Pregliasco: "Li avevamo avvertiti, ma gli italiani hanno voluto credere che col Covid fosse finita"
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Pregliasco: "Li avevamo avvertiti, ma gli italiani hanno voluto credere che col Covid fosse finita"

Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano, in un'intervista a tutto tondo sulla situazione attuale

Fabrizio Pregliasco
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29 Ottobre 2020 - 17.35


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di Antonello Sette

Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano, in un’intervista a tutto tondo sulla situazione attuale per Spraynews.it: dalle scelte del Governo fino alle previsioni sul vaccino.
Professor Pregliasco, il Covid dilaga. Il Governo ha fatto le scelte giuste? 
Si è cercato di contemperare l’esigenza di contenere il virus e quella di preservare al contempo, e il più possibile, il lavoro e l’economia. Certo, non si è riusciti, ma non era un’impresa facile, a sgomberare il campo da alcune criticità che persistono, come il numero dei passeggeri sui mezzi di trasporto pubblici e quella, collegata, di un’organizzazione ancora carente del lavoro a distanza e dello smart working. Se la gente è costretta ad andare a lavorare in presenza, non può evitare di salire su un treno, su un autobus o sulla metropolitana. Il lavoro è un’attività essenziale e non si può, quindi, intervenire, come per quelle che definiamo superflue.
Che cosa ci dobbiamo aspettare nei prossimi giorni?
Da qui a una settimana un ulteriore aumento di contagi, ricoveri, terapie intensive e decessi. Poi, nell’arco della successiva settimana, la tendenza dovrebbe invertirsi e il quadro generale migliorare, in modo che si possa disegnare una tracciabilità attendibile e consentire una graduale ripresa delle attività sospese.
È sempre convinto che il sesso sia sconsigliabile anche alle coppie conviventi e stabili?
Era un consiglio, suggerito durante un dibattito televisivo, all’interno di un contenitore satirico. Confermo, però, che il rischio esiste e che sarebbe meglio astenersi il più possibile. D’altronde se sono pericolose le strette di mano, a maggior ragione lo sono, come è ovvio, i contatti intimi.
Degli ultrasettantenni che cosa ne facciamo? Li rinchiudiamo in casa?
La mortalità del Covid ha un’età elevata. E, a mano a mano che si va avanti con gli anni, il rischio esponenzialmente cresce. Non si può, certo, rinchiudere tutti gli anziani dentro un bolla, ma fare in modo che vengano a contato con quante meno persone possibili questo sì, si deve fare, anche con aiuti concreti per chi deve provvedere da solo a soddisfare le proprie esigenze primarie ed è, quindi, costretto a uscire di casa.
Il virus è lo stesso di marzo?
È mutato solo in quattro o cinque sfumature, ma è aggressivo, esattamente come lo era a marzo. L’unica sostanziale differenza è che è diventato più veloce e, quindi, più contagioso.
Il professor Alberto Zangrillo fino a due mesi fa sosteneva che il Covid fosse ‘clinicamente morto’. Il professor Giorgio Palù dice che gli asintomatici sfiorano il 95 percento e che non sono contagiosi. Voi, che siamo sull’orlo del baratro ed è giusto chiudere tutto. A chi dobbiamo dare retta?
Il dibattito scientifico è normale ed è giusto che ci sia. E le opinioni dei colleghi sono non solo rispettabili, ma anche in qualche misura compatibili. È vero che in estate si era ridotto il numero dei contagi fino a dare l’illusione che il virus fosse scomparso ed è altrettanto vero che gli asintomatici a bassissima carica virale siano poco contagiosi ed anche che il numero dei morti sia percentualmente contenuto. È, però, anche vero che il numero dei contagiati è in questo momento fuori controllo e che sia conseguentemente consistente, purtroppo, il numero assoluto dei decessi.
Dobbiamo resistere ancora un po’ nell’attesa del vaccino?
Il vaccino è la soluzione più efficace, ma ci vorrà almeno un anno.
Ma che dice? Un anno? Avevamo tutti capito, ascoltando in primis il Presidente del Consiglio, che a dicembre saremmo stati vaccinati. Ci siamo sbagliati di un anno? Il mese di dicembre in questione è quello del 2021?
Entro Natale dovrebbero essere disponibili al massimo un milione di dosi. E noi siamo sessanta milioni. E non è affatto detto che basti una dose sola e non ne servi, dopo sei mesi, una seconda di richiamo. Considerando tutto questo, è ragionevole pensare che per una copertura capillarmente efficace si debba aspettare la fine del 2021. Si comincerà, un milione di dosi sono meno del due più del fabbisogno, con le persone più esposte, a partire dal medici, dagli infermieri e dalla parte più anziana della popolazione. Fino a arrivare a un milione. Poi, si penserà agli altri 59 milioni.
Ci vorrà tutto il 2021 anche per una cura efficace?
Penso di sì. Le terapie monoclonali sono ancora in una fase iniziale. Ci vorrà del tempo, perché siano idonee a sconfiggere il virus. Per un anno, volenti o nolenti, dovremo convivere con il Covid, cercando di tenerlo a bada.
Il clima sta cambiando? Eravate gli eroi della nazione, rischiate la contestazione e la gogna?
Sì. Il clima è mutato. Pesano la stanchezza e la convinzione, diffusasi nella popolazione, che tutto fosse finito a giugno e che non ci sarebbe stata una seconda ondata. Gli italiani sono stati presi in contropiede dal nuovo attacco del Covid. Eppure, li avevamo avvertiti. La paura di perdere il lavoro, le difficoltà psicologiche, legate ai cambiamenti obbligati nelle abitudini e negli stili di vita provocano un fastidio crescente per quelle che sono sempre di più avvertite come imposizioni ingiuste. E, invece, non ci sono altri modi. Il virus non ci consente di rilassarci e, io credo per un altro anno almeno, di cantar vittoria.

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