di Manuela Ballo
È contraddittorio il fatto che gli assorbenti e i tamponi siano considerati beni di lusso, quando in realtà sono di prima necessità. Chiedetelo a qualunque donna e vedrete cosa risponderà. Dalla sua bocca, di certo, non sentiremo mai uscire la parola lusso in relazione al ciclo mestruale; così come non troveremo mai la parola assorbente nel decreto del 1972 che indica i beni e i servizi ai quali è applicata
l’aliquota ridotta al 4 – 5 o 10 per cento. Si tratta di una mancata sensibilità nei confronti del mondo femminile che mette in luce come i governanti di allora e di oggi, incuranti dei diritti e delle esigenze di milioni di donne, abbiano in realtà compiuto pochi sforzi per eliminare questa discriminazione di genere.
Anch’io, da donna, mi chiedo perché nel ventunesimo secolo le donne siano costrette a gridare per far rispettare i loro diritti. Sono molte le voci che sostengono questa posizione. Perché sgolarsi per farsi ascoltare dai piani alti? In una società che si ritiene evoluta questa involuzione sul piano dei diritti grava su di noi assumendo un’intensità rilevante.
Di tutta risposta le donne hanno continuato a protestare e a lottare per il raggiungimento della piena uguaglianza di genere che fatica ad affermarsi. L’obiettivo è, in questo caso, l’abolizione della cosiddetta tampon tax: la tassazione sugli assorbenti ed i tamponi che in Italia è tra le più alte d’ Europa (22 per cento) eccezion fatta per quelli biodegradabili e compostabili (5 per cento) introvabili, però, nei reparti dei supermercati e il cui costo rimane proibitivo per le cittadine dal basso reddito costrette a dover rinunciare a tanti altri beni indispensabili alle esigenze dell’intero nucleo familiare. Queste rinunce sono diventate ancora più gravose in una situazione in cui si manifestano gravi disagi di sostentamento causati dalla situazione che la pandemia sta provocando.
Molte manifestazioni sono state fatte da gruppi e movimenti femministi. Una serie di petizioni, sono state promosse negli anni da movimenti femministi raccogliendo milioni di firme che però sono scivolate nel silenzio. Tra queste petizioni sono da segnalare quelle dell’associazione Onda Rosa e change.org. Le stesse ragazze di Onda Rosa nell’appello ricordano che “avere il ciclo non è un lusso né tantomeno una scelta e gli assorbenti non sono un accessorio ma una necessità, una firma può cambiare lo stile di vita di tante famiglie”.
Altri gruppi di donne per reagire al silenzio dei governi hanno attuato un’altra pratica che è quella del “free bleeding” o sanguinamento libero, un fenomeno che affonda le sue radici negli anni Settanta, ai tempi del femminismo di prima generazione.
Il silenzio non porta a nulla e per questo le donne avvertono il bisogno di romperlo affinché la voce arrivi alle orecchie di chi governa. Questo lo si può fare anche mostrando gli esempi virtuosi che ci arrivano da altre nazioni e paesi europei come la Scozia diventata, poche settimane fa, la prima Nazione al mondo a rendere gratuiti tutti i prodotti per l’igiene femminile distribuendoli nelle farmacie, nei college e nei centri sociali. In questo ingeneroso confronto, la legge italiana sulla tampon tax appare come sessista e discriminatoria e va prontamente ridiscussa o abolita definitivamente.
Le donne di certo continueranno a insistere, con la testardaggine di chi, ponendosi un giusto obiettivo è intenzionato a raggiungerlo. Bisogna ricordare a quelli che hanno voluto questa legge che “il ciclo non è un lusso” al pari di un rolex o una borsa Prada e che quelle stesse leggi, formulate probabilmente da una maggioranza di uomini, non tengono conto delle nostre esigenze e dei nostri diritti. Le donne infrangono così il silenzio agendo, non dimenticando di essere ancora vittime di sistemi e leggi da cambiare per far sì che ciò non impedisca il fiorire di una democrazia basata sulla parità di genere.
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