L’Italia è una giungla di violenza omofoba, ma a dare scandalo è un Gesù arcobaleno
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L’Italia è una giungla di violenza omofoba, ma a dare scandalo è un Gesù arcobaleno

Un ragazzo 18enne suicida, un 12enne picchiato mentre si recava al Pride, tre aggressioni a Milano nello stesso giorno. Ma a fare scandalo è un Gesù arcobaleno alla parata di Roma

Il Pride romano
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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

28 Giugno 2021 - 17.55


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Cercate di immaginare questa scena:

Una famiglia riunita intorno a un tavolo per il pranzo. Il telegiornale apre con notizie inerenti al DDL Zan e all’ondata di violenza che sta attraversando l’Italia e che si è concretizzata, nel giorno del Pride di Roma e Milano, in due aggressioni (certificate, nella realtà sono state molte di più) e un suicidio, di un ragazzo di soli 18 anni.

Immaginate di essere madri o padri di un figlio o una figlia Lgbtqi+. Un padre e una madre civili e decenti, non le bestie che minacciano di morte i loro figli. Ecco, da genitori, come potete non temere per la vita e l’incolumità dei vostri figli?

La violenza cui stiamo assistendo, un culmine raramente toccato negli ultimi anni, ha dei mandanti. I nomi e i cognomi sono quelli, li conosciamo tutti. Affollano ogni angolo dei palinsesti televisivi blaterando di Dio, Patria e Famiglia, lamentando di inesistenti dittature gender e del fatto che non si possa più dire nulla. Addirittura il signor Mario Adinolfi arriva a ‘invidiare’ i musulmani per essere riusciti a ‘instillare la paura’ in quei cialtroni. I cialtroni, ovviamente, saremmo noi. È questo che ci si è arrivati ad auspicare, questo è l’obiettivo dichiarato: farci avere paura.
E la paura c’è. C’è nei messaggi che la comunità si scambia sui vari social, in cui si confida di non sentirsi sicuri ad andare ai Pride, magari sfoggiando outfit che potrebbero attirare attenzioni, pugni, violenza. Michele Albiani, il responsabile diritti per il Pd di Milano, sulla sua pagina Instagram sta raccogliendo testimonianze di aggressioni avvenute nel giorno del Pride e non assurte all’onore delle cronache. Persone che hanno dovuto rimuovere i simboli arcobaleno per non avere problemi, insulti detti in piena faccia, spintoni, violenze.

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La paura c’è, lo sconforto pure, la rabbia sta esondando. Perché è chiaro che di fronte a uno Stato che non ha il minimo interesse a proteggerci, cominci a domandarti cosa puoi fare per proteggerti da solo. Nelle chat sempre più spesso si parla di corsi di autodifesa, di spray al peperoncino. Con il rischio, per come funziona questo assurdo paese, di finire noi dalla parte del torto. Noi, che non ci sentiamo più sicuri di camminare per le strade di Milano o di Roma, capitali e metropoli europee. Noi, cui ci è stato detto che agli insulti dobbiamo rispondere con un sorriso.

Nel giorno in cui un 18enne si è tolto la vita per gli insulti omofobi ricevuti, in cui un dodicenne è stato malmenato da un gruppo di ventenni mentre si recava al Pride, in cui la polizia in assetto antisommossa ha caricato un gruppo di ragazzi neri a Milano per ovvie motivazioni razziali (con tanto di manganellata in testa a una ragazza 18enne), siamo costretti a vedere da un lato la nazionale che rifiuta di inginocchiarsi contro il razzismo (salvo poi farlo per ‘solidarietà con gli avversari’. Chi li capisce è bravo, ma bravo davvero), dall’altro il morigerato mondo cattolico e politico scandalizzati da un Gesù avvolto nei colori arcobaleno e in tacchi a spillo che apriva la parata del Pride di Roma. Salvini addirittura l’ha definito una ‘schifezza’. Ma come, Matteo? Non potresti farti una risata, come dicono i tuoi amici Pio e Amedeo? A noi potete chiamarci ‘froci’ ma guai a toccare Gesù?

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La stampa non aiuta: il Corriere della Sera, in un articolo intriso di pietismo sulla morte di Orlando Merenda, scriveva che la Procura di Torino sta indagando per ‘reato di omofobia’. Un avviso ai colleghi giornalisti: il reato di omofobia in Italia non esiste. Secondo voi di cosa stiamo discutendo in Parlamento con il DDL Zan? Vi sfiora mai il dubbio che questa vostra informazione frammentaria, sbagliata, scorretta, umiliante, vi rende complici dei nostri carnefici? Che se poi qualcuno si convince che in Italia le tutele nei nostri confronti esistono già non possiamo nemmeno dargli torto, visto cosa scrivete? Lo sapete di avere una responsabilità, che se non capite il peso delle parole allora forse dovreste cambiare mestiere? Sapete che ‘la trans’ non dovete scriverlo, quando parlate dell’omicidio avvenuto a Roma una settimana fa perché ‘trans’ è un aggettivo, non un sostantivo? Che non si dice ‘Gay Pride’ ma solo Pride? Vi interessa, per un secondo, ciò di cui state scrivendo?

Ovvio che no. E come potrebbero? Mentre veniamo letteralmente massacrati per strada, l’attenzione mediatica è concentrata sulla nazionale di calcio, sul ‘in ginocchio sì, in ginocchio no’. L’ennesimo modo che ha questo paese di prendere le occasioni per crescere collettivamente, culturalmente e socialmente e ridurle in poltiglie informi, condannandoci ad essere il fanalino di coda d’Europa. L’unico paese al mondo in cui è considerata normale un’intromissione plateale di uno stato straniero come il Vaticano negli affari interni del Parlamento.

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E torniamo quindi a quella famiglia, riunita intorno a un tavolo. A quei consigli a ‘non dare troppo nell’occhio’, a ‘non provocare’, a ‘evitare certe situazioni’. Parole che vengono da parenti o amici che ci vogliono bene, che ci hanno sempre sostenuto e che ora hanno, giustamente paura. La paura che porta a reprimere, a nascondere, a scoraggiare.

Ciò che serve adesso è coraggio. Coraggio che molti di noi hanno avuto per tutta la vita, facendo coming out in famiglie bigotte e omofobe, vivendo la loro identità senza mai scendere a compromessi perché è inammissibile negare chi siamo per far stare tranquilla la società eteropatriarcale. È inammissibile che venga considerato normale questo soffocamento delle minoranze per amore dello status quo. Ed è inammissibile che questo terrorismo istituzionale venga perpetrato senza conseguenze dai soliti, di cui sappiamo nomi e cognomi, che siedono in quel Parlamento dove ogni giorno che passa senza l’approvazione del DDL Zan è uno sputo in faccia a chi di noi ci rimette la salute, la serenità e, nei casi più tragici, persino la vita.

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