È da due mesi che li ringraziamo, li applaudiamo, li asfissiamo di retorica, li chiamiamo eroi.
Sono gli operatori sanitari.
Fin dal primo giorno li abbiamo mandati in trincea allo sbaraglio, senza uniformi e senza armi. 153 sono morti, circa 20.000 si sono infettati. Soffrono in silenzio più di qualunque altro essere umano. Alcuni si sono tolti la vita perché è inimmaginabile lavorare 24 ore su 24 vedendo morire gli altri nonostante gli immani sforzi profusi. Restano lontani dai loro congiunti più di tutti gli altri. Vivono negli ospedali, e quando tornano a casa si barricano in un angolino perché hanno paura di infettare i loro conviventi più di chiunque altro.
Tutti gli italiani che scalpitano per l’apertura della cosiddetta Fase 2 non pensano a loro neppure per un istante.
Ieri sera in Tv, in tutte le trasmissioni, si parlava tranquillamente di quante terapie intensive si possono di nuovo riempire. Le stime dei medici che hanno spiegato a Conte perché una riapertura ampia potrebbe essere fatale, hanno parlato di 151.000 casi da terapia intensiva. Marco Travaglio ha giustamente ipotizzato che se i medici avessero ragione soltanto al 10 per cento, andremmo incontro alla necessità di 15.000 terapie intensive, che in Italia non abbiamo. Il macabro Alessandro Sallusti ha insistito nel dire che dobbiamo correre dei rischi per non morire tutti di fame. I virologi e gli epidemiologi ascoltavano basiti, ma nemmeno loro, per discrezione, hanno spezzato una lancia in favore degli operatori del settore.
È sconcertante constatare che sotto sotto, anzi sopra sopra, i nostri eroi noi li vogliamo ammazzare tutti senza nemmeno starci a pensare un attimo.
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