Izzeddin Elzir, a lungo presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia, imam di Firenze, segue con attenzione e preoccupazione gli sviluppi della polemica sulla trasformazione di Santa Sofia. A un uomo attento e colto come lui la prima domanda che viene naturale fare è semplice: questa decisione è finalizzata a smantellare il sistema creato da Ataturk o a fare dell’Islam una religione nazionalista?
“Tutte e due le risposte hanno un fondamento. Ataturk ha compiuto numerose scelte che vanno capite nel loro insieme nel contesto della società turca e della sua dimensione. Al fondo c’era una visione che di solito viene definita laica ma che è più giusto definire laicista, di tipo francese o forse per evitare generalizzazioni potremmo dire bonapartista. Ora c’è una trasformazione della società turca, e bisogna capirne la portata, le motivazioni, gli aneliti. La novità sociale turca è l’elemento più importante e il nazionalismo c’entra. Purtroppo il nazionalismo diventa facilmente etno-nazionalismo, cioè identifica la difesa della Nazione intesa come Patria con la difesa della nazione intesa come gruppo etnico. E questo ovviamente ha numerose conseguenze che possono coinvolgere idee di religione.”
Non era difficile capire che una decisione del genere su un luogo simbolico universale come Santa Sofia avrebbe favorito azioni o reazioni ostili all’Islam nel mondo occidentale.
“Non c’è dubbio. Questo è il problema dell’oggi, dell’incontro globale tra scelte che antepongono gli interessi della politica a quelli religiosi che magari si proclamano. Lo diciamo oggi, ma lo abbiamo visto in tanti casi negli anni passati. Il meccanismo è chiaro ed è duplice, è binario, non funziona solo in una direzione. Pensiamo all’invasione dell’Iraq, o a tante altre scelte compiute e che hanno prodotto effetti simili. Non sono pochi i casi in cui si è verificato che un comportamento ha determinato il suo analogo ma opposto dall’altra. Questo è un meccanismo che ci porta a diventare tifosi. Nel mondo interconnesso se non manteniamo la nostra capacità di pensiero critico finiamo con il sostenere le ragioni della nostra appartenenza senza neanche conoscerle, come fanno i tifosi. Noi invece dovremmo vedere la realtà con occhi sinceri e cercare il nostro posto in base alla ragione, non all’identificazione con una parte, che come tutte le parti può avere ora torto ora ragione. ”
Come può fare però un musulmano a non cadere nella rete di chi vuole sospingerlo contro la modernità?
“Questo è un punto molto importante, una bella domanda. Questo problema non si affronta però astraendo il musulmano. Non esiste un musulmano astratto. I musulmani sono uomini come tutti gli altri. Agiscono e reagiscono in base a pulsioni, sentimenti, e molto spesso per loro come per gli altri prevalgono le reazioni impulsive, il cosiddetto ragionamento di pancia. Se noi provassimo a ragionare razionalmente non so quanti partiti italiani avrebbero lo stesso livello di consenso che hanno oggi. Ma il ragionamento in certi fasi della storia è soprattutto dettato dalle emozioni, questo riguarda tutto il mondo, non solo la Turchia, dove pure il confronto c’è. Tra gli stessi sostenitori della decisione di Erdogan ci sono poi diversità di posizione e se guardiamo alla storia politica della Turchia di questi anni vediamo che il consenso e il dissenso taglia le espressioni musulmane, gli ex alleati di Erdogan sono musulmani e oggi sono suoi nemici. Ma il problema di astrarre i credenti esiste. Ed è aiutato dalla politica. Molto spesso si parla dei problemi veri che vivono i cristiani come minoranze in tanti paesi arabi. Ma cosa si è fatto realmente per loro? E cose si è fatto per superare l’idea di un certo modo di rapportarsi alle “minoranze”? La risposta più alta l’ha data il Documento sulla fratellanza firmato da Papa Francesco e dall’Imam al-Tayyeb poco più di un anno fa. Lì si è fatto un salto di qualità parlando di pari cittadinanza e di rispetto delle diversità come sapiente volontà divina. Quella è una scelta, direi la strada che tutti insieme dovremmo difendere e trovaste il modo di percorrere.”
Le vorrei fare una domanda su Erdogan. Lui parla di neo-ottomanesimo ma gli Ottomani, per quanto io sappia, conoscevano e riconoscevano la complessità. Tutto sommato fu il Sultano in persona a riaprire il patriarcato ecumenico ortodosso, a creare per la prima volta nella storia un arcivescovado armeno a Istanbul, a far edificare il grande seminario teologico ortodosso chiuso da Ataturk e lasciato chiuso da Erdogan. Davvero Erdogan è un neo-ottomano?
“Se parliamo di spazi di libertà dobbiamo parlarne in termini complessivi e allora non si può negare che all’inizio dell’era Erdogan ci sia stato un nuovo spazio di libertà con la possibilità per una donna velata di andare all’Università. Prima, nel sistema kemalista, non poteva. Poi però gli spazi di libertà vanno tutelati e la Turchia è chiaramente un Paese multietnico e multireligioso. Se il governo non rispetterà questa sua natura il popolo turco non lo riterrà giusto, non lo condividerà.”