Il cardinale Müller, ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ritiene che le affermazioni di Papa Francesco sull’opportunità di unioni civili per omosessuali abbiano creato confusione tra i fedeli. Io ho l’impressione che tra i fedeli e non solo tra loro, ma tra tutti i lettori, abbia creato confusione lui. Nell’intervista al Corriere della Sera infatti il porporato chiede quale sia, in fin dei conti, la differenza tra unione civile e matrimonio. Molto chiaro.
Molto chiaro è anche quanto afferma a “La Repubblica”: “le unioni civili per la Chiesa non sono nulla.” Ma insomma, sono quasi quasi un matrimonio o niente? E se le unioni civili per la Chiesa non sono nulla perché osteggiarle? Devo dire che sento un po’ di confusione, ma forse sbaglio. Non sento invece una parola che vada al di là dei confini occidentali, cioè ci parla di quei 70 paesi del mondo contemporaneo dove l’omosessualità è un reato penalmente perseguito, in sette casi con la pena di morte. Era otto i casi, poche settimane fa per fortuna è uscito dal novero il Sudan.
Il problema che si pone di tutta evidenza è se la Chiesa vive nel mondo e con il mondo o si ritiene un giudice eterno, al di sopra e al di là della storia.
Il film che contiene le affermazioni del papa sull’omosessualità ci mostra un Francesco che ascolta, e questo in tante altre posture non emerge molto, a volte non emerge proprio: sembra che ci sia chi sa tutto e chi deve solo ascoltare. Nell’ascolto di Francesco c’è anche una vittima di abusi sessuali, proprio quelli che la commissione pontificia per la tutela dei minori chiese alla Congregazione per la Dottrina della Fede di ascoltare, ricevendo una risposta ineccepibile ma algida: non è compito nostro, è compito delle diocesi. Dunque il giudizio è sulle carte, non richiede di conoscere “la carne”.
Questo modo di ragionare riguarda anche chi è arrivato a vedere nelle parole di Francesco un’accettazione della genitorialità per le coppie omosessuali. Il papa, ora è chiaro, si è espresso sul loro stare in famiglia riferendosi a quei casi, di cui mai si parla, che in tanti Paesi del mondo vedono i figli cacciati via se scoperti omosessuali. Ma una certa cultura che vuole tirarlo per la giacca su terreni dove lui non è e non vuole andare sembra aver tentato qualche forzatura. Questo io non lo so, ma lo percepisco da reazioni e forse anche azioni. E invece Francesco dice chiaramente due cose: prima viene l’amore, comunque, quindi non è possibile ammettere che i figli vengano cacciati perché omosessuali e una sistema che salvaguardi l’unicità del matrimonio creando unioni civili darebbe a tutti i diritti che gli competono. E’ quello che, con il consenso della Cei, è accaduto in Italia. I dissidenti non se ne erano accorti?
Così risulta evidente che l’omofobia è una molla ancora forte, profonda, radicata, nonostante tante belle parole sull’accoglienza e la gentilezza nei loro confronti. Ma se parlando di omosessuali non si parla di persecuzione, detenzione, impiccagione, di cosa si parla? La Chiesa, ripeto, è un giudice eterno e fuori dalla storia o vive con noi nella storia, nel mondo?
Il punto più rilevante di Francesco è che lui non si piega ai criteri di opportunità. Ha un orizzonte che lo porta ad ascoltare le persone, a preoccuparsi di cercare un modo razionale per vivere insieme. C’è chi invece risolve tutto appellandosi alla legge naturale, unica valida e indiscutibile. Poi certo, costoro dovrebbero dirci come si relazionano agli OGM e alla fame nel mondo. Ma questa sarebbe un’altra storia.
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