C’è un rumore che viene evocato di sovente quando si tratta di indicare polemiche impossibili; quello delle unghie che tentano di evitare di precipitare aggrappandosi a un vetro. E’ l’effetto che produce la vasta letteratura dei “critici a prescindere” di Papa Francesco. La loro scelta è così pregiudiziale da cercare di contestarlo prima perché non fa e poi perché fa. L’effetto è quello stridente rumore di unghie sul vetro.
Un esempio assai istruttivo è quello cinese: il primo dicembre arriva in libreria un libro intervista di Francesco, “Ritorniamo a sognare”, del quale molto si annuncia. Tra l’altro una frase ha giustamente colpito: “penso spesso ai popoli perseguitati: gli yazidi, i rohingya, i poveri uiguri”.
Bergoglio era stato a lungo criticato da molti per il silenzio proprio sulla persecuzione di questa minoranza religiosa in Cina, gli uiguri e lo si era definito da più parti un silenzio complice per via della scelta, ritenuta evidente, di tenersi buona Pechino mentre si cerca di ottenere qualcosa per una normalizzazione della vita della Chiesa cattolica in Cina grazie a un complesso accordo raggiunto dopo decenni di trattative con Pechino sui criteri di nomina dei vescovi in Cina. Da queste fila molti hanno prospettato una probabile crisi diplomatica con i cinesi, visto che Pechino ha subito definito le parole del papa “prive d fondamento”. Peccato però che poche ore dopo sia arrivata l’ufficializzazione della terza nomina di un vescovo cinese approvato dalla Santa Sede. Non solo, da Roma si è fatto sapere che diverse altre nomine sono in arrivo.
I critici più critici di Papa Francesco si sono presto dimenticati degli uiguri, il cui destino era stato evocato anche dal loro idolo, il segretario di Stato statunitense uscente, Mike Pompeo, quando chiese al Papa di stracciare l’accordo provvisorio con Pechino pena perdere credibilità morale. Il senso del discorso di Pompeo, come lui spiegò in un lungo articolo apparso su una testa della destra cristiana anti-Bergoglio, di fatto era questo: la Cina è l’epicentro di tutte le violazioni della libertà religiose del mondo, per un accordo che non produce progressi il Papa deve addirittura tacere sulla persecuzione nota a tutti degli uiguri e di altri. Conclusione: o stracciate questo accordo e vi unite a noi alla guerra fredda contro Pechino o perdete autorità morale. E’ accaduto esattamente il contrario: il Papa ha parlato degli uiguri, l’accordo ha portato a una nuova nomina episcopale molto attesa e altre sono in arrivo. Pompeo stesso ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco e ringraziare Bergoglio.
Ma evidentemente il falco Pompeo è un moderato quando si viene ai critici pregiudiziali di Bergoglio. Un ottimo sunto del loro arrampicarsi sugli specchi lo offre il Giornale, con un articolo che spiega perché il Papa abbia sbagliato secondo i suoi critici: “parla dei musulmani, ma tace sui cristiani perseguitati”. Strano… La grande ira turca per l’incontro che ebbe luogo a San Pietro nell’anniversario del genocidio armeno evidentemente è svanita nella loro memoria. Come la richiesta di Bergoglio di andare a Mosul dopo che l’Isis espulse di lì la popolazione cristiana, una richiesta che fece il giro del mondo e che prima gli è stata impedita dalla politica e poi solo la pandemia poi ha bloccato visto che era stata quasi annunciata; ci mancava poco… e sfido chiunque a non ricordare l’insistenza del vescovo di Roma. E allora? Allora è interessante che dopo essere stato bersagliato per tacere sugli uiguri per ingraziarsi i “comunisti” cinesi, Bergoglio ora venga criticato per parlarne, tacendo però di quei cristiani perseguitati per i quali ha sfidato ogni sicurezza, non solo chiedendo di andare a Mosul, in Iraq, ma andando benché supplicato di non farlo a Banguì. Ma non basta.
Dobbiamo gratitudine a Il Giornale che in un lungo articolo tutto dedicato alle posizioni dei critici di Francesco fa emergere questa posizione davvero importante: “Padre Abbé Guy Pagès, sacerdote francese esperto d’islam, e oggi impegnato nel fronte dei cattolici che chiedono a gran voce la libertà di culto all’interno del quadro delle restrizioni imposte Oltralpe per via della diffusione del Sars-Cov2, ci ha aiutato a focalizzare l’annoso problema degli uiguri, spiegando: “Per lo più – ha dichiarato, tenendo conto del punto di vista del consacrato, che è ritenuto un conservatore – musulmani sunniti, gli uiguri sono un popolo di lingua turca di 25 milioni di persone, di cui la metà vive in Cina. Il loro progetto separatista è oggi sostenuto dal Partito islamico del Turkestan (PIT), classificato come ‘organizzazione terroristica’ dall’Onu nel 2003, che mira a creare uno Stato islamico, che non impedisce ai suoi jihadisti di combattere a migliaia in Siria, con l’aiuto di kamikaze e bambini soldato. La Cina li sta rieducando per prevenire i loro numerosi attacchi”. Dunque qui abbiamo una novità: il Pompeo che mise a soqquadro i rapporti tra Stati Uniti e Santa Sede chiedendo di stracciare l’accordo provvisorio con Pechino sembrerebbe in realtà un fautore dell’estremismo islamico, il Cina non si perseguita nessuno, piuttosto “la Cina li sta rieducando per prevenire i loro numerosi attacchi”. E’ quello che costoro sostengono sul caso Egitto, dove al Sisi non starebbe perseguitando il suo popolo, lo starebbe solo rieducando. Ma arrivare a vedere in Pompeo un amico dell’islamizzazione del mondo mancava alla nostra conoscenza delle tesi presenti nel mondo e colmare questo vuoto è un regalo di cui dare atto.
C’è solo una domanda che rimane non chiara: come mai questo articolo sulle unghie che scivolano sui vetri della realtà si intitola “Il papa va in difesa dell’Islam. Ma cala il silenzio sui cristiani”?