% di coloro che subiscono violenze digitali si autolesiona”.

“I commentatori e i condivisori non si sentono responsabili e colpevoli in quanto non agiscono in prima persona, non capendo di esserlo quanto un cyberbullo”, aggiunge Manca. C’è un 4% degli adolescenti dai 14 ai 19 anni e un 5% dagli 11 ai 13 anni che ha filmato o fotografato un coetaneo mentre veniva aggredito senza intervenire, rendendo pubbliche e virali le immagini.

Ragazzi a rischio grooming (adescamento online): 2 adolescenti su 10 dichiarano di aver scoperto che dietro un profilo di una persona amica sui social network si nascondeva un adulto e le vittime predilette degli adescatori sono le femmine (62%). I ragazzi in genere vengono adescati attraverso i giochi online, la Playstation e i canali YouTube, le ragazze più nei social network e dai blog.

L’abuso delle rete porta anche a disturbi del sonno o fobie. Il vamping (i ragazzi si danno appuntamento di notte per chattare) riguarda il 62% dei ragazzi che rischiano problemi di concentrazioni e malumore. Allarmanti poi i dati sullanomofobia (no-mobile-fobia): la patologia generata dalla paura di rimanere senza telefono coinvolge 8 adolescenti su 10 e il 60% dagli 11 ai 13 anni. “Questo dato dimostra come il problema dell’abuso della tecnologia e il rischio dipendenza si incrementino nel corso degli anni, man mano che la propria vita ruota sempre di più intorno al cellulare”, sottolinea Manca.

Oggi uno degli aspetti legati all’uso distorto della tecnologia è quello dei kilfie o selfie killer, ossia i selfie in cui, pur di ottenere visibilità, like e condivisioni si rischia anche la vita. I dati del fenomeno sono preoccupanti, in quanto l’8% degli adolescenti è stato sfidato a fare un selfie estremo e 1 adolescente su 10 ha fatto un selfie mettendo a rischio la propria incolumità, per dimostrare il proprio coraggio. La percentuale sale nei più piccoli, dagli 11 ai 13 anni, raggiungendo il 12%. “In un certo senso, lo fanno per rinforzare il proprio ruolo social e sociale, dimostrare a se stessi il proprio valore, senza capire realmente la gravità di certe condotte”, spiega l’esperta del mondo giovanile.

Lo studio dell’Osservatorio si sofferma anche su uno dei problemi più dilaganti in rete: l’hate speech. Gli ‘odiatori’ sono in forte crescita anche tra gli adolescenti, parliamo di un 22% di ragazzi tra i 14 e i 19 anni, di cui il 53% è maschio. Il 64% mette anche in atto comportamenti di cyberbullismo, creando un problema nel problema. Il 90% degli haters dichiara che i genitori non gli controllano mai il telefono e che quindi sono allo sbaraglio in rete. “Questo fenomeno è molto grave perché va ad intaccare l’autostima dei ragazzi vittime di questa violenza gratuita, si è bersaglio delle peggiori cattiverie pubbliche, attacchi, minacce, prese in giro, denigrazioni e umiliazioni”, afferma Manca. Un odio immotivato che crea ansia, stress, tensione e che incide sull’umore.

Le conseguenze dell’abuso delle rete: se le ragazze sono più a rischio dipendenza da social e da questi condizionate (anche nella vita reale), i loro coetanei invece possono sviluppare comportamenti violenti e pericolosi.

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